L’intervista di Gianni Dominici ad Alfredo Ferrante, Dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che spiega perché il reclutamento del personale debba avvenire attraverso la Scuola Nazionale dell’Amministrazione, quale leva trasformativa della PA. Si tratta di creare una sorta di ombrello comune per evitare il problema della frammentazione di accesso
1 Dicembre 2020
Redazione FPA
L’emergenza sanitaria ha colpito duramente molti settori e anche per quanto riguarda la PA ha rappresentato un vero e proprio terremoto. Nonostante questo, il sistema amministrativo ha retto e addirittura pare abbia giovato della situazione di emergenza che ha portato moltissimi dipendenti a lavorare da casa e praticamente tutte le dirigenze a rivedere l’organizzazione del lavoro puntando sul raggiungimento di obiettivi invece che sull’adempimento dei compiti.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Alfredo Ferrante, dirigente dello Stato proveniente dall’esperienza del corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) e oggi in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
“Serve fare la nostra parte anche fuori dalla crisi” esordisce Ferrante, rimarcando la necessità di cogliere questo momento per uscire dal modello organizzativo del passato basato su piramidi gerarchiche e burocrazia difensiva, affidandosi anche al rinnovo del personale.
“Siamo ossessionati dalla norma e dal controllo diretto”, continua Ferrante, a riprova del fatto che un cambiamento di cultura organizzativa non può dipendere esclusivamente dalla produzione di norme. L’esperienza del corso-concorso della SNA, che ha portato effettivamente un numero insufficiente di dirigenti qualificati nella PA, non è da considerarsi soddisfacente, ma può essere un buon punto di partenza per provare a formare la PA del futuro non solo su nozioni contabili ed amministrative, ma anche su abilità manageriali.
Serve dunque definire un sistema di reclutamento del personale unico, che veda nella SNA un buon esempio da cui partire ma che prenda in considerazione le soft skills e la motivazione dei candidati.
“Bisogna fare affidamento su un patto di fiducia tra personale e dirigente” conclude Ferrante, quale unico modo per far si che venga disinnescato quel meccanismo di controprova del controllo del lavoro svolto e passare all’analisi dei risultati. In questo senso l’esperienza forzata del lavoro da remoto di questi mesi è stata di fondamentale importanza.
Lo smart working può essere decisivo per l’avvio di una riforma delle procedure organizzative, ma per rilanciare definitivamente la PA serve che essa venga anche raccontata in modo diverso al pubblico, sfatando i miti e pregiudizi che la accompagnano.