Servizi pubblici digitali: come va l’Italia? Ecco cosa ci dice il DESI 2019

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Bene per Open Data e Sanità digitale, in linea con la media europea per disponibilità di servizi online, male invece per utenti di servizi eGovernment (siamo ultimi in Europa): questi i principali risultati del DESI 2019 in tema di servizi pubblici digitali

13 Giugno 2019

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Andrea Baldassarre

Responsabile Area Content Development FPA

Photo by Sergey Zolkin on Unsplash - https://unsplash.com/photos/_UeY8aTI6d0

L’annuale pubblicazione dei dati del DESI, l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società della Commissione europea, restituisce periodicamente la fotografia di un Paese caratterizzato dall’enorme gap tra disponibilità di servizi online offerti dalla PA italiana e loro effettivo utilizzo da parte di cittadini e imprese.

Anche l’edizione 2019 conferma questa tendenza ormai consolidata, evidenziando però alcuni importanti progressi nella dimensione Servizi pubblici digitali.

I dati, tra luci e ombre

L’Italia prosegue infatti nella sua lenta risalita in questa specifica dimensione, posizionandosi al 18° posto tra gli Stati membri (era 19° nella precedente edizione, 20° in quella 2017), ottenendo un punteggio di 58,7 punti (+8,8 rispetto al 2018) contro una media europea di 62,9.

I risultati migliori sono quelli registrati sul fronte degli Open Data, con l’Italia che sale dall’8° al 4° posto, e dei Servizi di sanità digitale, indicatore introdotto per la prima volta nell’edizione 2018 del rapporto DESI e rimasto invariato nell’edizione 2019, con il nostro Paese in 8° posizione, con il 24% di cittadini che hanno usufruito di servizi di sanità e assistenza erogati online, a fronte di una media europea del 18%.

Al tema della sanità si collegano anche due nuovi indicatori, relativi allo Scambio di dati medici (Italia 13° con il 30% dei medici di base che scambia dati digitalmente, contro una media UE del 43%) e alle Ricette digitali (20° posto, con il 32% dei medici di base che usa le ricette digitali, contro una media UE del 50%).

L’Italia conferma i risultati discreti sul fronte dell’offerta di servizi pubblici digitali, migliorando le prestazioni fatte registrare nell’anno precedente, tendenzialmente in linea con la media UE. I progressi più evidenti si registrano alla voce Moduli precompilati, con l’Italia che sale dal 21° al 19° posto, ma con un incremento di ben 15 punti rispetto alla precedente rilevazione (48/100, media UE 58/100).

Risultati incoraggianti anche sul fronte del Livello di completezza dei servizi online,dove l’Italia passa dal 14° al12° posto con un punteggio di 91/100, superiore alla media UE (87/100), nonché su quello dei Servizi digitali pubblici per le aziende, dove sale dal 19° al 17° posto con un punteggio di 85/100, perfettamente in linea con la media europea.

Permangono invece le grandi difficolta sul fronte dell’interazione digitale tra enti pubblici ed utenza (indicatore Utenti eGovernment): infatti, solo il 37 % degli utenti di Internet italiani che hanno bisogno di inviare moduli a una PA sceglie i canali online (secondo peggior risultato nel panorama comunitario), contro una media europea del 68%.

Un’Italia a due velocità

La relazione nazionale sul nostro Paese, che accompagna l’edizione 2019 del DESI, riconosce il grande lavoro svolto da AgID e Team digitale, delineando tuttavia un’Italia a due velocità, soprattutto per quanto riguarda le amministrazioni locali. Ai buoni risultati ottenuti dagli enti già in fase di rapida digitalizzazione si contrappone infatti la difficoltà dei due soggetti di governance nel coordinare i processi di innovazione nelle amministrazioni locali “meno collaborative”.

Già nel nostro commento al 2018 avevamo evidenziato come molte delle azioni messe in campo negli ultimi anni da AgID e Team digitale promettessero di produrre effetti importanti sul livello di digitalizzazione delle PA italiane, a patto che le singole amministrazioni fossero poi in grado di utilizzare al meglio alcune delle componenti del c.d. Sistema Operativo del Paese (piattaforme abilitanti, nuovo modello di interoperabilità, Designers Italia, ecc.) per sviluppare servizi sempre più semplici ed efficaci.

A marzo del 2019 la nostra Ricerca sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo, pur nel quadro del tradizionale divario Nord-Sud e del ritardo generalizzato degli enti di minori dimensioni, aveva poi evidenziato i risultati eccellenti fatti registrare da alcune città del mezzogiorno e da realtà medio-piccole.

Risultati che in fase di interpretazione abbiamo ricondotto principalmente alla capacità degli amministratori di quelle realtà di valorizzare al meglio le competenze dei propri dipendenti e di stimolare la costituzione di comunità locali di innovatori in grado di innestare una dinamica virtuosa tra centro e territori. Ennesima testimonianza dell’assunto per cui “l’innovazione parte dalle persone”.

L’importanza delle piattaforme abilitanti

La relazione insiste sulla centralità delle infrastrutture immateriali, evidenziando però i risultati in chiaro-scuro nell’adesione ad alcune piattaforme abilitanti, nello specifico SPID e ANPR. Tuttavia, questi due grandi progetti-Paese meritano di essere analizzati secondo prospettive differenti.

SPID ha registrato una crescita notevole nell’ultimo anno e mezzo: al momento della realizzazione del report le identità digitali rilasciate erano 3.4 milioni, oggi si attestano ad oltre 4.2 milioni.

Siamo ancora però lontanissimi dai livelli attesi (10 milioni di utenti previsti entro la fine del 2017[1]). Inoltre, le 4.000 amministrazioni considerate “attive” sono quelle che hanno semplicemente sottoscritto una convenzione con AgID per le attività su SPID, ma poco o nulla si sa riguardo ai servizi online esposti ed effettivamente disponibili previa autenticazione tramite identità digitale[2].

Elementi che giustificano la preoccupazione espressa nella relazione e che richiedono un deciso cambio di passo sia sul fronte della domanda (cittadini che dispongono di un’identità digitale) che su quello dell’offerta (servizi pubblici accessibili tramite SPID).

Un discorso diverso merita invece ANPR. Al momento della realizzazione del report, i Comuni che avevano completato il subentro erano “solo” il 21% del totale. Ma il 2019 promette davvero di essere l’anno della svolta, come confermato dai dati del monitoraggio svolto da AgID e Team Digitale.

Nei primi mesi di quest’anno si è infatti registrata un’accelerazione nell’adesione all’anagrafe unica, con il numero di Comuni subentrati cresciuta dai 1585 del 1° gennaio, per un totale di 18 milioni di cittadini censiti, agli attuali 2.200, con una popolazione subentrata pari a 23 milioni di cittadini. Non solo: secondo le proiezioni del Team digitale, presentate in occasione di FORUM PA 2019, entro la fine dell’anno saranno oltre 4.000 i Comuni subentrati, per un totale di oltre 44 milioni di cittadini censiti. Numeri che fanno di ANPR un progetto ormai maturo, in crescita costante, e che negli ultimi mesi ha goduto di notevoli evoluzioni negli strumenti supporto di Comuni e software house.

FORUM PA 2019, 15 maggio

Atti del convegno: Servizi pubblici digitali: il cittadino è finalmente al centro?

19 Dicembre 2024

Il nodo della governance dell’innovazione

L’ultimo punto di attenzione sollevato dalla relazione si focalizza sulla govenance del digitale e sugli effetti prodotti dal c.d. Decreto Semplificazioni. Questo prevede infatti che, a partire dal 1° gennaio 2020, poteri e funzioni dell’Agenda Digitale siano attribuiti direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri o a un ministro da questi delegato, “che li esercita per il tramite delle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri dallo stesso individuate, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze per le materie di sua competenza”.

Alle preoccupazioni legate al periodo di transizione dal Team per la Trasformazione Digitale alla nuova struttura, che potrebbero rallentare i processi faticosamente avviati, si accompagna un giudizio positivo sulla volontà del governo di assumere i poteri attualmente attribuiti al Commissario straordinario. Segno di come la digitalizzazione della PA e del Paese debba costituire una priorità nell’agenda di tutte le forze politiche, non solo dell’attuale esecutivo, come evidenziato dallo stesso Presidente Conte nel suo intervento in occasione della giornata conclusiva di FORUM PA 2019.

D’altronde, la scelta operata dall’Italia è in linea con quelle già adottate in altri Paesi europei, non da ultima la Germania, che nel 2018 ha istituito un ministero ad hoc (Bundesministerin für Digitalisierung), responsabile per l’attuazione dell’Agenda digitale e per lo sviluppo delle reti broadband. Un segno della consapevolezza che la trasformazione digitale non può più essere considerato come un semplice fattore tecnologico, ma come uno dei principali driver di crescita economica e sviluppo sostenibile dei Paesi membri. Una consapevolezza che ora anche l’Italia sembra aver raggiunto.


[1] Primo Rapporto di monitoraggio sull’Agenda per la semplificazione, aprile 2015.

[2] La Ricerca sulla maturità digitale dei Comuni capoluogo ha in questo senso provato a dare una parziale risposta, mappando la disponibilità di 4 grandi categorie di servizi erogate dai Comuni (SUAP, edilizia privata, tributi, anagrafici).

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