EDITORIALE

#burocraziadifensiva: mito o realtà?

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Parte oggi, con un sondaggio di panelPa a cui siete tutti caldamente invitati a partecipare, una nostra coraggiosa, ma insieme umile inchiesta che ci serve a capire se abbiamo capito. Riguarda la #burocraziadifensiva: quella sindrome di paralisi che impedisce alle amministrazioni di innovare, ma che non è endemica nelle amministrazioni, ma piuttosto nasce da un intreccio perverso tra cattiva politica, cattiva (o clientelare) dirigenza pubblica, cattivo sindacato.

5 Aprile 2017

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Carlo Mochi Sismondi

Parte oggi, con un sondaggio di panelPa a cui siete tutti caldamente invitati a partecipare, una nostra coraggiosa, ma insieme umile inchiesta che ci serve a capire se abbiamo capito. Riguarda la #burocraziadifensiva: quella sindrome di paralisi che impedisce alle amministrazioni di innovare, ma che non è endemica nelle amministrazioni, ma piuttosto nasce da un intreccio perverso tra cattiva politica, cattiva (o clientelare) dirigenza pubblica, cattivo sindacato. Lungi da noi pensare che tutta la politica sia miope e corrotta, che tutta la dirigenza sia raccomandata, corporativa e fedele al potente di turno, che tutto il sindacato cerchi più spazi di potere e di rappresentanza che diritti, ma il risultato deludente di oltre cinque lustri di riforme ci interroga e, se vogliamo dare una risposta, richiede l’occhio limpido del ricercatore.

A che punto siamo? Ci troviamo con leggi avanzate, sempre in cerca della pietra filosofale che le trasformi in oro e con un’amministrazione sempre più scoraggiata, delusa e quindi immobile, che si oppone con la #burocraziadifensiva. Non che non abbia colpe: ne ha più d’una a cominciare dall’accettazione di un dogma che recita che tutto quello che non è esplicitamente obbligato (con esplicite sanzioni per gli inadempienti) è proibito, o comunque pericoloso, scivoloso, da evitare. Ma certo la #burocraziadifensiva non si combatte combattendo i lavoratori pubblici. Tutt’altro.

Guardiamola in faccia quindi questa #burocrazidifensiva. Proviamo a definirla: chiamiamo #burocraziadifensiva quell’atteggiamento, comunissimo tra i dipendenti pubblici (soprattutto dirigenti, ma non solo), per cui è solo non facendo che si evitano rischi. È #burocraziadifensiva pretendere un doppio canale digitale, ma anche cartaceo per i documenti, perché “non si sa mai”. È #burocraziadifensiva chiedere cento pareri prima di prendere una decisione e poi comunque rimandarla al proprio superiore diretto o alla politica e non far nulla se non si ricevono esplicite direttive. È #burocraziadifensiva non interfacciare le basi di dati, ma chiedere ai cittadini informazioni che l’amministrazione ha già. È #burocraziadifensiva allungare i tempi dell’entrata in vigore di una riforma perché è meglio non essere i primi. È #burocraziadifensiva non rischiare, non scegliere, non usare gli strumenti, pur esistenti, della discrezionalità, lasciar fare agli automatismi, cercare neutrali algoritmi, non valutare per non essere valutati.

Se la burocrazia difensiva è così diffusa non è però colpa di un virus, ma di una confusione legislativa, di una bulimia regolatoria, di una coazione a ripetere per cui si legifica dieci volte la stessa cosa, ma sempre con piccole differenze. In questo caos l’unica salvezza percepita è quella di restare fermi, di aspettare che passi il vento dell’innovazione (che tanto dura al massimo il tempo di un Governo, poi tutto cambia) o di pretendere, prima di applicarle, che le novità diventino obbligatorie e ne sia sanzionata veramente la negligenza e che qualche deus ex machina burocratico o normativo ci liberi dalla paura dei moderni bau-bau della PA: la Corte dei Conti e l’ANAC.

Questa è la nostra percezione che deriva da 28 anni di studio e di osservazione delle amministrazioni da dentro e da fuori. Ma forse ci siamo sbagliati, forse è una nostra costruzione mentale, forse la realtà è diversa. Per saperlo lo domandiamo a voi. A voi che lavorate nella PA e che siete una fetta importante del nostro pubblico, ma anche a voi che lavorate nelle aziende private che con la PA si interfacciano sia come fornitori sia come fruitori di servizi, efficienti o meno che siano, e a voi tutti che, al di là del vostro ruolo professionale, siete come noi cittadini che con le tasse finanziano l’amministrazione e ne sono quindi azionisti (non solo clienti).

Capite perché è particolarmente importante rispondere? Perché se abbiamo occhi aperti, intelligenza libera e cuore sincero nel vedere il pericolo ce la possiamo fare a vincerlo. Altrimenti saremo vittime dell’imbonitore di turno che ci convincerà che il problema sono i “furbetti” e il rimedio sono i “tornelli”.

Trovate il nostro PanelPA qui. Aspettiamo le vostre risposte e saremo anche felici di un vostro feedback: commenti, integrazioni, critiche.


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