Le risorse della coesione per un Mezzogiorno sostenibile

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Ci sono molte risorse in gioco, quelle ancora da indirizzare e spendere di questo ciclo e quelle che con indicazioni stringenti in favore della sostenibilità arriveranno per la programmazione 2021-2027: ben gestite possono portare il Mezzogiorno ad agganciare un trend di sviluppo virtuoso

5 Marzo 2020

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Maria Ludovica Agrò

Già Direttore generale dell'Agenzia per la coesione territoriale, Curatrice scientifica di FORUM PA Sud

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I livelli di spesa destinati all’investimento in settori fondamentali risultano nel Centro-Nord sempre nettamente superiori a quelli del Mezzogiorno. I divari più rilevanti tra le due macro-aree riguardano i servizi essenziali: politiche sociali, sanità, reti infrastrutturali, mobilità.

Le Politiche di coesione nel divario Nord Sud

Le politiche ordinarie sono mancate e le politiche di coesione sono state lasciate sole ad affrontare i divari, private della caratteristica di aggiuntività loro propria divenendo sempre più sostitutive. Oggi si trovano gravate dall’accusa di non aver ridotto il divario e quindi si ragiona sempre più spesso della loro inefficacia senza percepire che il Sud, senza la coesione, avrebbe registrato nel corso della crisi iniziata oltre dieci anni fa un declino ben più rapido. Il divario, lo svantaggio e il disagio non sono il destino del Mezzogiorno ma il risultato di mancate scelte politiche e di carenze di capacità amministrativa cui nel settennio in corso si è cercato di dare una risposta, che però ha mancato di produrre maggiori risultati perché è risultata comunque discontinua.

La Commissione europea offre una programmazione ricca di risorse, più di 40 miliardi di euro per ogni settennio, aumentate poi dal cofinanziamento nazionale per quasi 20 miliardi fra programmi operativi e complementari, e alcuni quadri strategici di orientamento che potrebbero molto bene indirizzare gli investimenti che trovano anche a disposizione gli oltre 50 miliardi del Fondo sviluppo e coesione, tanto vale la politica di coesione nazionale.

La via e le risorse per una crescita sostenibile

La UE, quindi anche noi come Stato membro, nell’indicare la via di una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva non si è limitata a tracciare una cornice teorica e a distribuire risorse, anche se la fatica di implementare un quadro organico in un territorio complesso di 500 milioni di cittadini, 23 milioni di imprese di cui 99,8% PMI, divisi su territori a sviluppo così differenziato, è talmente immane da dubitare a volte di vederne le ricadute concrete, ma ha voluto attivare alcuni strumenti di supporto che aiutassero nell’attuazione. Fra questi, vale la pena ricordare: la strategia di riferimento Europa 2020, che pone obiettivi e target; la Comunicazione sull’economia circolare del 2018, che pone le basi per un monitoraggio degli obiettivi assunti con  le  scelte  relative  alla  sostenibilità; le Strategie di specializzazione intelligente della programmazione 2014-2020, che offrono una mappatura delle potenzialità produttive e tecnologiche del territorio  per potere individuare le più promettenti traiettorie di sviluppo locali, infraregionali e nazionali; il Codice di condotta del partenariato del 2014, che struttura il coinvolgimento degli stakeholders e degli shareholders nell’attuazione di queste politiche; da ultimo, i Piani di rafforzamento amministrativo, che riconoscono le carenze delle PA come uno dei vulnus più gravi e un freno allo sviluppo tanto da meritare un piano specifico per ogni amministrazione titolare di fondi.

Come utilizzare le risorse della coesione per l’innovazione sostenibile

Non si vuole qui di nuovo affrontare il problema delle procedure e dei controlli, la grandissima e urgente necessità di una radicale semplificazione nell’attuazione di queste politiche, temi molto seri ma che non sono al cuore della lentezza di assorbimento dei Fondi strutturali né della frammentarietà degli interventi, spesso rilevata come fattore di inefficacia rispetto all’obiettivo ultimo dell’eliminazione o riduzione del divario.

Preme invece rilevare che essendo in corso una transizione epocale sia digitale che ecologica, per avviare un reale cambio di paradigma è necessario che vengano utilizzate tutte le risorse di cui il Mezzogiorno dispone per investimenti strutturali e sociali, costituiti in massima parte dalle risorse della Coesione.

Risorse che possono essere utilizzate per sperimentare, proprio a partire da questi territori, l’implementazione dell’economia circolare, del digitale avanzato dalle Blockchain, ai Big Data e alla intelligenza artificiale, nuovi modelli di sviluppo dell’occupazione legati al territorio, quali il recupero di mestieri e artigianato, il potenziamento dell’agricoltura di precisione, il rilancio del turismo connettendo le aree interne con la fibra e contrastando lo spopolamento dei luoghi, restaurando i borghi, la diffusione dell’industria culturale nei percorsi di arte ma anche di tradizioni e spettacolo, il sostegno continuo e stabile allo sviluppo delle indispensabili competenze perché si affermi la fabbrica intelligente in grado di rilanciare la manifattura avanzata che comunque resta ancorata ai luoghi e fa crescere la domanda interna.

La formazione, l’inclusione sociale che è fortemente legata in alcune zone anche al tema della legalità, e il rafforzamento della PA restano quindi le grandi sfide senza affrontare le quali non si potrà ridurre il divario. L’appuntamento di FORUM PA Sud,  svoltosi a Napoli il 13 e 14 novembre 2019, è stato dedicato a questi temi. Confrontarsi e riflettere insieme sulle politiche dedicate al superamento dei divari e affrontare non solo con le istituzioni, attori conosciuti di queste politiche, ma con i beneficiari, imprese e cittadini, e gli altri protagonisti del complesso dialogo partenariale, i nodi della mancata crescita e del ritardo di sviluppo ma anche i risultati raggiunti e le eccellenze che si sono concretizzate grazie a questi interventi. Eccellenze che restano purtroppo, come ci ricorda la SVIMEZ, isolate senza un sistema di supporto.

Oggi non si possono disegnare e condurre in porto politiche di sviluppo se non con il profondo coinvolgimento del sistema sociale, oltre che economico, delle sue competenze e conoscenze, dei suoi fabbisogni e della sua volontà di promuovere e percorrere sentieri di crescita. L’economia che oggi va affermandosi ha nelle conoscenze diffuse del tessuto economico e sociale e nella diversificazione  degli  interessi  e  delle  volontà  la chiave potenziale di molte risposte, che sono fuori dalla portata della sola PA la quale non è in grado, senza attivare un  processo  partenariale, di indirizzare efficacemente l’azione verso obiettivi di sistema e di valore collettivo.

Bilancio e prospettive della programmazione (attuale e prossima)

Il Sud non può rinunciare alla domanda pubblica  di innovazione e deve poter sperimentare necessariamente nel quadro delle risorse della Coesione, le uniche a disposizione, questo attivatore di crescita, accendere un focus specifico sull’innovazione che nasce e si sviluppa sul suo territorio, dove oltretutto per sviluppare i processi industriali innovativi dell’economia circolare, declinazione più puntuale della sostenibilità produttiva, abbiamo a disposizione quasi un green field per la rarefazione del tessuto industriale presente, per la scarsa dimensione imprenditoriale e per la ridotta capitalizzazione delle imprese operanti.

Quanto ancora potremmo reindirizzare al futuro, preparandoci a trarre vantaggio dagli investimenti di questi ultimi quattro anni di spesa (il periodo di spesa chiude nel 2023), sia per avviare in modo deciso lo sviluppo sostenibile al Sud, ponendo le basi per sostenerlo e collegarlo più saldamente alle filiere produttive del Nord rafforzando quell’interscambio necessario a far crescere tutto il Paese, sia per avviare al meglio la programmazione 2021-2027?

Guardiamo all’avanzamento finanziario degli Obiettivi Tematici per la programmazione attuale. Per avere un quadro preciso occorrerebbe avere a disposizione oltre ai pagamenti anche le operazioni selezionate, cioè gli interventi già individuati e attivati che però non hanno ancora generato impegni e pagamenti. Ma volendo solo riflettere sulla fotografia che ci viene offerta dai dati, si può concludere che c’è spazio per spendere nella direzione indicata dalle Strategie di specializzazione intelligente, molto orientate all’economia circolare, all’innovazione digitale applicata, alle tecnologie abilitanti, alla formazione di competenze specifiche per affrontare la transizione digitale e quella ecologica.

Concentrare gli investimenti verso la sostenibilità

Una decisa concentrazione degli investimenti verso la sostenibilità, come indicato dall’UE, rafforzerebbe anche il legame fra l’Unione e l’opinione pubblica, oggi particolarmente sensibile al tema della sostenibilità, e andrebbe nel senso di prepararsi al meglio alla nuova programmazione che con le sue cinque priorità è fortemente, anche se solo idealmente, ancorata all’Agenda 2030.

La proposta di  Regolamento conferma il principio di concentrazione tematica degli investimenti a favore della crescita, della ricerca e innovazione e dell’occupazione. Quest’ultimo elemento deve sempre caratterizzare lo sviluppo, perché non c’è crescita sana e sostenibile senza  occupazione. 

La proposta di regolamento prevede che, in base al reddito nazionale lordo degli Stati membri, le risorse siano dedicate per la maggior parte (dal 65% all’85%) agli Obiettivi Strategici di maggior valore aggiunto a livello europeo: “un’Europa più intelligente (OS1)” e “un’Europa più verde e a basse emissioni di carbonio (OS2)”. Anche per lo sviluppo urbano sostenibile è fissato un vincolo di concentrazione tematica a cui deve essere destinato almeno il 6% delle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) disponibili, stavolta a livello regionale, privilegiando lo sviluppo locale di tipo partecipativo, gli investimenti territoriali integrati o i nuovi programmi per promuovere la messa in rete e lo sviluppo delle capacità delle autorità urbane.

Il ruolo di città e regioni

Le città saranno centrali insieme alle Regioni per l’intervento sul territorio. Gli ambiti di intervento del FESR assumeranno una valenza più ampia rispetto al periodo 2014-2020,  prevedendo anche il sostegno ad attività di istruzione, formazione e apprendimento permanente, cosa che può favorire il radicamento delle competenze necessarie   a sostenere sia la transizione digitale che quella ecologica.

Fra gli investimenti esclusi, il numero e la natura di questi ultimi cresce in rapporto al periodo 2014-2020, figureranno l’attività di smaltimento dei rifiuti in discarica, in impianti di trattamento dei rifiuti residui, nella produzione, trasformazione e stoccaggio dei combustibili fossili, tutte previsioni che obbligano ad investire in soluzioni derivanti  da un ripensamento dei processi produttivi.

Si tratta di molte risorse in gioco, quelle ancora da indirizzare e spendere di questo ciclo e quelle che con indicazioni stringenti in favore della sostenibilità arriveranno per la programmazione 2021-2027: ben gestite possono portare il Mezzogiorno ad agganciare un trend di sviluppo virtuoso.


Questo articolo fa parte di FPA Annual Report 2019

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