Interoperabilità sistemi IT pubblici: vantaggi, esempi e soluzioni per la PA

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La pubblica amministrazione italiana si trova di fronte a una sfida cruciale: superare la frammentazione dei propri sistemi informatici e volgere verso l’interoperabilità dei sistemi informativi. Il processo di digitalizzazione è avviato, ma ora è necessario integrare le diverse piattaforme e banche dati, spesso sviluppate in modo isolato, per creare un ecosistema digitale efficiente e interconnesso. In pratica, si tratta di rendere i sistemi informatici capaci di “parlare” tra loro, scambiando dati e informazioni in modo fluido e sicuro. Un’azione fondamentale per semplificare i processi, ridurre la burocrazia e migliorare i servizi per cittadini e imprese. Tra le aziende italiane che supportano la PA nel percorso di innovazione, c’è Interzen Consulting che ha sviluppato ZenShare UP, soluzione conforme alle linee guida dell’AgID e al Piano Triennale dell’Informatica

17 Marzo 2025

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Manlio Serreti

Giornalista

Foto di Luis Benito su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/un-gruppo-di-persone-in-piedi-allinterno-di-un-edificio-PO4ATjlp-fg

L’interoperabilità è fondamentale per la trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Si tratta di abilitare i sistemi informatici pubblici allo scambio di dati e informazioni, in modo efficace e sicuro, sia all’interno di un singolo ente che tra enti diversi. Questa capacità è essenziale per migliorare l’efficienza dei processi, ridurre la burocrazia e ottimizzare l’utilizzo delle risorse, con vantaggi concreti sia per la pubblica amministrazione che per i cittadini.

Interoperabilità dei sistemi IT pubblici, vantaggi per le PA e i cittadini

Primariamente interoperabilità vuol dire scambio, dialogo, comunicazione tra entità distinte. La sua importanza nel compimento della modernizzazione delle pubbliche amministrazioni è ben comprensibile dall’enunciato dell’ultimo aggiornamento al Piano Triennale dell’Informatica dell’AgID 2024-2026: “Per arrivare all’integrazione effettiva dei processi e al ridisegno dei servizi pubblici delineato dalle norme vigenti, è necessario prevedere percorsi e strumenti che portino ogni pubblica amministrazione ad essere in grado di erogare ed utilizzare gli e-service all’interno di domini di interoperabilità e di permettere scambi di dati e informazioni attraverso interfacce API con le altre pubbliche amministrazioni e con gli attori privati interessati”. Al fine di ottenere questi risultati il Dipartimento per la Trasformazione Digitale ha messo a disposizione di tutte le PA la Piattaforma Digitale Nazionale Dati, che abilita l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici. Il funzionamento della PDND è garantito dalle linee guida e del Modello di Interoperabilità, definiti in collaborazione con la stessa Agenzia per l’Italia digitale (AgID). Tra i maggiori vantaggi per le PA dell’attuazione di questo percorso, lo scambio di informazioni e di servizi tra enti permette di realizzare in modo più efficiente e veloce procedimenti complessi, migliorando costi e tempi di gestione e riducendo i margini di errore. Un risultato reso possibile grazie all’interrogazione, attraverso la piattaforma PDND, dei data base degli altri enti con qualità e in modo automatizzato, senza interventi manuali da parte di operatori, razionalizzando così non solo i processi e la sicurezza, ma anche la spesa. Grazie anche all’intervento dell’IA, le amministrazioni riescono a migliorare quindi il processo decisionale, progettare interventi in modo più efficace, definire e monitorare politiche più efficienti e proattive. Le ricadute positive non mancano anche a vantaggio di cittadini e imprese, che possono accedere a servizi sempre più semplici e personalizzati, basati su informazioni costantemente aggiornate. L’interoperabilità tra le amministrazioni eviterà, ad esempio, di dover fornire più volte le stesse informazioni ad enti diversi, riducendo la necessità di autocertificazioni e interazioni superflue, secondo il principio once-only.

Cosa realizza l’interoperabilità tra i sistemi IT pubblici

Tra i primi esempi di interoperabilità dei sistemi IT pubblici, tutti frutto dalla collaborazione tra Governo, Amministrazioni centrali, Regioni ed enti locali, si possono citare alcuni interventi in corso di realizzazione grazie ai fondi del PNRR: dal Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 al sistema degli Sportelli Unici; dall’implementazione nazionale dello Sportello Digitale Unico europeo, all’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement), fino all’Hub del Turismo Digitale. Nel concreto, un esempio di come viene utilizzata dalle amministrazioni l’interoperabilità, è l’integrazione delle App IO e PagoPA nella riscossione della tariffa dei rifiuti dell’Ama, la municipalizzata di Roma Capitale. L’utilizzo delle applicazioni nate nel periodo dell’emergenza Covid si sta rivelando estremamente efficace, permettendo di incrociare i dati, migliorando in maniera esponenziale per precisione e tempistiche il sistema delle notifiche agli utenti. L’elemento chiave in questo senso è il salto dalla condivisione solo dei dati alla condivisione dei servizi. La traccia del Piano Triennale dell’informatica ha indirizzato infatti l’evoluzione del Modello di interoperabilità, raccomandando fortemente il passaggio ad un Cloud di tipo Native basato sui microservizi. Per esprimere appieno le proprie potenzialità, l’interoperabilità deve inoltre mirare a coinvolgere tutti i livelli nel definire e inseguire uno stesso comune obiettivo. I vantaggi dell’utilizzo di un simile approccio sono presto detti: flessibilità e scalabilità; agilità nello sviluppo; integrazione semplificata; resilienza e affidabilità. Vantaggio che si esprimono anche in un consistente risparmio di risorse: secondo stime della Commissione Europea, l’adozione di sistemi che favoriscano gli scambi automatici fra le banche dati delle pubbliche amministrazioni, porterebbe a risparmi compresi tra 5 e 6 milioni di euro per i cittadini e di oltre 19 miliardi per le imprese. Una transizione di questo tipo, per portata e diffusione, comporta per gli enti stessi l’onere di ulteriore cambio di marcia e di mentalità, a cominciare dalla formazione continua, dal coinvolgimento attivo degli stakeholder, con un monitoraggio costante dell’impatto del cambiamento e naturalmente anche una comunicazione efficace ai cittadini.

API, IA, big data: i pilastri dell’interoperabilità

La capacità attuali del sistema IT sono lo stato dell’arte di un progressivo lavoro di implementazione che è andato consolidandosi negli ultimi anni. Dal 2017, il Team per la Trasformazione Digitale prima e il Dipartimento poi, si sono impegnati nello sviluppo di protocolli informatici al fine di gestire la comunicazione tra sistemi, che permettano alle pubbliche amministrazioni di comunicare correttamente tra loro in Italia e in Europa. Oggi tutte le amministrazioni devono aderire agli standard tecnologici, utilizzando i pattern e i profili del nuovo Modello di interoperabilità, basati sull’utilizzo di Application Programming Interface (API) conformi agli standard consolidati anche in ambito EU. Le stesse “Linee guida Tecnologie e standard per la sicurezza dell’interoperabilità tramite API dei sistemi informatici” le esplicitano come soluzioni tecniche idonee a garantire l’autenticazione dei soggetti coinvolti e la protezione, l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati nelle interazioni tra sistemi informatici della pubblica amministrazione e di questi con quelli privati. Vero fulcro operativo della interoperabilità, dunque, le API sono in concreto strumenti e regole che permettono a diverse applicazioni e software di interagire tra loro e scambiarsi informazioni. In altri termini, un’API è come un “contratto” che descrive le modalità con cui un’applicazione può interrogare ed utilizzare i dati di un’altra, senza bisogno di conoscerne i dettagli interni e senza modificarne il codice base. Per svolgere questo ruolo nella maniera più efficiente possibile entra in gioco il ruolo dell’Intelligenza Artificiale. Quest’ultima, infatti, imitando i processi di apprendimento umano, analizza questi big data riconoscendo dei pattern (machine learning), aiutando ad automatizzare i processi (robot process automation) e fornendo supporto e info di ritorno agli stakeholders (es. chatbot). Condizione necessaria per questo dialogo, è la sempre maggiore produzione disponibilità di big data, che vanno a stratificarsi senza soluzione di continuità, secondo il “principio delle 3V” elaborato a inizio degli anni 2000 dall’analista Doug Laney: Volume, Variabilità, Velocità. A queste sono state aggiunte negli anni a seguire altre due variabili più qualitative e forse più critiche: Valore e Veridicità, variabili che tirano di nuovo in ballo il ruolo dello Stato come garante di terzietà e dell’interesse collettivo. Un tema divenuto negli ultimi anni particolarmente caldo con l’avvento massivo dell’IA e la richiesta della maggioranza degli stakeholders coinvolti che le banche dati rimangano in capo alle organizzazioni statali. Sono queste che, direttamente o indirettamente attraverso operatori specializzati e certificati, devono garantire ai vari player l’autenticità e inviolabilità dei dati, gli strumenti informatici di accesso, secondo fini e obiettivi comuni.

ZenShare UP di Interzen, la piattaforma IT al servizio delle PA italiane

Tra questi operatori del settore che stanno consolidando la propria importante quota di mercato, c’è Interzen Consulting, società con sede a Pescara e nata nel 1996. Interzen fornisce supporto su diversi piani funzionali: a livello di Strategia, affiancando il Responsabile della Transizione Digitale (RTD) nella mappatura ed automazione dei processi dell’ente, e a livello tecnologico, favorendo il passaggio al cloud da soluzioni on-premise a cloud di tipo native su architettura a microservizi. Tanti gli strumenti messi a disposizione: dal protocollo informatico alla gestione documentale, dalla conservazione digitale a norma di legge alla governance, fino al Workflow/Business Process Management per l’automazione dei processi/procedimenti amministrativi dell’ente. E ancora la sicurezza informatica attraverso l’integrazione con un SIEM; il case management per la gestione automatizzata delle pratiche; infine, l’importante integrazione con l’IA per rendere i processi più efficienti e veloci. La piattaforma ZenShare UP di Interzen è una soluzione tecnologica evoluta in grado di accompagnare una PA alla realizzazione in questo cruciale passaggio tecnologico. Protagonisti dell’architettura, come detto, sono i microservizi e una serie di API per le diverse aree dell’applicativo (documenti, protocollazioni, processi), che consentono lo scambio di dati, rispettando standard e direttive, europee e nazionali, come le nuove Linee Guida dell’AgID, il Piano Triennale per l’Informatica nella PA dell’AgID, oltre che il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e il Testo Unico sulla Documentazione Amministrativa (TUDA). Tra i punti di forza c’è l’integrazione tra diverse soluzioni e piattaforme tecnologiche. ZenShare UP, ad esempio, è già integrata con l’Indice IPA del portale AgID, garantendo l’acquisizione automatizzata sul sistema delle informazioni che gli enti hanno inserito nell’Indice dei Domicili Digitali della Pubblica Amministrazione. Particolarmente importanti sono infine i massimi livelli di sicurezza garantiti dalla piattaforma, implementando procedure di backup e recovery, accreditamenti e certificazioni. ZenShare UP è qualificata ACN e certificata ISO 9001, ISO 27001, ISO 27017, ISO 27018, garantendo i massimi standard internazionali in termini sia di protezione dei dati sensibili che di conformità alle normative europee in materia di privacy.

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