Smart city: si ma come?
Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, presentiamo un articolo in cui viene esaminata la normativa predisposta per regolamentare lo sviluppo delle comunità intelligenti, attualmente in attesa di conversione. Una normativa che, sottolinea Simonetta Zingarelli, appare ambiziosa e dettagliata, sia nel disciplinare i compiti dell’Agenzia per l’Italia digitale sia nel descrivere le principali caratteristiche delle comunità intelligenti, ma di cui si deve ancora mettere alla prova l’effettiva realizzabilità in tutte le diverse realtà del nostro Paese.
7 Novembre 2012
Simonetta Zingarelli*
Nell’ambito della collaborazione con lo Studio Legale Lisi, presentiamo un articolo in cui viene esaminata la normativa predisposta per regolamentare lo sviluppo delle comunità intelligenti, attualmente in attesa di conversione. Una normativa che, sottolinea Simonetta Zingarelli, appare ambiziosa e dettagliata, sia nel disciplinare i compiti dell’Agenzia per l’Italia digitale sia nel descrivere le principali caratteristiche delle comunità intelligenti, ma di cui si deve ancora mettere alla prova l’effettiva realizzabilità in tutte le diverse realtà del nostro Paese.
Per smart city si intende una comunità “intelligente”, un luogo in cui le risorse umane e naturali, utilizzate in modo sapiente e gestite attraverso le risorse tecnologiche di ICT già disponibili, consentono la creazione di un ecosistema capace di utilizzare al meglio le possibilità di sviluppo e di fornire servizi integrati e sempre più intelligenti.
Gli assi su cui si sviluppano le azioni di una SC sono molteplici: mobilità, ambiente ed energia, qualità, edilizia, economia e capacità di attrazione di talenti e investimenti, sicurezza dei cittadini e delle infrastrutture delle città, partecipazione e coinvolgimento dei cittadini. Tutto questo è realizzabile attraverso l’utilizzo di una connettività diffusa e la digitalizzazione delle comunicazioni e dei servizi.
Lo sviluppo di smart city ha l’obiettivo di realizzare un miglioramento della qualità della vita, la creazione di nuova occupazione e urbanizzazione sostenibile, creando le condizioni di un miglioramento delle attività sociali più vantaggioso sia per i singoli che per la stessa comunità.
Presupposto di tale sviluppo è sicuramente la predisposizione di servizi tecnologici integrati con un’adeguata rete di telecomunicazione fissa e mobile per restare al passo con la domanda di sviluppo e benessere per la comunità internazionale e garantire un effettivo sviluppo urbano equilibrato.
Per raggiungere tali obiettivi le smart city, quali comunità intelligenti, dovranno organizzare un sistema in grado di gestire l’informazione, tenendo conto di alcuni elementi di open government, di sostenibilità, e di collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni, imprese, finanza e cittadini.
È infatti necessario, per poter effettivamente costruire luoghi intelligenti, adottare un approccio multidisciplinare e integrato che parta dai bisogni della città e dagli obiettivi che si vogliono perseguire, identificando l’innovazione digitale come strumento e non come finalità del cambiamento e coinvolgendo i diversi settori della società (scuola, turismo, ambiente, energia, ecc.) e la molteplicità di sistemi (e.g., sistemi di telecontrollo, sistemi di supporto alle decisioni e pianificazioni, sistemi di comunicazione, ecc.) già messi in campo e comunque disponibili sul mercato. [1]
Le norme in tema di smart city, o più in generale di comunità intelligenti, sono state emanate a partire dal D. L. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in Legge 4 aprile 2012 n. 35,per allineare la normativa italiana a quanto previsto dall’Agenda digitale europea. Il D.L.5/2012, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012 n. 35, ha previsto all’art. 47 che il governo persegua l’obiettivo di modernizzare i rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a potenziare l’offerta di connettività a banda larga, a incentivare cittadini e imprese all’utilizzo di servizi digitali e a promuovere la crescita di capacità industriali idonee a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.
Con il D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modifiche dalla L. 7 agosto 2012 n. 134 all’art. 20, comma 1, si è stabilito che Agenzia per l’Italia Digitale, istituita con la medesima legge, “è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana”.
Il nuovo decreto legge del 18 ottobre 2012, intitolato «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», in vigore dal 20 ottobre 2012, agli articoli 19 e 20 ha specificatamente introdotto le regolamentazione per lo sviluppo delle comunità intelligenti.In effetti,l’art. 19 del decreto 179 ha modificato l’art. 20 del decreto legge n. 83/2012 prevedendo l’inserimento del comma 3-bis. Ai sensi di questo nuovo comma, introdotto nell’ambito delle funzioni dell’Agenzia per l’Italia digitale, è stabilito che “L’Agenzia promuove altresì la definizione e lo sviluppo di grandi progetti strategici di ricerca e innovazione […] con l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle comunità intelligenti, la produzione di beni pubblici rilevanti, la rete a banda ultra larga, fissa e mobile e i relativi servizi, la valorizzazione digitale dei beni culturali e paesaggistici, la sostenibilità ambientale, i trasporti e la mobilità, la difesa e la sicurezza, nonché al fine di mantenere e incrementare la presenza sul territorio nazionale di significative competenze di ricerca e innovazione industriale.”
L’art. 20, poi, rubricato proprio “comunità intelligenti”, stabilisce che l’Agenzia per l’Italia digitale coordina i processi e programma gli strumenti tecnologici necessari alla realizzazione delle comunità intelligenti, predisponendo il piano annuale delle comunità intelligenti nazionali e consegnandolo al Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre, l’Agenzia deve emanare nel prossimo futuro le linee guida relative agli standard tecnici procedurali e deve istituire e definire la piattaforma delle comunità intelligenti. I commi 2 e 3 prevedono la creazione del comitato tecnico delle comunità intelligenti costituito da nove membri di comprovata esperienza nel settore. Oltre a quanto già esposto, è prevista anche la redazione di uno statuto il cui testo dovrà contenere i princìpi e le condizioni che indirizzano le politiche delle comunità e l’elenco dei protocolli di intesa tra l’Agenzia e le singole amministrazioni. La sottoscrizione dello statuto è condizione necessaria per ottenere la qualifica di comunità intelligente.
L’Agenzia per l’Italia digitale ha, inoltre, il compito di gestire la piattaforma delle comunità intelligenti che includono: il catalogo del riuso dei sistemi e delle applicazioni, il catalogo dei dati e dei servizi informativi, il sistema di monitoraggio. Anche questa disposizione di cui all’articolo 20, come molte altre norme in tema di innovazione, prevede che l’Agenzia digitale svolga le attività di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziare previste a legislazione vigente.
Lo sviluppo delle comunità intelligenti dovrà avvenire nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, attraverso l’offerta di informazioni e l’erogazione di servizi, senza discriminazioni dei soggetti appartenenti a categorie deboli o svantaggiate.Il comma 17 stabilisce, infatti, che l’accessibilità dei sistemi informatici di cui all’articolo 2 della legge 9 gennaio 2004, n. 4 e l’inclusione intelligente costituiscono princìpi fondanti del piano nazionale delle comunità intelligenti e dello statuto delle comunità intelligenti nonché delle attività di normazione, di pianificazione e di regolamentazione delle comunità intelligenti.
La normativa predisposta per regolamentare lo sviluppo delle comunità intelligenti, attualmente in attesa di conversione, appare ambiziosa e dettagliata, sia nel disciplinare i compiti dell’Agenzia per l’Italia digitale sia nel descrivere le principali caratteristiche delle comunità intelligenti.
La futura valutazione della loro effettiva realizzabilità dovrà, tuttavia, effettuarsi anche sulla base di esperienze del passato, per evitare che progetti così ambiziosi rischino di risultare fattibili solo per alcune realtà, cioè quelle già in grado di adottare una visione multidisciplinare e coordinata delle risorse e delle informazioni tra più soggetti per garantire efficienza e servizi per le città.
Tutto ciò dovrà avvenire mediante una riorganizzazione delle procedure per coordinare e realizzare la fruizione efficiente dei servizi disponibili.
Occorre, quindi, innanzitutto creare un modello di riferimento sul quale convergere, al fine di ottenere integrazione, cooperazione e massimizzazione degli investimenti e degli obiettivi delle pubbliche amministrazioni, realizzando le condizioni di ampia replicabilità, scalabilità e di sviluppo.[2]
L’impressione è che tale processo di innovazione potrebbe non essere realizzabile in pratica per tutte le realtà, e creare, invece, un ulteriore divario tra città che hanno raggiunto traguardi innovativi importanti ed altre che, invece, ancora faticano a sviluppare processi di innovazione al passo con la normativa vigente.[3]
*avv. Simonetta Zingarelli – Digital & Law Department (www.studiolegalelisi.it)