Viaggio a Seoul: l’importanza della user experience

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2 Novembre 2015

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Giorgio Porazzi

Le ultime rilevazioni mostrano in Italia una continua crescita dell’uso delle carte di pagamento, sebbene si rimanga distanti dai Paesi più “virtuosi”, in Europa come nel resto del mondo. Nonostante i numeri delle Carte in circolazione e soprattutto i terminali d’accettazione (POS) installati ci posizionino fra i primi posti in Europa, la frequenza di utilizzo continua a rappresentare il nostro punto debole; ci si aspetta però che l’avvento di nuove tecnologie, di nuovi modelli operativi, riconducibili ai termini NFC, HCE, Tokenization (lato carte) e Mobile-Pos (lato terminali), apra nuove prospettive di sviluppo del mercato dei pagamenti elettronici.

L’applicazione di queste nuove tecnologie ai sistemi di pagamento traguarda infatti sia l’ingaggio di nuova clientela, sia l’incremento delle frequenze d’utilizzo nonché l’ampliamento dell’uso dei sistemi di pagamento per nuove categorie merceologiche (la così detta war on cash). Tale direttrice di sviluppo viene supportata da più iniziative, alcune caratterizzate da una visione strategica “unitaria” a livello Paese e altre, a valenza più tattica, per favorire la concorrenza. Entrambe sono accumunate dall’intento di incrementare complessivamente il numero ed i valori di transato attuali e non di provocare delle semplici “migrazioni” della clientela odierna.

Esempi in tal senso sono le iniziative “cashless cities” nel mondo fisico e “PagoPa” nel mondo internet.

Calibrare i passi nell’una e nell’altra direzione è determinante quindi per il successo delle varie iniziative, soprattutto a seguito dell’entrata in gioco dei grossi player internazionali (gli OTT), cosa che rende necessarie delle azioni condivise per evitare di essere relegati al ruolo di follower o peggio ancora di semplici spettatori. Fatto sta che la tecnologia è una nuova “commodity” irrinunciabile, che in quanto tale deve fare parte del portafoglio d’offerta, nonostante gli indubbi costi che occorre rendere fruttuosi.

L’approccio non deve comunque considerare solo la componente tecnologica ma, al solito, deve far prevalere la componente organizzativa, intervenendo sull’intero processo di pagamento coinvolto. A supporto di ciò, in questo articolo riporto alcune considerazioni ricavate da un recente soggiorno a Seoul, dove la tecnologia è di casa.

Avendo potuto trascorrere in tale città un periodo significativo di tempo, ho analizzato con gli occhi del consumatore, e non solo di tecnico del settore, le modalità con cui vengono effettuati i pagamenti elettronici con carte nella vita quotidiana, per verificare similitudini e differenze con quanto avviene da noi. Mantenendo lo stesso stile di vita; avevamo infatti le stesse sollecitazioni e le stesse necessità familiari di Milano. Unica differenza, il nostro cane che ci aspettava in Italia.

Quale elemento d’innesco, riporto le rappresentazioni grafiche/statistiche degli estratti conto di un periodo tipico “italiano” a confronto con quelle del periodo “Coreano” [1].

Appare subito evidente il maggior numero di transazioni effettuate (219 vs 59) con una spesa complessiva però superiore di meno del 10%.

Figura1

Dal grafico si vede che i pagamenti di importo superiore ai dieci euro dei due grafici quasi si possono sovrapporre, mentre al di sotto dei dieci euro, a fronte di pochi elementi a Milano, c’è la massima concentrazione a Seoul, dove appaiono casi anche per importi inferiori di un euro. Vedendo la collocazione della mediana, rileviamo che a Milano metà dei pagamenti sono sotto i 45 euro mentre a Seoul la metà è sotto i 6,12 euro con una concentrazione attorno ai 2,70 euro.

Quindi la differenza sul numero di operazioni è determinata quasi esclusivamente dalle transazioni di valore basso, tipicamente in esercizi alimentari (bar, caffetterie e mensa universitaria). Pagare a Milano pertanto è facile come pagare a Seoul, a meno di quello che chiamiamo “micro pagamenti”?

Prima di rispondere, vediamo la user experience di un pagamento con Carta a Seoul.

A Seoul ho rilevato una quasi totale standardizzazione del modo di effettuare un pagamento, modo per certi versi incredibile per un italiano abituato a discutere di Cless, di smartphone, di NFC e di HCE. Tutte le transazioni da noi effettuate a Seoul per pagare sono state infatti effettuate per il tramite della banda magnetica della Carte, che viene consegnata all’esercente il quale la “striscia” nei lettori di cui tutti i terminali di vendita sono dotati. Questo a prescindere dalla tipologia di esercente e dall’importo della transazione.

Tali terminali hanno inoltre una periferica a contatto con il cliente che permette la cattura elettronica della firma e alcuni (pochi, ma sono in fase di installazione) presentano in tale periferica anche i simboli internazionali del conctact-less ma non sono ancora operativi (come spiegano se viene loro richiesto o se si tenta di utilizzare la carta autonomamente) [2].

Comunque, anche i pagamenti effettuati dalle persone che ho avuto modo di osservare sono stati fatti prevalentemente con Carte di pagamento e quasi mai con il contante. Nessuno ha inoltre mai utilizzato il cellulare e i più hanno una cover del telefonino che contiene la propria Carta! Emergono da ciò due considerazioni:

  • Organizzativamente, traspare innanzitutto un intervento a livello Paese che ha permesso di realizzare un modello operativo comune nel mercato di riferimento e che ha consentito a tutti gli esercenti di condividere la medesima funzionalità; ciò ha fatto sì che il pagamento elettronico sia diventato parte dello stile di vita, come da noi lo è quello con il cash, rendendolo disponibile ovunque , senza limitazioni merceologiche o territoriali.
  • Tecnicamente, si è voluto minimizzare al massimo le differenze di gestione del contante rispetto alla gestione delle Carte nei processi di pagamento; si è cioè dato priorità all’ integrazione del pagamento nel terminale di cassa prima di accrescere l’uso della tecnologia di pagamento (che pure è presente in abbondanza), per evitare le necessità della doppia digitazione e dell’acquisizione contabile e grafica dello scontrino POS, evitando sistematicamente la tenuta della copia cartacea da parte dell’esercente per la quadratura contabile del negozio nonché per risolvere possibili contestazioni a posteriori.

Niente tecnologia esasperata dunque, ma un processo integrato e semplice che rende l’accettazione della Carta di pagamento assolutamente simile e paragonabile a quello del contante. Tale scenario non potrà a breve che favorire il deployment (di massa) dei nuovi sviluppi tecnologici quali il passaggio al chip, all’NFC e l’utilizzo dei cellulari e dei relativi e-wallet, Samsung Pay in primis.

Peccato che da noi si sia affrontato più volte nel passato il problema di tale integrazione, senza però mai risolverlo definitivamente. Al di là della soluzione adottata, ciò che impressiona è la sua disponibilità nella totalità del mercato. In definitiva, anche da noi, per far crescere la frequenza di utilizzo occorrerebbe quindi una maggior attenzione al processo di accettazione delle carte, più che alla tecnologia in quanto tale, e uno sforzo congiunto degli attori!

Vi è infine una seconda riflessione, relativamente alle transazioni di piccolo importo effettuate nei bar, caffetterie e mense.

A Seoul non abbiamo potuto ovviamente utilizzare i BuoniPasto che per lavoro o studio utilizziamo in Italia. In tre, fanno almeno tre transazioni al giorno, che, se considerate sul periodo in esame, accrescerebbero sensibilmente il numero complessivo delle transazioni italiane e ne abbasserebbero il valore medio rendendo le due rendicontazioni maggiormente paragonabili.

Pur con le limitazioni derivanti dalla specificità dell’osservazione, traspare da ciò un altro elemento che può proiettare aspettative ottimistiche sulla possibile crescita della diffusione e dell’utilizzo delle tecnologie di pagamento in Italia e cioè:

“… l’italiano medio effettua più transazioni di pagamento con strumenti elettronici di quelle che si rilevano solo sugli estratti conto delle Carte e soprattutto esiste la predisposizione ai micro pagamenti”.

Basta il giusto mix di convenienza e facilità di utilizzo (i BuoniPasto soddisfano il requisito della capillarità di accettazione).

Quindi, potendo contare anche sulla disponibilità dei consumatori, in tema pagamenti elettronici esistono tutti i presupposti per agire sui processi di integrazione e qualificare gli sviluppi tecnologici come un ottimo investimento.

Per terminare e per rispondere alla domanda lasciata in sospeso.

Ad oggi a Seoul è più facile utilizzare strumenti di pagamento elettronici che in Italia e quindi l’utilizzo è maggiore, sebbene la tecnologia sottostante utilizzata sia inferiore a quella Italiana. A mio modo di vedere, la risposta ribadisce pertanto l’importanza di lavorare sì sulla tecnologia, ma soprattutto di sviluppare dei processi di pagamento semplici, per i consumatori e soprattutto per gli esercenti.

L’autore è un pioniere dei sistemi di pagamento digitali; ha assunto ruoli apicali in Cartasì. Adesso è in pensione.


[1] Solo a fini descrittivi, preciso che in famiglia abbiamo tre Carte di credito addebitate su un’unica posizione per cui risulta agevole confrontare il bilancio familiare nei due periodi selezionati. Preciso inoltre che il confronto è effettuato solo fra i due ambienti (Milano e Seoul) avendo il campione (io, mia moglie e mia figlia) la stessa e medesima predisposizione ad effettuare pagamenti con esse (le usiamo per qualunque spesa ove risulta disponibile un POS) senza quindi alcun condizionamento né domestico né per il fatto di trovarci in una nazione differente.

[2] In alcune tipologie di negozi, tra cui le diverse e diffusissime catene dei “convenient store”, è possibile utilizzare anche la T-money card che è un borsellino elettronico di tipo privativo con cui è possibile pagare e soprattutto accedere all’intero sistema di trasporto, autobus, metropolitana e taxi sia in modalità a contatto che contact-less.

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