EDITORIALE

Da Chronos a Kairos: ovvero dalla routine all’innovazione

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Abbiamo bisogno di organizzazioni pubbliche e private che siano in linea con la realtà sempre più complessa in cui operano, sviluppando capacità di reazione e di adattamento per rispondere con prontezza ai bisogni delle persone, delle famiglie e delle imprese. In questo contesto un ruolo centrale è ricoperto dalla “dimensione tempo”, ancora fortemente condizionata da  retaggi culturali industriali per cui viene concepito come una risorsa lineare e prevedibile da poter “piegare” secondo le proprie esigenze. Dovremmo invece riflettere su alcuni aspetti critici, come il mito del multitasking o l’espansione del tempo dedicato al lavoro. Un’articolata riflessione sul tema del time management

28 Febbraio 2025

Gianni Dominici

Amministratore Delegato FPA

Foto di Agê Barros su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/un-primo-piano-di-un-quadrante-dargento-rBPOfVqROzY

Abbiamo appurato che abbiamo bisogno di organizzazioni pubbliche e private che siano in linea con la realtà sempre più complessa nelle quali operano, sviluppando capacità di reazione innovative di adattamento per rispondere con prontezza ai bisogni delle persene, delle famiglie e delle imprese.

Per adottare soluzioni innovative abbiamo bisogno che si diffonda la cultura del pensiero aperto e del pensiero creativo, attività che non possono scaturire spontaneamente all’interno di strutture gerarchiche e burocratiche ma che hanno bisogno di un profondo cambiamento culturale e di metodologie condivise ma, soprattutto, delle giuste risorse in termini di tempo a loro dedicato. Purtroppo, la dimensione tempo, nelle diverse organizzazioni pubbliche e private, è ancora fortemente condizionata da retaggi culturali industriali per cui viene concepito come una risorsa lineare e prevedibile da poter “piegare” secondo le proprie esigenze.  Un approccio che continua ad alimentare falsi miti come quello della capacità dell’essere umano di pensare più cose contemporaneamente dedicandosi al multitasking e pretendendo di essere sempre connessi. Tuttavia, le ricerche dimostrano che il cervello umano non possiede l’architettura neurocognitiva per svolgere due o più compiti contemporaneamente. Di conseguenza, ogni volta che facciamo multitasking non aumentiamo affatto la nostra produttività ma, al contrario, rallentiamo il cervello con delle conseguenze dirette negative sui risultati. E questo per tre fenomeni collegati tra di loro:

  • il cosiddetto switch cost, ovvero il dispendio di energia necessario per la nostra mente per riconfigurarsi ogni volta sull’attività in corso, interrotta magari qualche minuto prima. Tutto questo finisce per rallentarci e per peggiorare le nostre performance;
  • il cosiddetto “effetto incasinamento”, ovvero la confusione tra le cose che il cervello fa e il conseguente aumento della probabilità di inciampare in errori e sviste;
  • l’assenza di spazi vuoti e zone franche, ovvero di momenti in cui il nostro cervello semplicemente non è impegnato a fare qualcosa. Questi momenti sono cruciali per il ripensamento, l’approfondimento e la connessione tra le informazioni acquisite in precedenza. Senzaquesta rielaborazione saremo meno capaci di esprimere innovazione e creatività.

Ecco un’articolata riflessione sul tema del time management in tre puntate, uscite sul mio profilo LinkedIn:

Il mito del multitasking, una minaccia all’innovazione

Il tempo di lavoro: un’espansione infinita

La gestione del tempo come stile di vita

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