Un esempio di ininteroperabilità: nell’èra della PEC bisogna semplificare l’iscrizione all’Indice PA
Con l’art. 11 del DPCM 31 ottobre 2000 e con lo scopo di facilitare la trasmissione di documenti informatici, era stato istituito l’Indice delle amministrazioni pubbliche e delle aree organizzative omogenee (IPA). Iscriversi all’IPA è semplice… basta mandare un fax…Un articolo di Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria.
1 Giugno 2010
Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria*
Con l’art. 11 del DPCM 31 ottobre 2000 e con lo scopo di facilitare la trasmissione di documenti informatici, era stato istituito l’Indice delle amministrazioni pubbliche e delle aree organizzative omogenee (IPA). Iscriversi all’IPA è semplice… basta mandare un fax…Un articolo di Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria.
Con l’art. 11 del DPCM 31 ottobre 2000 e con lo scopo di facilitare la trasmissione di documenti informatici, era stato istituito l’Indice delle amministrazioni pubbliche e delle aree organizzative omogenee, comunemente chiamato “IPA”[1].
Invero, l’acronimo utilizzato nel documento tecnico del CNIPA avrebbe dovuto essere, coerentemente e anche per rispetto alla lingua italiana, IAP (o, più completo, IAPAOO)[2].
Al fine di assicurare la trasparenza delle attività istituzionali, l’art. 17, comma 29, del DL 1° luglio 2009, n. 78, convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102, ha recentemente modificato il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale – CAD, introducendo l’art. 51bis, che ha cambiato la denominazione ufficiale dell’IPA in Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni [3].
Tuttavia, il documento tecnico che illustreremo a breve sembra ignorare questa modifica.
La procedura di iscrizione
Le amministrazioni che intendano trasmettere documenti informatici da protocollare devono necessariamente iscriversi all’IPA e ciò avviene attraverso due fasi: l’accreditamento e la pubblicazione.
Sul sito www.indicepa.gov.it, con copyright 2002-2003, è possibile accedere a un documento tecnico di ben 84 pagine denominato Guida ai servizi di Indice delle amministrazioni pubbliche e delle aree organizzative omogenee, aggiornato al 5 febbraio 2010, in cui è descritto al § 4.3.1. l’iter da seguire, che qui riportiamo:
1. la PA richiede al Gestore dell’IPA l’accreditamento presso l’Indice, inviando via fax l’apposito modulo disponibile sul sito web http://www.indicepa.gov.it;
2. il Gestore dell’IPA, di concerto con l’amministrazione in questione e con il Responsabile dell’IPA, verifica che la PA possieda i requisiti necessari all’accreditamento, definisce un codice identificativo per la stessa ed acquisisce quindi i dati previsti per l’accreditamento;
3. il Gestore dell’IPA provvede a creare nell’IPA la struttura dati necessaria a contenere i dati della PA (crea il ramo o=AMM,c=it);
4. il Gestore dell’IPA comunica via e-mail al Referente della Amministrazione l’avvenuto accreditamento fornendo il codice assegnato all’amministrazione da utilizzare nella segnatura di protocollo, e le credenziali per l’accesso all’area riservata del sito web IPA.
Integrando la procedura con le istruzioni descritte nel sito web, appare subito evidente la sua macchinosità. Infatti, da un lato vengono utilizzati canali di comunicazione eterogenei (si chiede l’accreditamento via fax e si riceve la risposta via e-mail), dall’altro pare non conforme a quanto stabilito dal capo V del CAD (artt. 50 e ss.) sui "Dati delle pubbliche amministrazioni e servizi in rete" e soprattutto con lo spirito della norma stessa, che si basa sull’interoperabilità per agevolare lo scambio di documenti informatici[4].
Sul sito web è, infatti, disponibile un “modulo elettronico” per l’accreditamento, che in realtà non è altro che un file zippato contenente un file testuale (Richiesta accreditamento.doc, con lo spazio), che per come è stato strutturato prevede necessariamente una stampa cartacea e una compilazione manuale per i “quadratini” previsti per l’inserimento delle informazioni!
È disponibile anche un altro file zippato (RichiestaCambioReferente.zip) che in realtà contiene il file Richiesta di accreditamento all.doc (con tre spazi), con le stesse caratteristiche di ininteroperabilità di quello precedente.
La procedura descritta nel documento tecnico, aggiornato come dicevamo al 5 febbraio 2010, (ma che contiene ancora la vecchia denominazione del DPCM 31 ottobre 2000 e non quella nuova stabilità nel 2009 con l’art. 51bis del CAD), non tiene conto della possibilità di richiedere l’accreditamento via posta elettronica certificata (PEC), né di utilizzare un “vero” modulo elettronico contenente i campi compilabili direttamente via web o, in alternativa, un modulo “pdf intelligente” da trasmettere via PEC o semplice e-mail, con i campi compilabili direttamente senza ricorrere alla stampa cartacea.
A nulla vale l’eventuale giustificazione che il comma 3 dell’art. 11 del DPCM 31 ottobre 2000 preveda espressamente l’utilizzo del protocollo LDAP, visto che si tratta di una norma che esplicita tecnologie di almeno dieci anni fa!
Così come strutturata, dunque, si tratta di una procedura inefficiente sotto molti profili, non ultimo quello inerente al fatto che la durata complessiva per l’accreditamento è mediata da un presidio e non è automatica come ci aspetteremmo nell’èra digitale proprio da chi dovrebbe non solo divulgare, ma anche invogliare a utilizzare le nuove tecnologie.
Il risultato è che, di norma, la procedura di accreditamento dura più di qualche giorno, senza tener conto delle “complicazioni” informatiche per la comunicazione dei dati, così come descritte al § 5 del documento tecnico. L’iscrivenda amministrazione, infatti, ha due strade, entrambe prevedono però l’utilizzo di un file testuale (*.txt o *.text) in formato standard LDIF oppure con campi separati dal carattere “pound” (#). Si tratta di procedure inusuali per le amministrazioni pubbliche, che devono necessariamente far ricorso agli informatici, in barba al principio della semplificazione amministrativa tanto sbandierata in questo periodo.
La rivoluzione digitale è sacrosanta, ma deve partire dalle piccole cose che hanno ricadute concrete nella vita dei cittadini e delle amministrazioni. La PEC e soprattutto la compilazione di moduli web (in aree accessibili e ovviamente riservate e sicure) avrebbero risolto in pochi minuti il problema, anche perché si tratta di accreditare non un cittadino, ma una amministrazione pubblica, della quale dovrebbero essere ben note le informazioni minime e, in ogni caso, facilmente verificabili.
Si tratta, in buona sostanza, di uno dei tanti esempi di come sia sempre possibile complicare le cose semplici anche nella tanto importante e desiderata Società dell’Informazione!
* Andrea Lisi Andrea Lisi Coordinatore Digital&Law Department (www.studiolegalelisi.it) e Presidente Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (www.anorc.it)
Gianni Penzo Doria, Università degli Studi di Padova – Archivio Generale di Ateneo (www.unipd.it/archivio)