Appalti, digitale sì ma non troppo: le zone d’ombra del nuovo codice
Secondo gli esperti diverse sono le disposizioni in questo nuovo codice che ripetono principi generali già previsti dal Codice dell’amministrazione digitale e la cui attuazione viene inspiegabilmente differita o limitata da importanti eccezioni, con il risultato infausto di avere norme affastellate, ripetitive e contraddittorie. Facciamo il punto con il contributo dello Studio Legale Lisi
28 Aprile 2016
Sarah Ungaro, Digital&Law Department Studio legale Lisi
Appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Codice degli appalti, emanato con il D.Lgs. 50/2016 [1]. Moltissime sarebbero le novità di cui dare conto, a partire da un’apparente maggiore attenzione alla trasparenza , da perseguire soprattutto tramite la digitalizzazione delle procedure: attenzione alla trasparenza che finisce per rilevarsi solo apparente, però, non appena ci si accorge che questo nuovo testo normativo contempla addirittura l’utilizzo delle “comunicazioni orali” nelle procedure d’appalto. Ma proseguiamo con ordine.
In generale, molte sono le disposizioni in questo nuovo codice che ripetono principi generali già previsti dal Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005) e la cui attuazione viene inspiegabilmente differita o limitata da importanti eccezioni , con il risultato infausto di avere norme affastellate, ripetitive e contraddittorie a cui purtroppo ultimamente ci ha spesso abituato il nostro legislatore [2].
In effetti, già nell’art. 40 non si comprende come mai sia previsto che “le comunicazioni e gli scambi di informazioni nell’ambito delle procedure di cui al presente codice svolte da centrali di committenza sono eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale”, ma che tale regola decorra solo a partire dal 18 ottobre 2018 .
E ancora, all’art. 52 viene ripetuto l’obbligo di eseguire tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni previsti dal nuovo Codice degli appalti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici, in conformità con quanto disposto dal CAD, tuttavia introducendo al contempo deroghe ampie e generiche (e in alcuni casi poco condivisibili) a tale regola, per cui le stazioni appaltanti non sono obbligate a richiedere mezzi di comunicazione elettronici nella procedura di presentazione dell’offerta, ad esempio, quando:
a) a causa della natura specialistica dell’appalto , l’uso di mezzi di comunicazione elettronici richiederebbe specifici strumenti, dispositivi o formati di file che non sono in genere disponibili o non sono gestiti dai programmi comunemente disponibili;
b) i programmi in grado di gestire i formati di file, adatti a descrivere l’offerta, utilizzano formati che non possono essere gestiti mediante altri programmi aperti o generalmente disponibili ovvero sono protetti da licenza di proprietà esclusiva e non possono essere messi a disposizione per essere scaricati o per farne un uso remoto da parte della stazione appaltante;
c) l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici richiede attrezzature specializzate per ufficio non comunemente disponibili alle stazioni appaltanti ;
d) i documenti di gara richiedono la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso per mezzo di strumenti elettronici;
e) l’uso di mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici è necessario a causa di una violazione della sicurezza dei mezzi di comunicazione elettronici ovvero per la protezione di informazioni di natura particolarmente sensibile che richiedono un livello talmente elevato di protezione da non poter essere adeguatamente garantito mediante l’uso degli strumenti e dispositivi elettronici che sono generalmente a disposizione degli operatori economici o che possono essere messi loro a disposizione mediante modalità alternative di accesso .
Nello specifico, inoltre, per quanto riguarda gli strumenti e i dispositivi di trasmissione e di ricezione elettronica delle offerte e di ricezione elettronica delle domande di partecipazione, oltre ai requisiti – per nulla puntuali – di cui all’allegato XI al D.Lgs. 50/2016, si applicano anche le seguenti regole:
a) le stazioni appaltanti mettono a disposizione dei soggetti interessati le informazioni sulle specifiche per la presentazione di offerte e domande di partecipazione per via elettronica, compresa la cifratura e la datazione;
b) le stazioni appaltanti specificano il livello di sicurezza richiesto per i mezzi di comunicazione elettronici da utilizzare per le varie fasi della procedura d’aggiudicazione degli appalti. Il livello è proporzionato ai rischi connessi;
c) qualora ritengano che il livello dei rischi, valutato ai sensi della lettera b), sia tale che sono necessarie firme elettroniche avanzate, come definite nel Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, le stazioni appaltanti accettano le firme elettroniche avanzate basate su un certificato qualificato, considerando se tali certificati siano forniti da un prestatore di servizi di certificazione presente in un elenco di fiducia di cui alla decisione della Commissione 2009/767/CE, create con o senza dispositivo per la creazione di una firma sicura.
In proposito, si rileva che nelle disposizioni del D.Lgs. 50/2016 e nei relativi Allegati non si rinviene alcun richiamo alle regole tecniche sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici emanate ai sensi del CAD, ma solo a quelle sulle firme in relazione ai formati di firma elettronica avanzata, creando forti dubbi sulla consapevolezza del legislatore del nuovo Codice degli appalti che per la digitalizzazione di tali processi devono essere applicate le regole tecniche di cui ai DPCM 3 dicembre 2013 [3] e al DPCM 13 novembre 2014[4].
A tal riguardo non resta che sperare che indicazioni più precise siano fornite dal decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione che, ai sensi dell’art. 44, dovrà essere emanato entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice (quindi entro il 19 aprile 2017), di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’AgID, per definire – magari con maggiore puntualità – le modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, anche attraverso l’interconnessione per interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni.
Tuttavia, le disposizioni che destano maggiore perplessità sono quelle previste al comma 4 dell’art. 52, dove si introduce una singolare – e potenzialmente pericolosa – anomalia nelle modalità di comunicazione delle pubbliche amministrazioni , prevedendo addirittura che “ in deroga ai commi da 1 a 3, la comunicazione orale può essere utilizzata in relazione a comunicazioni diverse da quelle relative agli elementi essenziali della procedura di appalto, purché il contenuto della comunicazione orale sia sufficientemente documentato ”. Ora, non si può non rilevare che la ratio di tale previsione risulta incomprensibile, a maggior ragione considerando la delicatezza dell’ambito di applicazione, ossia le procedure di appalto, nel quale spesso, purtroppo, si sono verificati fenomeni di scarsa trasparenza. Legittimare, infatti, a livello normativo le comunicazioni orali ai concorrenti di una procedura di appalto costituisce un potenziale vulnus per l’accertamento della correttezza delle procedure poste in essere, anche nella prospettiva in cui in tale sede dovessero perpetrarsi illeciti penali. Risulta, inoltre, del tutto aleatoria – e dunque inutile – la precisazione per cui “ le comunicazioni orali con offerenti che potrebbero incidere significativamente sul contenuto e la valutazione delle offerte sono documentate in misura sufficiente e con mezzi adeguati ”.
Per le stesse motivazioni, appaiono criticabili le disposizioni del comma 10 dello stesso art. 52, in base al quale “ per le concessioni, fatti salvi i casi in cui l’uso dei mezzi elettronici è obbligatorio ai sensi del presente codice, le stazioni appaltanti possono scegliere uno o più dei seguenti mezzi di comunicazione per tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni: a) mezzi elettronici; b) posta; c) comunicazione orale, anche telefonica, per comunicazioni diverse da quelle aventi ad oggetto gli elementi essenziali di una procedura di aggiudicazione di una concessione e purché il contenuto della comunicazione orale sia sufficientemente documentato su un supporto durevole; d) la consegna a mano comprovata da un avviso di ricevimento ”.
Al contrario, bisogna rilevare positivamente l’introduzione, all’art. 58, della disciplina relativa alle procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione: ai sensi della normativa vigente in materia di documento informatico e di firma digitale, nel rispetto dell’articolo 52 e dei principi di trasparenza, semplificazione ed efficacia delle procedure, le stazioni appaltanti ricorrono a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici, demandando ad AgID l’emanazione di regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione.
Nella stessa prospettiva si inserisce anche l’art 74, che sancisce la regola per cui le stazioni appaltanti offrono un accesso gratuito, illimitato e diretto, per via elettronica, ai documenti di gara [5] e, qualora ciò non sia possibile, trasmettono i documenti per posta elettronica certificata (o strumenti analoghi negli altri Stati membri) o, in via del tutto residuale, con mezzi diversi da quelli elettronici.
In definitiva, questo nuovo Codice degli appalti presenta poche luci e molte ombre per quantoriguarda le norme sulla digitalizzazione delle procedure, che appaiono timide e poco puntuali: l’ennesima occasione persa, dunque, per una seria digitalizzazione.
[1] D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”, in G.U. Serie Generale n.91 del 19-4-2016 – Suppl. Ordinario n. 10.
[2] Si pensi, ad esempio alle critiche avanzate al decreto con cui si intende modificare la normativa in tema di trasparenza amministrativa (D.Lgs. 33/2013) e introdurre il FOIA (Freedom of Informaction Act).
[3] Recanti rispettivamente le “Regole tecniche per il protocollo informatico ai sensi degli articoli 40-bis , 41, 47, 57 -bis e 71, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005” e le “Regole tecniche in materia di sistema di conservazione ai sensi degli articoli 20, commi 3 e 5 -bis , 23 -ter , comma 4, 43, commi 1 e 3, 44 , 44 -bis e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005”.
[4] Recante “Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis , 23 -ter , 40, comma 1, 41, e 71, comma 1, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005”.
[5] Fatto salvo che, ai sensi dell’art. 53 del D.Lgs. 50/2016, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. In particolare, il diritto di accesso agli atti del processo di asta elettronica può essere esercitato mediante l’interrogazione delle registrazioni di sistema informatico che contengono la documentazione in formato elettronico dei detti atti ovvero tramite l’invio ovvero la messa a disposizione di copia autentica degli atti.