Il finto Foia tradisce la Riforma PA: ecco perché non arrenderci
Nonostante
il percorso partecipato che aveva portato associazioni e parlamentari
ad un confronto sul merito fino all’introduzione del Foia nella legge
delega di riforma della PA, nonostante la richiesta espressa da diverse
associazioni, il processo di elaborazione è stato del tutto chiuso alla
partecipazione
16 Febbraio 2016
Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione
Dopo tre settimane di attesa, sul sito web del Governo è stato finalmente pubblicato il Decreto Trasparenza approvato in Consiglio dei Ministri il 20 Gennaio scorso, che definisce le norme per l’introduzione dei principi del libero accesso alle informazioni conosciute internazionalmente come “ Freedom of Information Acts” (FOIA).
Trasparenza obbligatoria
Come sottolineato da più parti, l’aver messo il Foia nell’agenda del governo e tra i punti fondamentali della riforma della PA (la slide sul Foia aveva il titolo “trasparenza obbligatoria”) è stato di fondamentale importanza, ed è stata giustificata l’enfasi che dava a questo passaggio il ministro Madia “In questo modo portiamo l’Italia ad avere tra le legislazioni più innovative in tema di trasparenza ”.
La trasparenza è una delle principali leve per costruire e accrescere il rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Ma non solo: è anche uno dei principali elementi per far sì che le organizzazioni pubbliche siano allo stesso tempo solide e flessibili.
Infatti, rendere accessibili sui siti web le informazioni che riguardano gli atti delle amministrazioni induce ad un processo virtuoso che tende a prevenire la produzione e la pubblicazione di informazioni inaccurate, ambigue, scorrette e quindi a monitorare e a migliorare con continuità i processi operativi e decisionali.
Da un lato il valore enorme della fiducia, del riconoscimento di autorevolezza, i benefici della ricchezza di feedback per il miglioramento, dall’altro i rischi dell’esposizione senza veli delle proprie azioni. Innovazione vs conservazione. Per questo, la trasparenza diventa l’evidenza principale della reale volontà di innovare, ancor di più quando il diritto di accesso alle informazioni pubbliche si estende a tutti.
Le condizioni per l’innovazione
Ma le innovazioni si misurano sul processo che le realizzano e sui risultati, sui cambiamenti che producono. E poiché si tratta di una norma ancora da applicare, possiamo soltanto rilevare se le condizioni per l’applicazione ci sono.
Il processo seguito è sembrato improntato a una logica del tutto opposta a quella che si vuole realizzare. Nonostante il percorso partecipato che aveva portato associazioni e parlamentari ad un confronto sul merito fino all’introduzione del Foia nella legge delega di riforma della PA, nonostante si stesse trattando di temi socialmente rilevanti, e la richiesta espressa da diverse associazioni, il processo di elaborazione è stato del tutto chiuso alla partecipazione. Nessuna apertura e nessuna trasparenza.
Se poi analizziamo la possibilità concreta di attuazione dei principi che si vogliono introdurre, rileviamo come le norme siano congegnate in modo che il Foia non sarà mai applicato a meno che la specifica amministrazione non lo voglia espressamente. Chi richiede l’accesso, da questo punto di vista, non ha nessuna probabilità di ottenerlo, se l’amministrazione non sceglie di concederlo. Non diritto ma concessione.
Non è un’estremizzazione, ma la combinazione di alcuni elementi che la coalizione Foia4Italy ha così riassunto:
- le pubbliche amministrazioni possono continuare ad applicare il silenzio-diniego senza bisogno di motivazioni, rendendo molto arduo il percorso di richiesta;
- non sono previste adeguate sanzioni in caso di accesso illegittimamente negato o di mancata risposta;
- le eccezioni all’accesso sono scritte in modo vago, lasciando troppo spazio all’interpretazione e quindi a possibili controversie;
- non è previsto che l’accesso ai documenti informatici sia sempre gratuito e non sono indicati precisamente i costi che potranno essere richiesti al richiedente (es. per riproduzione e spedizione);
- non è previsto alcun rimedio stragiudiziale e si rimanda a rimedi giudiziari, ovvero il ricorso ai Tar, spesso lenti e sempre onerosi;
- non è abrogata la norma che vieta il controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione , in contrasto con la missione del testo di favorire il controllo diffuso da parte dei cittadini (cfr. Art.6 comma 2.3).
Il tradimento della riforma
L’aver messo in campo una tale combinazione di elementi lascia pensare a qualcosa più che un eccesso di prudenza del legislatore per il timore degli eccessivi costi che questa norma poteva portare alle amministrazioni (timore non motivato e non basato su misure ed altre esperienze). La percezione è che si voglia in realtà affermare il principio per cui l’amministrazione non deve motivare le proprie decisioni, se non su richiesta espressa e a costo di lunghi procedimenti giudiziari. Non sappiamo se queste siano state le intenzioni. Certamente questo è il risultato, ed è un risultato che allontana la pubblica amministrazione anche dai principi dell’Open Government. Ma non solo: allontana prima di tutto la Pa dal disegno ambizioso che sembrava essere prefigurato dalla legge delega.
Questa formulazione del Foia (che auspico sia modificata profondamente prima dell’approvazione finale) non tradisce soltanto le aspettative della società italiana: prima di tutto tradisce gli indirizzi del governo.