150 anni: voglia di unità, ma perché? e su che?
Due sondaggi recentissimi, da prendere come tutti i sondaggi con le molle, ma certamente rivelatori del mood degli italiani, ci riportano, nonostante tutto, una forte voglia di unità e di valori. Nello sfacelo di un crollo di immagine e di affidabilità di quasi tutte le istituzioni pubbliche, Governo in testa, il simbolo dell’Unità nazionale, ossia il Presidente della Repubblica vede aumentare la fiducia degli italiani. Chiamati poi a scegliere la “parola guida” per la ricorrenza dei 150 anni dell’unità, oltre centomila rispondenti indicano un significativo terzetto, che si aggiudica da solo la metà dei voti su ben venticinque scelte: Costituzione, Resistenza, Tricolore. Non è quindi retorica melensa parlare di Unità d’Italia e di come celebrarla in questo 150° anniversario che è stato fonte per ora più di polemiche che di festa.
26 Gennaio 2011
Carlo Mochi Sismondi
Due sondaggi recentissimi, da prendere come tutti i sondaggi con le molle, ma certamente rivelatori del mood degli italiani, ci riportano, nonostante tutto, una forte voglia di unità e di valori. Nello sfacelo di un crollo di immagine e di affidabilità di quasi tutte le istituzioni pubbliche, Governo in testa, il simbolo dell’Unità nazionale, ossia il Presidente della Repubblica vede aumentare la fiducia degli italiani. Chiamati poi a scegliere la “parola guida” per la ricorrenza dei 150 anni dell’unità, oltre centomila rispondenti indicano un significativo terzetto, che si aggiudica da solo la metà dei voti su ben venticinque scelte: Costituzione, Resistenza, Tricolore. Non è quindi retorica melensa parlare di Unità d’Italia e di come celebrarla in questo 150° anniversario che è stato fonte per ora più di polemiche che di festa.
Per farlo, pensando ovviamente anche al nostro FORUM PA di maggio che si svolgerà in questo anno di celebrazioni, mi sono chiesto dove l’unità d’Italia è visibile ora e su quali temi dovrebbe essere riconosciuta. La mia risposta è semplice: i cittadini italiani, di nuova o vecchia cittadinanza, incontrano e conoscono la Repubblica, nelle sue diverse articolazioni[1], attraverso il loro rapporto con le amministrazioni pubbliche.
I cittadini si riconoscono quindi come cittadini nella dialettica dei diritti, dei doveri e delle loro autonome iniziative di sussidiarietà orizzontale nei confronti della PA.
Ed è soprattutto la tutela dei diritti per tutti, dalle Alpi alla Sicilia, in particolare per i più deboli, che ci rende uniti, che ci connota come cittadini di una stessa nazione o, se volete, di una stessa Patria. Ed è la PA la cinghia di trasmissione di questi diritti, quella che li rende reali ed esigibili.
Italia unita, tutti cittadini italiani, ma certo non tutti uguali. Ecco qualche dato tra i tanti, tratti dal nuovo e “trasparente” sito dell’ISTAT “noi-Italia”:
- in Campania il 33,5% dei giovani tra i 19 e i 25 anni non studia e non lavora, in Sicilia sono il 33% contro il 13,2% del Veneto e il 13,6% dell’Emilia-Romagna;
- nella Provincia di Trento sono il 59% i cittadini che hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi, 56% in Friuli, ma 31% in Basilicata e meno del 33% in Sicilia;
- in Calabria il 27% delle famiglie è in condizione di povertà relativa, in Campania il 25% mentre in Emilia-Romagna e in Lombardia siamo al 4%;
- il 28% dei bambini da 0 a 3 anni della Valle d’Aosta e dell’Emilia-Romagna utilizzano servizi pubblici per l’infanzia, sono invece il 2,7% in Calabria e il 2,8% in Campania;
- il 59,4% dei rifiuti del Trentino e il 52,9 di quelli del Veneto sono soggetti a raccolta differenziata, ma in Sicilia sono il 6,7% e in Molise il 6,5%
Siamo quindi ancora lontani dall’essere uguali nei diritti fondamentali: salute, lavoro, servizi, cultura. La responsabilità della politica è fortissima, ma altrettanto lo è quella dell’amministrazione. Da questo punto di vista l’efficienza, l’efficacia, la trasparenza, il riconoscimento del merito diventano non slogan, ma strumenti concreti per garantire diritti per tutti e quindi per costituire di fatto una nazione.
Lottare per un’amministrazione migliore diventa allora lottare per una reale Unità d’Italia, rappresentata dall’uguaglianza nei diritti e nei doveri di fronte ad un’amministrazione che sia di servizio e che accetti di essere giudicata sulla base del valore pubblico che restituisce ai cittadini.
La cattiva amministrazione, sciatta, sprecona, arrogante e formalista che combattiamo e che non vorremmo vedere più (quella delle file di cui parla la nostra rubrica PAssepartout di oggi) non è quindi solo uno “spreco” di risorse pubbliche, ma è anche il nemico più potente della nostra unità di Paese che non può che fondarsi sulle regole e sulla legalità. Che poi sono le sole cose che potrebbero restituirci un po’ della fiducia che ahimè si sta perdendo.