Smart data, come disegnare i processi delle PA

Home Open Government Open Data Smart data, come disegnare i processi delle PA

Le Amministrazioni che cooperano si concentrano soltanto sul processo “cross” da cablare, trascurando i dettagli implementativi del dato e concentrandosi “solo” su ciò che esso significa ed impersona per ciascuna di loro. Ma considerare insieme il concetto di Open e di Smart Data consente di affrontare in modo efficace entrambi gli aspetti

4 Maggio 2016

L

Luigi Sculco, dirigente Area DWH, BI e Internal Audit, DCSIT, Inps

Partiamo dagli “Open Data”: sono espressione dell’attività d’una organizzazione interamente messa nelle mani della collettività (ergo, non possono contenere informazioni che ledono i diritti di riservatezza personali) affinché quest’ultima la utilizzi anche a fini di Business in servizi di nuova generazione. Sono in un formato sfruttabile da tutti, perché aderiscono a precisi protocolli universalmente accettati nella comunità tecnologica e questo principio, in aggiunta al primo fine, rispetta pienamente i dettami del Codice dell’amministrazione digitale in tema di scambio dati gratuito tra Pubbliche Amministrazioni.

Nel rapporto tra Amministrazioni Pubbliche, però, è molto meglio stendere collegamenti di tipo “point-to-point” per cablare specifiche collaborazioni e, a tal punto, diventerebbe poco efficiente gestire il tutto attraverso un meccanismo di “upload/download” di “Open Data”: molto meglio sincronizzarsi su archivi specifici in una sorta di “Cloud” all’interno del quale più Amministrazioni (almeno due) disegnano assieme processi “cross” tra di loro, traguardando l’interesse collettivo.

A titolo d’esempio: comunque evolva la legislazione vigente, le prestazioni assistenziali INPS sono comunque collegate al reddito individuale da un principio di proporzionalità inversa, della serie che più è alto il primo, più basse o meno accessibili saranno le seconde (eccezion fatta quando la cosa riguarda lo stato di inabilità/invalidità). Ne consegue che tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate debba aprirsi un mutuo canale di interscambio in un verso per conoscere il reddito individuale, quindi, commensurare la prestazione assistenziale, dall’altro per notiziare dell’erogazione e della misura di quest’ultima provvidenza, ai fini della determinazione della soglia di imposizione diretta complessiva (chi ha solo una prestazione assistenziale, in un paese civile, non è ulteriormente tassato, ma deve esser noto che quella prestazione è l’unica entrata o che il contributo complessivo di più entrate cumulate non superi una certa soglia).

Logica vuole, a questo punto, che le Amministrazioni cooperanti si concentrino solo sul processo “cross” da cablare, trascurando i dettagli implementativi del dato e concentrandosi “solo” su ciò che esso significa ed impersona per ciascuna di loro (metadato + dato = informazione). Il formato, allora, dovrà essere d’un tipo universalmente accettato, quindi, “Open”.

E’ questo il concetto di dato “Smart”, quindi “Smart Data”: dati in formato “Open” che sono “Open” solo tra le Amministrazioni o le Organizzazioni che collaborano, ma non per l’intera collettività. Sono “Open” perché in formato aperto (cosa che consente di trascurare il dettaglio implementativo del dato), sono “Smart” perché disegnati e scambiati al fine di cablare processi trasversali tra Organizzazioni, pubbliche o private che siano.

E’ un concetto che non si trova in letteratura perché nasce in INPS a seguito d’un approccio sperimentale con Forum-PA, ma è, a ben vedere, applicato in maniera ingenua tutte le volte che due Amministrazioni buttano giù una Convenzione d’intenti tra loro e la finalizzano ad uno scambio dati di mutuo interesse lavorativo per fini istituzionali. Il concetto di “Smartness” sta proprio nel disegnare intelligentemente i processi trasversali tra Amministrazioni traguardando i bisogni del cittadino, dell’azienda e, in generale, della collettività e da questa visione riuscire ad instaurare canali comunicativi stabili e cablati che “liberano dalla schiavitù della non conoscenza” i tanti comparti della PA che interagiscono.

Tecnologicamente, il dilagare di Internet ed il basso costo delle tecnologie consente di pervenire al suddetto disegno, quel che manca, purtroppo, sono le volontà, vuoi dei singoli enti (ancora è diffuso il concetto che “il dato è potere”), vuoi della politica che non stimolata adeguatamente dal principio che “la PA esiste perché la collettività le trasferisce complessità, confidando nella sua risoluzione” (e spesso a causa di tecnostrutture ancora convinte che “è meglio tenersi stretti i propri dati”) non legifera secondo il principio, quasi ovvio, che “la PA è una”. Sostanzialmente, in un mondo interconnesso, è nella precedente e semplicissima frase che si nasconde il concetto di “Smart Data”. In poche parole, è più un problema di “uomini” che non di “mezzi”. Costerebbe pochissimo (la tecnologia c’è già ed anche tanta), ma i suoi ritorni sarebbero enormi (basta guardare un qualsiasi giornale per rendersi conto di quanta inefficienza, inefficacia e diseconomicità è causata dalla mancanza di conoscenza condivisa tra Amministrazioni centrali e locali).

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!