Bilance, bandiere e … tornelli: riflessioni di un “benaltrista”
In questi giorni si è accesa una forte polemica incentrata sulla magica parola “tornelli” che ha suscitato reazioni violente specie quando è stata accostata dal Ministro Brunetta, in parte proprio per mettere in discussione quel che ritiene un santuario, alla parola magistratura. Tra i tanti articoli usciti mi ha colpito quello di Cervi su “Il Giornale” che se la prende con quel che ormai va sotto il nome di benaltrismo: ossia prendere posizione dicendo che “ben altro è il problema”. Se queste sono le premesse mi dichiaro subito prigioniero politico: sono un benaltrista, e me ne vanto. Credo infatti che sia del tutto insensato non ricordare che sia i mali della giustizia, sia quelli più in generale del pubblico impiego, non possono essere risolti solo con i tornelli, e che questi probabilmente non sono neanche uno dei fattori critici di successo e che quindi ben altro è il lavoro che ci aspetta.
5 Novembre 2008
Carlo Mochi Sismondi
In questi giorni si è accesa una forte polemica incentrata sulla magica parola “tornelli” che ha suscitato reazioni violente specie quando è stata accostata dal Ministro Brunetta, in parte proprio per mettere in discussione quel che ritiene un santuario, alla parola magistratura. Tra i tanti articoli usciti mi ha colpito quello di Cervi su “Il Giornale” che se la prende con quel che ormai va sotto il nome di benaltrismo: ossia prendere posizione dicendo che “ben altro è il problema”. Se queste sono le premesse mi dichiaro subito prigioniero politico: sono un benaltrista, e me ne vanto. Credo infatti che sia del tutto insensato non ricordare che sia i mali della giustizia, sia quelli più in generale del pubblico impiego, non possono essere risolti solo con i tornelli, e che questi probabilmente non sono neanche uno dei fattori critici di successo e che quindi ben altro è il lavoro che ci aspetta.
Fatta questa dichiarazione, per cui mi sento comunque in buona compagnia, e che credo accomuni qualsiasi persona di buon senso, compreso il Ministro Brunetta, cercherò di trarne conclusioni logiche e possibilmente non banali. Come ci insegna la matematica il non essere condizione sufficiente non implica in sé il non essere necessaria. Sgombrato, quindi, il campo dalla sciocchezza dell’essere sufficienti, rimane da dimostrare se i tornelli (e la strategia che essi rappresentano come bandiere) sono necessari per un’indispensabile riforma della PA.
Per farlo tornerei ai fondamentali principi che permettono a qualsiasi organizzazione complessa di creare le condizioni per cui i lavoratori aumentino la loro produttività in un clima di “benessere organizzativo”.
A tal fine mi servo di una relazione che il Prof. Avallone (Università di Roma La Sapienza) ha presentato a FORUM PA ’07[1].
Dice Avallone, e mi convince molto, che per promuovere una buona convivenza organizzativa sono necessarie dieci condizioni che riporto affiancandole alle azioni che le favoriscono[2]:
- 1 – Rispetto delle norme – regole chiare e coerenza con i principi enunciati.
- 2 – Tolleranza delle diversità – favorire e rispettare differenze di opinione.
- 3 – Sicurezza e stabilità – poter fidare su una situazione di stabilità per il futuro.
- 4 – Efficacia individuale e collettiva – motivazione, integrazione, progettazione del lavoro.
- 5 – Giustizia – trasparenza e chiarezza della valutazione.
- 6 – Sostegno dell’altro – supporto dirigenziale.
- 7 – Fiducia, speranza – sostegno all’innovazione.
- 8 – Attenzione all’altro – riconoscimento dell’altro e ascolto attivo.
- 9 – Equilibrio tra i ruoli – esercizio del potere con modalità non distruttive.
- 10 – Piacere della relazione – rendere il lavoro gratificante e piacevole.
Come vedete la prima delle condizioni è avere regole del gioco chiare e pretendere il rispetto delle norme. In questo senso, di fronte ad una diffusa, seppure assolutamente non uniforme[3], condizione di lassismo e di arbitrio, i tornelli costituiscono un punto fermo e insieme un simbolo importante, oltre a difendere gli onesti. Bastano da soli? Ovviamente no: le condizioni sono dieci e tutte importanti. Pensate alla quinta di questo elenco che riporta al sentimento di giustizia che si basa su una corretta, trasparente e chiara valutazione (le bilance del titolo di quest’editoriale). O alla terza che chiarisce che, senza una sicurezza che permetta progetti e futuro, è difficile ottenere partecipazione.
In questo senso se ripristinare regole certe è una necessaria partenza, credo che il necessario passo successivo sia un’attenzione costante allo sviluppo delle risorse umane.
Tutte le grandi organizzazioni moderne riconoscono che sono le persone la vera ricchezza e che sia fondamentale guardare alle proprie risorse umane come ad operatori della conoscenza che accumulano la “saggezza” legata all’esperienza, grazie al loro essere continuamente in prima linea.
L’artefice del Sistema Toyota[4], che forse è il più brillante esempio di questa strategia, Taijchi Ohno ha lasciato questo detto:
“Le risorse umane sono qualcosa al di sopra di ogni misurazione. Le capacità di queste risorse possono estendersi illimitatamente quando ogni persona comincia a pensare”.
Io davvero ci credo: nella mia, molto varia, esperienza professionale e nei miei trent’anni di direzione di piccole o grandi organizzazioni (dalla bottega artigiana a FORUM PA) non ho mai visto cartellini, tornelli, controlli che in sé bastassero a rendere un lavoro felicemente produttivo. Ma dirò di più non bastano neanche ad evitare al “padrone” (o datore di lavoro) di essere fregato da dipendenti presenti sul lavoro, ma assenti dal lavoro nei tanti modi che lavori manuali o intellettuali permettono sempre.
Allora, come dicevamo, avanti con i tornelli: sono una medicina amara, ma forse ora necessaria, ma come per le medicine non vediamo l’ora di farne a meno. E per farne a meno avanti soprattutto a ripristinare le condizioni della convivenza organizzativa. A cominciare dalla valutazione e dalla scelta della dirigenza che è e rimane il metro chiave su cui misureremo questa volontà riformatrice. Avanti con i tornelli quindi, ma a termine, caro Ministro, perché benaltro ci si aspetta da tutti noi.
[1] ho trovato questa relazione e tanti altri contributi usando il motore di SaperiPA con la parola “benessere organizzativo”.
[2] Avallone nelle sue slides argomenta molto meglio ciascuna condizione e ciascuna azione: una lettura integrale è caldamente consigliata.
[3] La mia personale idea è che la visione abbastanza pessimistica del Ministro è influenzata dalla sua visuale attuale interna alla più centrale delle amministrazioni centrali e che invece negli enti locali, specie quelli, come i comuni, che hanno il fiato sul collo dei cittadini le cose stiano un po’ diversamente. Ma è solo un’idea.
[4] quel che so del sistema Toyota l’ho imparato da Alberto Galgano e dai suoi appassionati scritti tra cui ricordo: Alberto Galgano, Bruno Susio, La pubblica Amministrazione snella. le tre innovazioni per la PA, 2004, pp. 236, euro 24.50, isbn 88-8335-521-0, collana Best Practices Guerini editore.