Innovazione della PA e Programmazione 2014-2020
Il primo Rapporto di monitoraggio del Comitato di Pilotaggio per il Coordinamento degli interventi OT 11 (Capacità Istituzionale) e OT 2 (Agenda Digitale) evidenzia un ritardo sullo stato della programmazione attuativa. Come è possibile garantire coerenza e una maggiore connessione degli interventi? Bisogna puntare su una maggiore integrazione tra investimenti in trasformazione digitale e azioni di miglioramento amministrativo delle PA e promuovere lo scambio di strumenti, modelli ed esperienze tra amministrazioni
15 Dicembre 2017
Massimiliano Roma
L’impatto della Programmazione 2014-2020 è strettamente legato all’innovazione istituzionale organizzativa e tecnologica della PA. Tale connessione è leggibile sotto due aspetti, diversi e complementari tra loro.
In primo luogo, il rafforzamento amministrativo è la leva per accelerare e gestire efficacemente i fondi europei. In questa direzione si muovono, ad esempio, i Piani di Rafforzamento Amministrativo (PRA), uno strumento che l’Italia, per prima tra gli Stati Membri, sta sperimentando. Sono 29 le amministrazioni che hanno adottato i Piani esplicitando tempi definiti e azioni per rendere più efficiente l’organizzazione della propria macchina amministrativa. I PRA, che hanno una durata biennale, meritano una attenta valutazione nel prossimo futuro perché costituiscono il principale elemento di raccordo tra il miglioramento della strategia per l’attuazione dei Programmi Operativi e il rafforzamento strutturale dell’azione amministrativa.
Il secondo aspetto riguarda l’innovazione della PA, intesa non come assistenza tecnica nella gestione dei fondi, ma come policy specifica diretta al rafforzamento della capacità di produrre servizi più efficienti e digitali per cittadini, imprese e territori. L’Italia e la Commissione per la prima volta hanno deciso di tradurre questo tipo di innovazione in Obiettivi Tematici previsti nell’Accordo di Partenariato: sono gli obiettivi OT11, rafforzamento della capacità amministrativa, e OT2, miglioramento dell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ai quali è dedicato espressamente il PON Governance e Capacità Istituzionale con una dotazione di oltre 827 milioni di euro.
A questo proposito, il primo Rapporto di monitoraggio del Comitato di Pilotaggio OT11 OT2 ci aiuta a leggere ciò che sta accadendo perché, accanto ai dati quantitativi dei livelli di spesa, contiene alcune analisi di tipo qualitativo sullo stato dell’attuazione, sugli attori coinvolti e sulle criticità fin qui riscontrate. Il Rapporto evidenzia un ritardo generalizzato nell’avvio delle attività: a fine 2016, prendendo in considerazione sia le risorse PON che i fondi POR, risultano impegnati 170 milioni di euro su 1.233 milioni programmati sul rafforzamento amministrativo e 112 milioni di euro su 1.201 milioni di euro programmati su Agenda digitale.
Diverse le ragioni del ritardo. Innanzitutto la corsa a non perdere i soldi 2007-2013 ha impegnato le PA distogliendole dall’avvio del nuovo ciclo: le amministrazioni, le Autorità di gestione e di certificazione, gli organismi di audit si sono concentrati sulla chiusura dei vecchi interventi dedicando meno attenzione ai nuovi programmi. Altra criticità, riconducibile ad un problema di semplificazione amministrativa e comune a tutti i Paesi dell’Unione, è rappresentata da adempimenti molto più stringenti richiesti dall’UE e ciò ha comportato un lavoro di adeguamento organizzativo e procedurale molto più complesso da parte delle amministrazioni. Il ritardo non sembra, tuttavia, poter pregiudicare le attività dato che la Commissione Europea ha riconosciuto tale criticità ponendo obiettivi di spesa più limitati nella prima fase, per poi aumentare i target nel secondo periodo. Le criticità su cui porre maggiore attenzione riguardano, invece, gli aspetti qualitativi e, in particolare, un uso “tattico” delle risorse, soprattutto a livello regionale, e la difficoltà di ricondurre gli investimenti ad una visione unitaria e di sistema. La situazione differisce sensibilmente da amministrazione ad amministrazione e spesso le capacità già presenti nelle PA continuano a condizionare la loro possibilità di utilizzare i fondi per accrescere la capacità stessa: in sostanza chi è più bravo aumenta il divario rispetto a chi tradizionalmente fa più fatica.
Come è possibile, quindi, garantire la coerenza e una maggiore connessione degli interventi in un quadro unitario che eviti dispersione e frammentazione?
Il primo fattore su cui puntare è senza dubbio una maggiore integrazione tra gli investimenti in trasformazione digitale e le azioni di miglioramento amministrativo delle PA: non ci può essere cambiamento dell’Amministrazione che non sia “digital first”. L’integrazione tra OT11 e OT2 è centrale sia dal punto di vista strategico, perché impone di ripensare i processi amministrativi in chiave digitale, sia dal punto di vista operativo perché lo sviluppo delle tecnologie deve necessariamente accompagnarsi ad una adeguata crescita delle competenze dei dipendenti pubblici. Su questo fronte la situazione a livello nazionale è purtroppo a macchia di leopardo e risente delle diverse scelte: se in alcune Regioni tale strategia è ben presente nelle rispettive Agende digitali, in alcune realtà l’integrazione non è ben esplicita o manca del tutto. Vedremo se il recente Piano Triennale per l’informatica nella PA 2017-2019, realizzato da AgiD e Team per l’Italia digitale, potrà essere, come auspichiamo, lo strumento utile a promuovere una maggiore armonizzazione.
Il secondo punto riguarda la promozione di sinergie ed economie di scala tra le amministrazioni attraverso la condivisione e lo scambio di strumenti, modelli ed esperienze: in sostanza meno regole e procedure e più manuali e “cassette degli attrezzi”. In particolare, il Rapporto di monitoraggio ha evidenziato come i progetti di empowerment sin qui attivati siano concentrati prevalentemente sulla formazione classica. Tale dato pone l’urgenza di un salto di qualità: accanto alla formazione tradizionale – pur necessaria in un Paese che offre ai propri dipendenti pubblici poco più di mezza giornata di formazione all’anno, contro le 7-8 dei colleghi francesi e inglesi – è opportuno fornire alle amministrazioni strumenti e servizi di empowerment più articolati che permettano il riuso di buone pratiche e sperimentazioni sul territorio nazionale. Piattaforme di confronto su procedure di procurement innovativo, occasioni di condivisione su modelli di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini, laboratori di co-progettazione degli interventi e dei servizi sono soltanto alcuni esempi di iniziative che potrebbero essere attivate e potenziate per accompagnare le amministrazioni verso il cambiamento.
Questo articolo è parte del dossier “Programmazione Europea 2014-2020, a che punto siamo”