Coesione e capacità dei territori

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È necessario programmare gli investimenti con la conoscenza del tessuto urbano e chiedere il coinvolgimento di tutti i livelli di governance delle risorse e delle politiche per comporre tassello per tassello il mosaico e renderlo tangibilmente condiviso

18 Marzo 2025

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Gaetano Manfredi

Sindaco del Comune di Napoli

Foto di Marcel Ardivan su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/una-statua-di-una-coppia-che-si-abbraccia-E20mDo9QEAc

Questo articolo è tratto dal capitolo “PNRR e Coesione” dell’Annual Report 2024 di FPA (la pubblicazione è disponibile online gratuitamente, previa registrazione)


Le città europee di oggi si configurano non solo come motori economici e centri di innovazione, ma anche come spazi in cui si manifestano le principali sfide legate alle disuguaglianze e all’integrazione sociale. Le aree urbane dell’Unione Europea accolgono oltre due terzi della sua popolazione, contribuendo in modo significativo alla crescita e fungendo da catalizzatori per la creatività. Rimangono, tuttavia, problemi persistenti come l’inquinamento dell’aria, la disoccupazione e la povertà, che risultano particolarmente acuti in questi contesti.

Accanto a queste complessità, le città offrono opportunità uniche. Esse attraggono capitale umano altamente qualificato, ingenti investimenti di capitale fisico e finanziario, e ospitano le imprese più innovative, raggiungendo livelli di produttività superiori rispetto alle zone suburbane e rurali.

Secondo la Commissione Europea, nel periodo 2014-2020 circa il 23% del totale dei fondi impiegati nella politica di coesione sono ricaduti sulle città, si tratta di circa 115 miliardi di euro. Il recente rapporto della Commissione sul futuro della coesione “Forging a sustainable future together: cohesion for a competitive and inclusive Europe” conferma solo in parte questi obiettivi affermando che la nuova coesione dovrà fare leva anche su piccoli centri, aree rurali e zone deindustrializzate assegnando alle città maggiori responsabilità: non più attori abituati a correre da soli ma elemento di guida e inclusione anche per le aree più marginalizzate.

In questa cornice, gli investimenti europei rappresentano un’opportunità straordinaria e imperdibile per il rilancio delle città e uno sviluppo sostenibile dei territori del Mezzogiorno. Le politiche di coesione, insieme al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), sono fondamentali per sostenere interventi infrastrutturali, l’innovazione tecnologica, migliorare i servizi pubblici e favorire l’inclusione sociale, e la loro rilevanza è strettamente legata alla necessità di una gestione efficiente e trasparente dei fondi, per garantire che gli investimenti generino un impatto concreto e duraturo sulla qualità della vita dei cittadini.

Le potenzialità sono tante e richiedono molta dedizione, competenza e capacità di dialogo tra i diversi attori coinvolti, sia istituzionali che non istituzionali. Stiamo vivendo una stagione storica nel nostro Paese e dobbiamo essere capaci non solo di ridurre il divario infrastrutturale in Italia tra Nord e Sud, aree interne e costiere, grandi e piccole città, ma anche quello relativo ai servizi pubblici essenziali per i nostri cittadini.

In questo processo di cambiamento è importante ricordarsi che trasformazione fisica diventa anche trasformazione sociale, e se noi non interveniamo sulla trasformazione sociale qualsiasi trasformazione fisica è soggetta a fallire. In questo senso, il valore delle politiche di coesione e di quelle attivate con le risorse del PNRR, sono utili a colmare i divari tra i territori, che sono sia geografici ma anche generazionali.

Si pensi ad esempio al tema degli anziani non autosufficienti che spesso si somma a quello della marginalità sociale oppure a quello dell’abbandono scolastico e dell’occupazione giovanile e femminile in particolare. Occorre un approccio in grado di integrare sia i diversi livelli di policy (PNRR, Coesione, FSC) che i diversi livelli di attori istituzionali coinvolti.

Infatti, separare le problematiche, i piani e persino la dimensione dell’intervento non aiuta assolutamente ad ottenere quelle trasformazioni radicali di cui i nostri territori hanno profondamente bisogno, soprattutto per seguire quelli che sono i grandi cambiamenti che viviamo nella nostra società: abbiamo la necessità di fare un salto di qualità. Ad esempio, se si realizza un grande intervento di riqualificazione, sicuramente c’è la parte di investimento fisico, ma poi c’è un tema di riqualificazione sociale del contesto dove quell’intervento viene inserito e di sviluppo che significa concretamente spesa corrente. Occorre un approccio sistemico, perché fare degli interventi a piccoli pezzi non aiuta a raggiungere nessun risultato. Il progetto deve essere unitario, all’interno di una visione coerente.

E questo credo sia un metodo indispensabile per ottenere dei risultati, perché solo così la trasformazione fisica diventa anche trasformazione sociale e si realizza un bene comune in tutti i sensi.

Del resto, le esperienze che sono state fatte in passato, in relazione anche ad interventi molto significativi, non hanno sempre pienamente raggiunto gli obiettivi prefissati proprio perché mancava un approccio sistemico. In questi processi di cambiamento bisogna inoltre tener conto delle radici culturali dei territori, elemento essenziale per ricomporre il tessuto sociale e avviare processi virtuosi di crescita.

L’azione di Governo dovrà muoversi contemporaneamente su più piani: da un lato, proporre alle città un grande obiettivo di miglioramento della vita quotidiana e della efficacia dell’azione amministrativa che siano immediatamente percepibili; dall’altro, delineare una prospettiva di fondo, fatta di una radicale trasformazione della città. Nel mezzo, come detto, una incessante opera di rammendo, di ricucitura del sentimento identitario e comunitario dei cittadini, che consenta di condurre tutta la comunità di una città, nessuno escluso, verso un orizzonte di progresso e di sviluppo.

La gestione dovrà essere strategica, coniugare Comune e Città metropolitana con i comuni della cintura, ma anche collegare tutti quelli che vivono e lavorano nella Città ma non vi risiedono, governandone e favorendone i flussi, anche di chi viene per goderne delle bellezze ma che non deve fagocitare o peggio snaturare il tessuto cittadino. È, quindi, necessario programmare gli investimenti con la conoscenza del tessuto urbano e chiedere il coinvolgimento di tutti i livelli di governance delle risorse e delle politiche per comporre tassello per tassello il mosaico e renderlo tangibilmente condiviso.

È la strada che stiamo percorrendo per Napoli. L’obiettivo non secondario dell’amministrazione, infatti, è quello di poter essere un punto di riferimento per un tessuto imprenditoriale vivo e dinamico ma fortemente frammentato come emerge dal Primo Rapporto dell’Osservatorio di Economia e Società della città di Napoli, costituito dal Comune alla fine del 2023.

Il lavoro dell’Osservatorio è di estrema rilevanza per il Comune perché, attraverso un’analisi che si rinnoverà ogni anno, ci consentirà di valutare anche l’impatto delle politiche di sviluppo introdotte in una città come Napoli che ha al suo interno dei divari che sono antichi e che richiedono una risposta, come le grandi differenze di reddito tra i quartieri, la percentuale estremamente bassa di lavoro femminile in alcune zone e il calo demografico. Un aspetto fondamentale che emerge dallo studio dell’Osservatorio è che un quarto del PIL della Regione è prodotto dalla Città. Questo conferma il ruolo di motore dell’economia che Napoli ha all’interno della Campania e, in una prospettiva anche culturale e politica, all’interno dello stesso Mezzogiorno. Registriamo anche segnali di dinamismo del mondo delle imprese, con una crescita forte nei settori del digitale, della consulenza e delle start-up innovative, in linea con il progetto che abbiamo per la città che è quello di sostituire alla manifattura tradizionale l’industria delle competenze, soprattutto in chiave di rigenerazione urbana delle aree più marginalizzate.

I settori di intervento riguardano la transizione ecologica e la mobilità sostenibile, attraverso la promozione dell’uso di energie rinnovabili e il potenziamento dei trasporti pubblici, di qui il massiccio investimento di quasi 300 milioni nell’acquisto di mezzi ecologicamente adeguati. Sono inoltre in corso importanti investimenti per potenziare ulteriormente i trasporti pubblici cittadini. Dobbiamo quanto prima raggiungere gli standard di mobilità delle grandi città europee e l’amministrazione comunale sta facendo un enorme sforzo per raggiungere quest’obiettivo. Anche dal punto di vista della digitalizzazione e l’innovazione per migliorare la connettività digitale e modernizzare i servizi pubblici.

Gli stanziamenti per la rigenerazione urbana e la riqualificazione delle aree urbane degradate, in particolare a Scampia per demolire le vele C e D e riqualificare la vela B e l’area circostante. Un intervento che ha l’obiettivo di cambiare il volto ad un quartiere periferico e creare nuovi servizi per i cittadini, trasformando così un territorio particolarmente vulnerabile in una realtà viva e sostenibile. E ancora, gli investimenti per migliorare le strutture scolastiche, ampliare l’offerta formativa e favorire l’inclusione educativa. La grande ricchezza di Napoli e della sua area metropolitana sono infatti i giovani. Recuperare e valorizzare al massimo questa energia è un aspetto cruciale per il pieno rilancio dell’intera area e questa strategia passa per investimenti nelle scuole, i centri giovanili, le attrezzature sportive, le università. Le azioni di miglioramento dei servizi sanitari e non ultime le iniziative per valorizzare il patrimonio culturale e storico della città, promuovendo il turismo sostenibile e supportare le industrie creative che negli ultimi anni hanno messo Napoli al centro del mondo.

Uno degli interventi più significativi a Napoli, che mi fa piacere segnalare, nell’ambito delle politiche di Coesione, riguarda l’area di interesse nazionale Bagnoli-Coroglio. Questa zona è al centro di un’importante operazione di risanamento ambientale da quando, ormai più di trent’anni fa, sono cessate le attività del complesso industriale ex Italsider. L’intera area sarà protagonista di uno dei più grandi progetti di rigenerazione urbana in Europa, destinato a trasformarla in un importante polo per investimenti pubblici e privati. Grazie al Protocollo d’intesa firmato con il Governo, è stato pianificato l’impiego dettagliato di 1,2 miliardi di euro provenienti dal Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027. Il masterplan si basa sui più avanzati principi progettuali, integrando sostenibilità, transizione energetica, economia verde e blu, alta formazione e ricerca. L’inizio dei lavori di riqualificazione avrà, inoltre, un impatto positivo sull’economia e l’occupazione locali, grazie alle clausole sociali nei contratti di appalto, che prevedono che circa il 25% della forza lavoro venga reclutato sul territorio.

Pongo l’accento, infine, sul tema della sostenibilità dei servizi che è una criticità del PNRR in parte già oggi. Occorre porsi il problema di come faremo a mantenere il livello dei servizi dopo la scadenza del 2026 o comunque alla conclusione del PNRR. Ci troviamo davanti alla necessità di fare anche una valutazione approfondita e di non procedere più con tagli lineari ma di fare una distinzione tra la spesa per investimenti e quella corrente, cercando di conciliare le politiche di rigore contabile con il mantenimento dei servizi. È un nodo centrale quello di avere risorse fino al 2026 per programmare, avviare i progetti e attuarli ma un grande rischio è rappresentato anche dalla mancanza di prospettive finanziarie per assicurarne la fruibilità nel tempo da parte della cittadinanza, con il possibile blocco della spesa corrente. Questo elemento di incertezza si incrocia con il tema dell’applicazione del Patto di stabilità: non si può ancora ridurre la capacità di spesa corrente da parte dei Comuni perché alla fine si sarà costretti a non far funzionare le cose che oggi si sostengono con il PNRR.

In conclusione, il PNRR e le Politiche di Coesione stanno consentendo all’amministrazione di dare corpo ad una strategia di innovazione complessa e multidimensionale. Nel portare avanti tale processo, il Comune di Napoli ha sviluppato un metodo che si sviluppa a partire dall’identità della città e che mette al centro la valorizzazione e la formazione delle persone dell’amministrazione impegnate quotidianamente sui progetti. Per un Comune, innovare in un contesto complesso significa adottare un modello di “città aperta” che va oltre i limiti dell’amministrazione locale. In questo modello, si ampliano gli attori locali coinvolti – tra cui istituzioni, aziende private, organizzazioni del terzo settore e cittadini – che collaborano per sviluppare e influenzare le politiche pubbliche. Tale approccio richiede la creazione di partenariati variegati che necessitano di iniziative per promuovere, negoziare e coordinare le diverse parti interessate, sia pubbliche che private, favorendo un continuo scambio di competenze e conoscenze.

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