Dove nasce l’insicurezza: un viaggio di Cittalia nei piccoli Comuni
Cosa intendiamo quando parliamo di “sicurezza”? Il tema, sempre più al centro dell’agenda politica (pensiamo solo al cosiddetto “pacchetto sicurezza” e ai Patti per la sicurezza tra Ministero dell’Interno ed enti locali) e di quella mediatica, in realtà non è così monolitico come potrebbe sembrare. La percezione del senso di insicurezza presenta delle sfumature a seconda della realtà sociale, demografica e geografica in cui nasce e si sviluppa; sono diversi gli elementi che possono influenzarla e varie le risposte che si possono dare.
8 Ottobre 2008
Cosa intendiamo quando parliamo di “sicurezza”? Il tema, sempre più al centro dell’agenda politica (pensiamo solo al cosiddetto “pacchetto sicurezza” e ai Patti per la sicurezza tra Ministero dell’Interno ed enti locali) e di quella mediatica, in realtà non è così monolitico come potrebbe sembrare. La percezione del senso di insicurezza presenta delle sfumature a seconda della realtà sociale, demografica e geografica in cui nasce e si sviluppa; sono diversi gli elementi che possono influenzarla e varie le risposte che si possono dare.
Questo approccio, che tenta di leggere la questione sicurezza sotto molteplici angolazioni e di proporre politiche di ampio respiro, è emerso anche nell’ambito di numerosi confronti all’interno dell’ultima edizione di FORUM PA. Tra gli interventi sul tema, quello di Daniela Stradiotto, Direttore del Servizio di controllo del territorio del Ministero dell’Interno, aveva posto l’accento sul fatto che per produrre sicurezza bisogna puntare, oltre che sulle tecnologie, sul controllo formale e sulle risposte tradizionali (il solito “più uomini e più mezzi”), anche su altri strumenti: la riqualificazione degli spazi, la vitalità delle strade, la rinascita di una coesione sociale che porti al controllo informale da parte dei cittadini in collaborazione con le forze dell’ordine.
Un’analisi simile viene fuori dalla fotografia della percezione del senso di insicurezza nei piccoli Comuni italiani (quelli fino a 5mila abitanti) fatta di recente da Cittalia-Anci ricerche, attraverso un’indagine effettuata nel luglio scorso e presentata in occasione dell’VIII Conferenza Nazionale dei Piccoli Comuni (Mogliano Veneto – 12 e 13 settembre 2008). La ricerca ha cercato di mettere in luce analogie e differenze rispetto alle grandi realtà metropolitane, ma anche tra Nord e Sud del Paese e tra le diverse classi sociali, evidenziando le azioni messe in atto dagli amministratori locali e il loro grado di corrispondenza alle aspettative dei cittadini.
Emerge un quadro in cui l’insicurezza è ricondotta innanzitutto alla micro-criminalità: furti in appartamento, truffe, presenza di immigrati, atti vandalici, spaccio di sostanze stupefacenti. Per il 52% di chi vive in un piccolo centro il senso di incertezza dipende strettamente dall’affermarsi di questi fenomeni, che incidono sul quotidiano e sono visti come un elemento di rottura, una perturbazione improvvisa e imprevista che mette a repentaglio un certo standard di vita, l’abitudine a stare al riparo da pericoli e sconvolgimenti.
La soglia di tolleranza ad episodi criminali è più bassa nei piccoli centri, rispetto alle grandi città, quindi la sensazione di insicurezza viene avvertita in maniera più forte e traumatica. Se da una parte, quindi, il disagio è causato da fattori concreti, dall’altra cresce in proporzione maggiore rispetto all’aumento reale della criminalità.
Alcuni dati che emergono dalla ricerca sembrano confermare proprio questa tesi. Innanzitutto, chi vive nei piccoli centri dice di sentirsi ancora abbastanza sicuro nella vita di tutti i giorni. Infatti, se l’86% dei residenti afferma che il senso di insicurezza in Italia è aumentato, praticamente la stessa percentuale definisce ancora come buono il livello di sicurezza vissuto nella realtà del proprio comune. Al contrario, nelle metropoli è il 55% dei residenti a denunciare un forte disagio nel proprio vissuto quotidiano. Questa differenza, tuttavia, si annulla quando si va a vedere la reazione delle persone: in entrambe le realtà, infatti, più della metà degli abitanti dichiara di aver cambiato le proprie abitudini di vita a causa del senso di insicurezza.
Ancora una volta, il clima di allarme pesa più del reale peggioramento della qualità della vita, la percezione più del rischio reale. Non a caso, è soprattutto nei piccoli centri che, stando alla ricerca di Cittalia, si chiedono più poteri per i sindaci e più iniziative da parte dei Comuni in materia di sicurezza. È come se il livello di incertezza avvertito fosse il riflesso di quanto avviene altrove, di fatti conosciuti tramite i media e ai quali si teme di non saper far fronte.
Proprio l’enfasi data dai mass media ai fatti di cronaca relativi a reati e crimini, assieme alla scarsa efficienza del sistema giustizia, è individuata dagli stessi cittadini come un fattore che contribuisce ad amplificare il senso di insicurezza e paura. Ma ci sono anche altri elementi, più propriamente sociali, come ad esempio la precarietà e la mancanza di lavoro, o fattori che minano gli equilibri, come l’immigrazione e la crisi dei valori.
Questo significa che la sicurezza di una comunità va ad investire aspetti della sfera individuale, sociale, economica e ambientale. Dalla ricerca di Cittalia emerge una visione a tutto campo della sicurezza da parte dei cittadini, che, oltre alla tutela della vita e dei beni, mette in gioco anche valori quali la libertà e la tranquillità individuale, la tutela della salute e della capacità produttiva, la pace sociale e la qualità dell’ambiente.
Di conseguenza, anche le risposte non possono limitarsi alla repressione della micro-criminalità, ma devono puntare alla riduzione dei fattori che favoriscono o inducono al reato. Le azioni delle amministrazioni devono riguardare, perciò, anche la riqualificazione del tessuto urbano e ambientale, la rivitalizzazione degli spazi pubblici nei centri e nelle periferie, la riduzione delle forme di disagio ed emarginazione. Non solo controllo, quindi, ma anche e soprattutto governo del territorio. Un’esigenza che è sentita dai piccoli come dai grandi centri.