Una PA competente per offrire servizi di qualità: ripartiamo da assunzioni e formazione
La presentazione della Relazione 2020 del CNEL sulla qualità dei servizi pubblici è stata l’occasione per riflettere sul ruolo che una PA competente avrà nel rispondere alle sfide della ripartenza. Il tema della valorizzazione delle persone che lavorano nelle amministrazioni è sempre più centrale e coinvolge aspetti quali formazione e aggiornamento dei dipendenti, ma anche il tema delle nuove assunzioni. Sono naturalmente temi che approfondiremo nel nostro FORUM PA di giugno e sui quali continueremo nel frattempo a riflettere e confrontarci
1 Aprile 2021
Michela Stentella
Content Manager FPA
- 1 Ascolta l'articolo in podcast
- 2 La Relazione del CNEL sui servizi pubblici
- 3 Servizi pubblici: come hanno risposto all’emergenza?
- 4 Digitalizzazione e competenze: nodi ancora da sciogliere
- 5 Semplificazione, reclutamento e formazione per la PA del futuro
- 6 Reclutamento: arriva lo sblocco dei concorsi pubblici
- 7 Formazione: partiamo dalla conoscenza, cosa serve oggi alla PA?
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Il ruolo delle persone per costruire una PA che sappia diventare protagonista della ripartenza del paese, di sostenerla come necessariamente le viene richiesto, è stato nei giorni scorsi ribadito con forza in due diverse occasioni: la presentazione della “Relazione 2020 del CNEL al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Amministrazioni pubbliche centrali e locali alle imprese e i cittadini” e il decreto legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri, che stabilisce lo sblocco dei concorsi pubblici già banditi o da bandire durante l’emergenza, con garanzia di svolgimento in piena sicurezza, oltre a nuove modalità semplificate per quelli a regime. La formazione e le competenze (per garantire un servizio pubblico che sia efficiente, digitalizzato e trasparente) e il reclutamento sono infatti i due filoni che, insieme, dovrebbero incidere sulla valorizzazione del pubblico impiego e, quindi, andare in prima battuta a rafforzare le amministrazioni in vista dell’attuazione dei progetti del PNRR.
La Relazione del CNEL sui servizi pubblici
Cosa ci dice in estrema sintesi il rapporto del CNEL, presentato martedì scorso? Prima di tutto che l’ultimo anno ci ha mostrato una PA in grado di reagire, adattandosi alla mutata realtà imposta dalla pandemia (attraverso la maggiore digitalizzazione dei servizi e l’adozione dello smart working ad esempio), ma allo stesso tempo ha accentuato criticità storiche, ha messo a nudo le fragilità del sistema e ha acceso i riflettori sulle disparità e le disuguaglianze esistenti nella disponibilità e nel livello dei servizi pubblici offerti a cittadini e imprese nelle diverse aree del Paese. Insomma, se da un lato il Paese è riuscito a non fermarsi proprio grazie all’impegno delle amministrazioni pubbliche e del personale che vi lavora a tutti i livelli – a cominciare da quello sanitario, della scuola e degli enti locali – dall’altro lato la pandemia ha avuto un effetto dirompente sui servizi pubblici, inserendosi in un contesto già segnato da un ventennio di mancati investimenti (anche in termini di infrastrutture e digitalizzazione) e dalla mancanza di una visione a lungo termine, come sottolineato nel Rapporto e rilanciato dal presidente del CNEL Tiziano Treu. Una lacuna importante, se è vero che l’aumento della povertà e il peggioramento delle condizioni di vita degli italiani, ma anche la bassa crescita dell’economia, sono connesse proprio ai livelli e alla qualità dei servizi pubblici. Ecco qualche dato, rimandando per approfondimenti al Rapporto disponibile online.
Servizi pubblici: come hanno risposto all’emergenza?
Notevoli continuano ad essere le differenze tra territori e categorie sociali in termini di offerta sanitaria e di sua qualità, nonché quelle relative al rispetto del diritto universale di accesso alle cure. La pressione sulle strutture sanitarie prodotta dall’emergenza Covid ha evidenziato il cronico sottodimensionamento degli organici di cui soffre il Servizio sanitario da almeno 12 anni e l’impatto del definanziamento che la sanità pubblica italiana ha subito nel corso degli ultimi anni, e che ha riguardato in particolare il personale e gli investimenti per l’ammodernamento delle strutture e delle tecnologie. Anche sul fronte dei servizi sociali è emersa l’accentuata differenziazione territoriale mentre appare evidente che per seguire i criteri di sostenibilità ed equità si debba ripensare anche il ruolo dello Stato e della PA, che diventa centrale per la loro adozione. La scuola e l’Università hanno retto bene all’emergenza sanitaria e, seppur tra mille difficoltà, hanno fatto il possibile per garantire la continuità didattica, anche se ricordiamo che secondo dati Istat il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa e la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno. Infine il capitolo Enti locali, il comparto della PA più prossimo ai cittadini e quindi anche questo duramente colpito dall’emergenza. In particolare, i Comuni attraverso i loro servizi hanno assicurato la continuità della vita nelle città, nelle periferie e nelle aree rurali durante i mesi più duri della pandemia. Senza entrare nel dettaglio delle valutazioni relative alla tenuta finanziaria e all’impatto economico e sociale nelle diverse realtà, mi piace sottolineare come il Rapporto del CNEL si soffermi anche a ricordare la nascita di tante iniziative spontanee nate nei Comuni, nuove forme di vicinanza alle persone, alle famiglie, in alcuni casi coinvolgendo attivamente la comunità locale. In particolare gli interventi hanno riguardato: consegna di pasti, farmaci e beni di prima necessità; ascolto, counselling e supporto psicologico; sostegno educativo; buoni spesa; assistenza domiciliare; servizi informativi ed erogazione di contributi economici.
Digitalizzazione e competenze: nodi ancora da sciogliere
Nel Rapporto si evidenzia come sui servizi pubblici l’Italia sia caratterizzata ancora “da un basso livello di penetrazione tra i più bassi d’Europa (25%) e da un livello medio-basso di digitalizzazione, mantenendo un andamento costante rispetto al Report del 2019. Pertanto, l’Italia è a limite dello scenario non-consolidated e-Gov, uno scenario in cui i paesi non sfruttano appieno l’opportunità fornita dalle tecnologie digitali” e che “la mancanza di risorse finanziarie rappresenta l’ostacolo più importante al processo di digitalizzazione. Seguono fattori strettamente legati all’implementazione delle tecnologie ICT, come la mancanza di adeguata formazione, di uno staff qualificato e le problematiche connesse ai costi di tali tecnologie”.
“La pandemia ci ha insegnato che le infrastrutture e le competenze digitali sono indispensabili per tutte le attività sociali ed economiche – ha sottolineato il presidente del CNEL, Tiziano Treu -. Se vogliamo ripartire velocemente dopo lo stop obbligato servono investimenti per favorire lo sviluppo delle reti e le infrastrutture digitali e per formare le competenze”.
Semplificazione, reclutamento e formazione per la PA del futuro
Competenze significa valorizzazione delle persone che già lavorano nella PA e capacità di scegliere e assumere le professionalità che davvero servono. Formazione e reclutamento, quindi, come parole chiave per migliorare la qualità dei servizi pubblici. È tornato a sottolinearlo il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, proprio in occasione della presentazione del Rapporto CNEL, ma anche il giorno seguente intervenendo alla Conferenza Mena-Ocse sulla Governance digitale dei servizi pubblici: la digitalizzazione deve andare di pari passo con la semplificazione, non possono essere due processi separati, e per realizzare tutto questo si deve restituire valore e dignità a chi lavora nelle amministrazioni, a quei “volti della Repubblica” come li ha definiti il Presidente Sergio Mattarella, che sono stati in prima linea durante l’emergenza e che ogni giorno forniscono beni e servizi a tutto il Paese.
Reclutamento: arriva lo sblocco dei concorsi pubblici
Ora le amministrazioni devono prepararsi ad attuare i progetti e gli investimenti del PNRR, che offre un’opportunità mai avuta prima e che, proprio per questo, non va sprecata. In questo contesto si inserisce anche lo sblocco dei concorsi (già banditi o da bandire) inserito nel decreto-legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri (misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19). Le nuove norme erano state anticipate dal parere favorevole del Comitato tecnico-scientifico al nuovo Protocollo della Funzione pubblica per lo svolgimento dei concorsi pubblici, che rimuove alcuni vincoli (come quello dei 30 partecipanti a sessione per lo svolgimento delle prove in presenza), ma introduce regole stringenti per garantire la sicurezza anti-contagio. Il decreto prevede inoltre anche, in via strutturale, quindi per i bandi post-emergenza, procedure concorsuali semplificate, in particolare ricorrendo agli strumenti digitali per lo svolgimento delle prove.
Ma non solo concorsi. Il ministro Brunetta nel suo intervento per la Relazione CNEL ha sottolineato la necessità di reclutare in tempi brevi (nel giro di pochi mesi) giovani dotati di high skills che forniscano nei prossimi cinque anni il proprio contributo per poter spendere al meglio i 200 miliardi del Next Generation UE.
Formazione: partiamo dalla conoscenza, cosa serve oggi alla PA?
E per chiudere, ancora una volta, il tema della formazione che rappresenta un elemento fondamentale del “Patto per l’Innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” siglato con i sindacati, dove si afferma il diritto/dovere soggettivo all’aggiornamento continuo di ogni lavoratore pubblico. Come abbiamo più volte sottolineato, in dieci anni la spesa in formazione nel settore pubblico si è quasi dimezzata, segnando un preoccupante -41%. Oggi, l’Italia spende appena 48 euro l’anno per la formazione per ciascun dipendente, con una media di appena 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. Solo il 38% del personale pubblico ha un titolo universitario.
Si deve quindi investire in formazione, ma nella formazione “giusta”, che promuova le competenze oggi necessarie per la nostra PA. Un tema che non si scinde da quello del reclutamento, perché capire quali competenze servono è indispensabile per assumere “bene”, sfruttando lo sblocco del turnover non per rimpiazzare semplicemente i lavoratori in uscita dalle amministrazioni, ma per inserire nuove professionalità dove servono davvero. Quindi, per ogni amministrazione, analisi dei propri fabbisogni, con l’occhio sempre rivolto agli assi portanti del PNRR: Digitalizzazione e innovazione, Transizione ecologica e Inclusione sociale. Il riferimento immancabile è comunque per tutti quello delle competenze digitali di base, ormai indispensabili (e qui torniamo anche al tema dei servizi pubblici), e le soft skill, le competenze trasversali che permettono di gestire e sfruttare al meglio la trasformazione digitale e organizzativa. Tra queste, ne citiamo una alla quale come FPA abbiamo dedicato quest’anno un Premio che si chiama “Rompiamo gli schemi”, e che è la “capacità di trovare le soluzioni migliori usando la creatività, superando gli schemi e le gabbie di pensiero consolidate”.
Di tutti questi temi – ruolo della PA nella ripartenza, centralità delle persone per costruire la PA che serve per rispondere alle sfide del PNRR, qualità dei servizi pubblici – parleremo a FORUM PA 2021, il nostro evento digitale in programma dal 21 al 25 giugno nel corso di tanti appuntamenti di scenario e di approfondimento verticale. Vi segnaliamo tra gli altri lo Scenario “Riorientare lo sviluppo: dalla pandemia alla ripresa, il ruolo del settore pubblico e della PA” e quello dedicato a “Ripartire dalle persone: istruzione, ricerca, competenze per il lavoro e la competitività” e il Talk “Servizi digitali e piattaforme abilitanti per un “sistema operativo del paese” a misura di cittadino”