Competenze digitali nella PA: tracciata la Strategia, guardiamo ai prossimi passi

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Il primo luglio scorso, la Commissione europea ha presentato la “European Skills Agenda”, una nuova “Agenda per le competenze per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza”. Poco dopo, in Italia è stata adottata la “Strategia nazionale per le competenze digitali”. Ora attendiamo il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il nostro Paese presenterà alla Commissione europea e che, seguendo l’invito della stessa Commissione, dovrebbe vedere proprio nelle competenze una delle priorità per la programmazione

23 Settembre 2020

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Giovanna Stagno

Responsabile Area Advisory e Gare FPA

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Michela Stentella

Content Manager FPA

Photo by Charles Deluvio on Unsplash - https://unsplash.com/photos/Lks7vei-eAg

Ruolo strategico e priorità, queste sono le espressioni che qualificano il tema delle competenze digitali nel nostro Paese. Espressioni che da una parte trovano fondamento nei risultati del Digital Economy and Society Index (DESI) 2020, che colloca l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi Europei sulla dimensione Capitale Umano, e dall’altra vengono ribadite nella Strategia nazionale per le competenze digitali del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione, Paola Pisano. 

La carenza di competenze digitali nei diversi ambiti, per cui l’Italia risulta tra i Paesi europei più in difficoltà, è una delle principali limitazioni per lo sviluppo sociale ed economico del Paese e per la sua ripresa dall’attuale periodo di crisi, assumendo i caratteri della priorità. Ecco perché è necessario che il tema delle competenze digitali diventi una priorità strategica per il nostro Paese”, si legge nel documento. 

Competenze digitali prioritarie per garantire sviluppo economico e sociale del Paese, per assicurare dialogo democratico ed esercizio di una cittadinanza, piena, consapevole e digitale. Competenze digitali strategiche per consentire alla nostra Pubblica Amministrazione di guidare la trasformazione digitale del nostro Paese, diventando settore di traino dell’innovazione. 

Le competenze digitali nella PA italiana: una fotografia (non incoraggiante)

Le competenze digitali hanno rivelato tutta la loro imprescindibilità durante il periodo di lockdown, hanno sostenuto quelle amministrazioni che, virtuose, avevano investito su di esse e sulla digitalizzazione dei processi. La loro mancanza ha invece piegato sotto il peso dell’emergenza quelle amministrazioni che per troppo, lungo, tempo hanno affrontato poco e male la questione.  

Il periodo di Smart Working forzato che abbiamo vissuto a causa dell’emergenza sanitaria è stato infatti un vero banco di prova anche per le competenze digitali, le quali hanno senza dubbio favorito la rapida remotizzazione dei processi e del lavoro, evidenziando in tal modo la necessità di ripensare performance e produttività, e quindi anche competenze, a partire dalle opportunità e dai vantaggi offerti dalla digitalizzazione. “Tale complessiva esperienza dimostra che il lavoro agile, le competenze digitali e la digitalizzazione dell’azione amministrativa costituiscono, in definitiva, fattori in grado di coesistere ed operare sinergicamente, in un proficuo processo di osmosi”, continua il documento. 

Lo stesso Referto che la Corte dei Conti ha presentato al Parlamento sullo stato di attuazione della digitalizzazione della PA evidenzia come ogni programma di innovazione nella PA sia destinato a fallire senza un adeguato programma di formazione delle competenze digitali dei dipendenti pubblici. Sebbene la partecipazione dei dipendenti della pubblica amministrazione in attività formative in materia di tecnologie dell’informazione e della comunicazione sia dirimente per l’accrescimento delle competenze digitali e conseguentemente si rifletta sul miglioramento della qualità e dell’efficienza dei servizi pubblici, i risultati sono poco incoraggianti, le differenze sono ancora troppe e la strada da percorrere è ancora lunga.  

La partecipazione ad attività formative ICT è alta solo a livello regionale con il 95% e presenta significative differenze geografiche. Si va dall’87,5% tra le Province del Nord-Est e del Nord-Ovest al 66,7% del Centro e al 62,5% del Sud per scendere al 46% nelle Isole. La distribuzione tra i Comuni varia in funzione delle dimensioni attestandosi al 100% solo nei Comuni con oltre 250.000 abitanti e mantenendosi al di sotto al 50% nei Comuni con meno di 20.000 abitanti. Ma, oltre ai numeri, ad essere preoccupante è il fatto che si tratti di una formazione ancora troppo legata agli adempimenti. “In generale, rimangono scarse le attività formative in aree particolarmente importanti quali, per esempio, il cloud computing, l’identità digitale […] o gli open data”, specifica il Referto. 

Nel settore pubblico, inoltre, il capitale umano risulta anziano e poco qualificato: l’età per il 45% dei dipendenti pubblici italiani supera i 54 anni (media OCSE pari al 22%) e solo il 38% del personale pubblico ha un titolo universitario, percentuale che scende al 3% per chi ha conseguito un titolo post-laurea. Dati poco rassicuranti se si aggiunge anche che poco è stato fatto appunto sul fronte degli investimenti in formazione. La nostra annuale ricerca sul Pubblico Impiego, presentata a FORUM PA 2020 di luglio, evidenzia come il tema della formazione sia ancora un tema irrisolto: gli investimenti in questo ambito hanno subito una riduzione lineare negli anni, con una spesa di 48 euro l’anno per dipendente corrispondente a una media di 1,02 giorni di formazione l’anno per ciascun dipendente. In ambito digitale, come riportato nella Strategia nazionale per le competenze digitali la formazione in materia di digitalizzazione ha registrato poco più di 126.000 partecipanti pari a circa il 5% del totale nel 2017.  

Ma la voglia e l’urgenza di formarsi sono state dichiarate apertamente dai dipendenti pubblici, che nel pieno del lockdown hanno approfittato per dedicare tempo alla formazione, specie sul tema dello smart working e su tematiche giuridico-normative (56% degli oltre 4mila dipendenti pubblici della nostra community che hanno partecipato ad aprile al nostro panel “Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza”). 

Trasformazione digitale: competenze manageriali e ruolo dei RTD

A fianco a queste considerazioni occorre aggiungere, inoltre, che la formazione di natura manageriale ha ancora percentuali molto basse. Pianificare, gestire e rendere operativa la trasformazione digitale è impossibile senza adeguate competenze digitali e manageriali. Competenze manageriali vanno infatti a braccetto con quelle digitali, specie per la classe dirigente della PA che fatica ancora molto a riconoscere le opportunità di innovazione apportate dal digitale. La causa va sicuramente ricercata nella “eccessiva focalizzazione – soprattutto nei percorsi di selezione – sulle competenze di tipo giuridico-amministrativo” come sottolinea la Strategia nazionale per le competenze digitali, ma anche nelle limitate occasioni di aggiornamento professionale della stessa classe dirigente, aggiungeremmo noi.

In ultimo non va dimenticato il ruolo fondamentale nella promozione di azioni e iniziative di rafforzamento delle competenze digitali di ciascuna PA che gioca il Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD): un reale percorso di transizione al digitale non può non essere accompagnato da un piano di rafforzamento competenze interne. La formazione all’interno di ciascuna PA deve essere coerente con il piano di digitalizzazione dell’ente e prevedere un investimento serio e ragionato nello sviluppo di competenze digitali di base e specialistiche dei dipendenti pubblici. Purtroppo i pochi passi avanti in formazione su competenze digitali corrispondono, da questo punto di vista, alla grande difficoltà che le PA stanno manifestando nell’individuare figure con competenze e profili adeguati per svolgere il compito di RTD. RTD che non dispongono di adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali previste dalla norma non sono in grado di orientare il rafforzamento delle competenze digitali dei dipendenti e di programmare un corretto passaggio al digitale. 

La nuova Strategia nazionale: cosa prevede

Se questo è la fotografia della nostra PA, la Strategia nazionale per le competenze digitali definisce obiettivi strategici “per uno sviluppo sociale ed economico realizzato attraverso la trasformazione digitale del Paese”: 

  • combattere il divario digitale nella popolazione italiana 
  • sostenere lo sviluppo delle competenze digitali a scuola e nelle università 
  • promuovere lo sviluppo delle competenze chiave per il futuro, delle competenze specialistiche ICT e delle competenze legate alle tecnologie emergenti; 
  • garantire a tutti i lavoratori le competenze digitali per rispondere alle sfide e alle competizioni poste dal mercato del lavoro. 

Per raggiungere questi obiettivi, la Strategia definisce 4 assi di intervento: 

  • Istruzione e formazione superiore – sviluppare le competenze digitali nella scuola da una parte con corpo docente aggiornato e al passo con le nuove competenze digitali e dall’altra con iniziative per sviluppare competenze che serviranno ai giovani per affrontare il mercato del lavoro; 
  • Cittadini – sviluppare le competenze digitali necessarie a esercitare una cittadinanza piena consapevole e digitale; 
  • Forza lavoro attiva – agire per aumentare le competenze digitali dei lavoratori pubblici e privati; 
  • Competenze specialistiche ICT – individuare e rafforzare le competenze tecnologiche utili per i lavori del futuro e per i nuovi mercati, che si modificano sempre più frequentemente e velocemente a seguito della trasformazione digitale e tecnologica[1]

Nuove skills per nuove assunzioni

Rispetto agli ultimi due punti, alcuni passi si stanno muovendo. Il Ministro per la Pubblica Amministrazione e il Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione hanno sottoscritto un protocollo per un approccio strutturale alle competenze digitali nella PA che le considera requisiti fondamentali per chi già lavora nella pubblica amministrazione e per chi entrerà a farne parte. I concorsi recentemente pubblicati e di prossima pubblicazione, come ha ribadito il Ministro Dadone, contemplano la valutazione della conoscenza delle tecnologie informatiche nonché delle competenze digitali volte a favorire processi di innovazione amministrativa e di trasformazione digitale della pubblica amministrazione. Un importante cambio di passo che segna un nuovo approccio al reclutamento dei dipendenti pubblici finalizzato non solo a sostituire i numeri del personale dipendente prossimamente in uscita, ma soprattutto a inserire nuove skills a fronte di valutazioni qualitative sul fabbisogno di competenze e di profili necessari. 

Agire sulle procedure concorsuali è sicuramente importante, ma le competenze vanno “manutenute” e aggiornate anche una volta dentro la PA. È qui che allora bisogna continuare sulla strada del rafforzamento delle competenze digitali e specialistiche di chi è in organico. Strada tracciata dal progetto Competenze digitali per la PA del Dipartimento della Funzione Pubblica, avviato nel maggio 2019 e attualmente nella fase pilota con un gruppo di Amministrazioni selezionate, e dal Syllabus delle Competenze Digitali, ovvero il documento che descrive il set minimo di conoscenze e abilità che ogni dipendente pubblico dovrebbe possedere per partecipare attivamente alla trasformazione digitale della propria amministrazione della PA italiana in generale.

Su questo fronte FPA ha messo a punto un percorso dedicato di formazione sulle competenze digitali che risponde agli obiettivi di apprendimento e alle aree di competenza del Syllabus, disponibile sulla piattaforma FPA Digital School e articolato in corsi di e-learning per il livello base e appuntamenti formativi da organizzare sulla base delle esigenze delle singole PA per i livelli intermedio e avanzato. FPA accompagnerà amministrazioni come Regione Lazio, INAIL e Roma Capitale in questo percorso di rafforzamento delle competenze digitali. 

Il contesto europeo e l’“European Skills Agenda”

La riflessione sulle competenze (e sulle competenze digitali in particolare) e il percorso della Strategia italiana si inseriscono in un contesto europeo che chiama a investire fortemente proprio sulle persone, mettendole al centro delle politiche per guidare una ripresa sostenibile dopo la pandemia da Coronavirus. È in questo contesto che, il primo luglio scorso, la Commissione europea ha presentato la “European Skills Agenda”, una nuova “Agenda per le competenze per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza”. Un documento che, richiamando il diritto alla formazione e all’apprendimento permanente sancito dal primo pilastro dei diritti sociali europei[2] fissa obiettivi quantitativi ambiziosi per il miglioramento delle competenze esistenti e la riqualificazione (formazione in nuove competenze) da raggiungere entro i prossimi 5 anni.

Le 12 azioni previste dalla “European Skills Agenda” si concentrano sulle competenze per l’occupazione, la competitività sostenibile e l’equità sociale, precisando che gli Stati membri, le imprese e le parti sociali devono lavorare insieme per il cambiamento, utilizzando il bilancio dell’UE come catalizzatore per sbloccare gli investimenti pubblici e privati in questo ambito. Insomma, le competenze delle persone rappresentano l’investimento primario e imprescindibile per tutte le politiche di crescita.

Il contesto di riferimento è, come abbiamo detto, quello della crisi post-pandemica, ma non solo: a monte c’è la “transizione verde e digitale” (ne abbiamo parlato di recente con il Prof. Luciano Floridi nel corso di un’intervista curata da Gianni Dominici e di un convegno a FORUM PA 2020 di luglio), una sfida già presente (che la pandemia ha solo ulteriormente accelerato), citata esplicitamente da Nicolas Schmit, Commissario per l’Occupazione e i Diritti Sociali, in occasione della presentazione della “European Skills Agenda”. Schmit ha detto infatti: “La competenza della nostra forza lavoro è una delle nostre risposte centrali alla ripresa e fornire alle persone la possibilità di costruire le competenze di cui hanno bisogno è fondamentale per prepararsi alle transizioni verdi e digitali. Offre a tutti la possibilità di beneficiare di nuove opportunità in un mercato del lavoro in rapida evoluzione “.

Avere le giuste competenze digitali è quindi indispensabile non solo per rispondere alle emergenze (pensiamo all’utilizzo diffuso e forzato dello smart working e della didattica a distanza durante la pandemia), ma anche per adattarsi a un mercato del lavoro che cambia, per informarsi correttamente e per accedere ai servizi sempre più avanzati messi a disposizione dalle amministrazioni e dai privati. Insomma, i temi che entrano in gioco sono le nuove sfide professionali, l’inclusione sociale, la competitività, il rapporto tra PA e cittadini.

L’European Skills Agenda è strettamente collegata all’European Green New Deal, alla nuova European Digital Strategy e alla Comunicazione “SME Strategy for a sustainable and digital Europe” in quanto le competenze sono elementi centrali per il loro successo. E si deve collocare all’interno del più ampio Next Generation UE, il piano di finanziamenti europei per fronteggiare l’emergenza economica e sociale causata dalla pandemia. L’Agenda sottolinea, infatti, che “i piani nazionali di ripresa e resilienza che gli Stati membri prepareranno per accedere ai finanziamenti di questo strumento dovrebbero riflettere le competenze come priorità per la programmazione” e si chiude con un invito esplicito agli Stati membri (e a tutti i soggetti pubblici e privati chiamati a partecipare a questa vera e propria “skills revolution”) a sfruttare appieno le opportunità senza precedenti offerte da Next Generation EU per realizzare gli obiettivi fissati dal nuovo documento. Tra gli obiettivi fissati dall’Agenda, ne citiamo uno specificamente focalizzato sulle competenze digitali, in cui si parla di 230 milioni di adulti che entro il 2025 dovrebbero avere almeno competenze digitali di base. Un numero che corrisponde al 70% della popolazione adulta nell’UE (oggi la percentuale di chi le possiede è del 58% come media europea e del 42% in Italia, secondo il DESI 2020).

Ora la Strategia italiana per le competenze digitali si dovrebbe collocare proprio all’interno del percorso delineato dall’Agenda europea. Inoltre il governo italiano ha inserito nelle Linee Guida per il Recovery Plan italiano un cluster dedicato proprio a “Istruzione, formazione e ricerca”. Infine, ricordiamo che nell’aprile scorso il Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, ha lanciato, nell’ambito dell’iniziativa Repubblica digitale, la Coalizione nazionale italiana che aderisce alla “Coalizione per le competenze e le professioni digitali”, una delle dieci iniziative chiave introdotte nel 2016 dalla Commissione europea per rispondere al bisogno sempre crescente di competenze digitali.

Segnali incoraggianti quindi? In attesa di vedere il Piano Operativo, attualmente in fase di elaborazione, che verrà associato alla Strategia per le competenze digitali e di leggere il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il nostro Paese presenterà alla Commissione europea, il dibattito è aperto e lo porteremo anche al prossimo FORUM PA Restart Italia, in programma dal 2 al 6 novembre.


[1] La ricerca McKinsey Global Institute “The future of work in Europe. Automation, workforce transitions, and the shifting geography of employment” recentemente pubblicata evidenzia come “More than half of Europe’s workforce will face significant transitions. Automation will require all workers to acquire new skills. About 94 million workers may not need to change occupations but will especially need retraining, as technology handles 20 percent of their current activities”. 

[2] Education, training and life-long learning: “Everyone has the right to quality and inclusive education, training and life-long learning in order to maintain and acquire skills that enable them to participate fully in society and manage successfully transitions in the labour market”

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