Su Wikinomics, collaborazione di massa e PA. Intervista a Anthony D. Williams

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Anthony D. Williams è co-autore, insieme a Don Tapscott, di “Wikinomics. Come la collaborazione di massa sta cambiando il mondo” e MacroWikinomics, testi che mettono al centro del dibattito internazionale il tema della collaborazione di massa come motore di cambiamento strutturale. Recentemente Anthony ha lavorato in Brasile e in Europa, studiando i modi in cui la tecnologia cambia l’educazione, la scuola e l’organizzazione industriale. David Osimo lo ha incontrato via skype e  ha cominciato la chiacchierata chiedendogli un primo bilancio, a sei anni di distanza dalla pubblicazione di Wikinomics, del modello di collaborazione aperta descritto nel libro, per poi arrivare a riflettere sul "se e come la collaborazione di massa può cambiare la pubblica amministrazione". 

10 Aprile 2012

D

David Osimo

Anthony D. Williams è co-autore, insieme a Don Tapscott, di “Wikinomics. Come la collaborazione di massa sta cambiando il mondo” e MacroWikinomics, testi che mettono al centro del dibattito internazionale il tema della collaborazione di massa come motore di cambiamento strutturale. Recentemente Anthony ha lavorato in Brasile e in Europa, studiando i modi in cui la tecnologia cambia l’educazione, la scuola e l’organizzazione industriale. David Osimo lo ha incontrato via skype e  ha cominciato la chiacchierata chiedendogli un primo bilancio, a sei anni di distanza dalla pubblicazione di Wikinomics, del modello di collaborazione aperta descritto nel libro, per poi arrivare a riflettere sul "se e come la collaborazione di massa può cambiare la pubblica amministrazione". 

Così, dalla sua casa di Toronto, in Canada, esordisce Anthony: “Mi sembra chiaro che i fenomeni descritti nel libro sono oggi cresciuti in maniera esponenziale. Basta guardare alle statistiche: nel 2006 Facebook aveva 100 milioni di utenti, quest’anno raggiungera’ il miliardo. Il numero di persone con accesso ad internet e’ piu’ che raddoppiato; 90% della popolazione di Paesi come India e Cina ha un telefono mobile. Se il digital divide ancora persiste, è certo che la diffusione delle tecnologie è cresciuta in una misura che noi non potevamo davvero immaginare. Allo stesso tempo, vediamo come il ruolo di Internet ha cambiato intere industrie e istituzioni. Per esempio guardiamo al mondo della salute: da un lato i cittadini usano internet come prima fonte di informazione medica; dall’altro la stessa organizzazione della ricerca biomedica è cambiata grazie alla possibilità di organizzare sperimentazioni cliniche su scala globale. In ambito scientifico, in discipline come l’astronomia oggi spesso vediamo articoli scritti da più di 1000 autori che mettono in comune dati e risultati. La collaborazione di massa è diventata la norma, non l’eccezione, in quasi tutte le scienze naturali. Nel contesto della PA, oggi tutti i Paesi del mondo sviluppato stanno riflettendo su come coinvolgere i cittadini nei processi politici e nell’erogazione dei servizi pubblici”.

Fra tutti questi cambiamenti in corso, quali sono i progetti che più ti ispirano?
Ce ne sono tantissimi, ma nel contesto scientifico mi ha appassionato GalaxyZoo, che permette alle persone di classificare le galassie sulla base della loro forma. Grazie ai nuovi telescopi, abbiamo piu’ immagini di galassie di quante sia possibile analizzare. Un giovane dottorando, avendo un database di circa 50.000 immagini , ebbe l’idea di pubblicare le immagini e chiedere al pubblico di aiutare a classificare le galassie basate sulla forma. Ha pensato che potessero esserci persone interessate a dare una mano e che, se anche solo 200 persone avessero collaborato, questo avrebbe fornito una grossa mano nell’analisi dei risultati. I ricercatori hanno poi verificato che, semplicemente dopo aver seguito un breve tutorial video, i partecipanti classificavano correttamente le galassie nel 95% dei casi. Dopo qualche giorno, il progetto fu raccontato dalla BBC, e nel giro di qualche giorno vi erano non 200 ma 200.000 cittadini coinvolti nell’esperimento mentre oggi siamo a piu’ di 300.000 e l’analisi si sta allargando ad altri problemi più sofisticati. Si tratta non più solo di crowdsourcing, ma di creare veri e propri gruppi di collaborazione allargati. Basti pensare che oggi nel mondo ci sono 6.000 astronomi qualificati che, attraverso la collaborazione aperta, hanno accresciuto la loro capacita’ analitica di 40 volte, permettendo di concentrare gli sforzi degli scienziati sui problemi più difficili da risolvere.

GalaxyZoo è un progetto di grandissimo successo, ma certo un’eccezione. Per ogni progetto di successo, ve ne sono molti che non riescono ad attirare grande partecipazione. Come si fa a stimolare l’attenzione e la collaborazione delle persone?
Basta andare sul sito di GalaxyZoo per rendersi conto delle ragioni del successo. Non si può rimanere indifferenti alla bellezza delle immagini. Classificare le galassie è davvero interessante e stimolante. gli organizzatori hanno capito questo potenziale, ed hanno trattato i partecipanti non come forza lavoro ma come “peers”. Gli scienziati partecipano direttamente ai forum e rispondono ai commenti, i partecipanti hanno accesso ai risultati in anteprima. Vi è poi una grande dimensione sociale, con incontri dal vivo fra i partecipanti organizzati in diverse città del mondo. Insomma, credo siano chiari i fattori di successo: un tema interessante e coinvolgente; l’attenzione ed il ruolo reale attribuito ai partecipanti; alto grado di trasparenza e partecipazione degli scienziati coinvolti e, non da ultimo, la forza dei legami sociali fra i partecipanti.

Certo è possibile immaginare un interesse elevato nell’analizzare le galassie, ma come è possibile coinvolgere allo stesso modo i cittadini in argomenti più noiosi, quali quelli legati alla pubblica amministrazione?
Ogni tema è di interesse di qualcuno, bisogna concentrarsi sui temi di interesse diretto e locale. Ci sono, in ogni Paese, cittadini disponibili a lavorare e dedicarsi a temi di interesse pubblico: se ti apri all’opportunità di collaborazione, valorizzi il ruolo dei partecipanti, chiarisci i temi e gli obiettivi del coinvolgimento ed agisci di conseguenza sulla base degli input ricevuti, allora è possibile generare partecipazione anche su temi legati alla pubblica amministrazione.

Oggi, per realizzare progetti di collaborazione aperta, vi sono moltissime piattaforme che mettono a disposizione delle community di esperti, come Innocentive ed OpenIdeo. Cosa ne pensi? Consiglieresti ad una pubblica amministrazione di realizzare concorsi su queste piattaforme, o piuttosto competizioni ad hoc come “AppsforDemocracy”?
Ci sono diversi aspetti: da un lato non ha senso che la  pubblica amministrazione cerchi di reinventare strumenti gia’ esistenti. Sono ad esempio molto diffuse piattaforme (come Ideascale o Uservoice ndr) per raccogliere il massimo numero di idee dal più alto numero di partecipanti. In questo senso non ha senso cercare di sviluppare soluzioni ad hoc. Ma i famosi “apps contest” sono utili per raccogliere idee innovative da una community più ampia: ci sono casi in cui avere contest ad hoc può ancora essere la soluzione migliore.

Ci dicevi che hai recentemente lavorato in molti Paesi, Brasile, Canada, USA, Europa. A livello internazionale, ti sembra che alcune aree siano particolarmente avanzate?
Sono contrario alle generalizzazioni, in ogni Paese è possibile trovare punte di innovazione e sperimentazione. Vedo una consapevolezza generalizzata sull’importanza dell’innovazione aperta. Non c’è dubbio che in Nord-America vi è una grande capacità di innovazione soprattutto nel settore privato e con l’amministrazione Obama ci sono stati grandi progressi nella pubblica amministrazione, ma c’è ancora molto da fare. In Europa, ci sono aree altamente innovative, dalla Scandinavia, al Regno Unito, ad alcune regioni spagnole.

Se potessi dare una singola raccomandazione alla pubblica amministrazione italiana, da cui cominciare, cosa diresti?
E’ difficile dare un consiglio specifico, ma certo è chiaro che i cambiamenti legati alla tecnologia non faranno che accelerare in futuro. Oggi non c’è davvero possibilità di scelta, è necessario avere un vero commitment all’innovazione aperta, anche dal punto di vista personale: i nuovi leader devono direttamente applicare i principi di collaborazione nella loro vita quotidiana. Io sono personalmente molto interessato a capire come l’Europa sarà in grado di uscire dalla crisi e sono convinto che, dopo questa dura stagione di austerità, l’Europa uscirà più forte ed innovativa che mai. Spero di venire presto in Europa e che questo sia solo l’inizio di un dialogo aperto e proficuo.

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