EDITORIALE
Divario di genere. I numeri parlano chiaro: servono azioni urgenti e di ampio respiro
Bassa occupazione femminile, divari salariali, scarsa partecipazione alla politica e poca presenza nelle posizioni di vertice sia nel mondo pubblico che nel privato, poche lavoratrici nelle professioni Stem. Nei giorni scorsi diversi studi e ricerche hanno riportato l’attenzione sul tema della parità di genere e sui numeri poco confortanti che riguardano il nostro Paese. Dal Global Gender Gap Report del World Economic Forum alla Banca d’Italia, passando per i dati diffusi da Openpolis, sono tanti gli spunti di riflessione da cui partire
30 Giugno 2023
Michela Stentella
Direttrice testata www.forumpa.it
Nei giorni scorsi diversi studi e ricerche hanno riportato l’attenzione sul tema della parità di genere e sui numeri poco confortanti che riguardano il nostro Paese.
Il Global Gender Gap Report 2023
Partiamo dai dati del Global Gender Gap Report 2023, diffuso il 20 giugno scorso: l’Italia nell’ultimo anno ha perso ben 16 posizioni nella classifica stilata dal World Economic Forum, scendendo dal 63esimo al 79esimo posto su 146 Paesi. L’indice, nato nel 2006, misura annualmente l’evoluzione della parità di genere a livello mondiale su 14 indicatori per quattro dimensioni chiave: partecipazione economica e opportunità; livello di istruzione; salute e sopravvivenza; empowerment politico. Lo fa assegnando punteggi su una scala da 0 a 100: la percentuale ottenuta rappresenta la percentuale del divario di genere che è stata colmata.
L’obiettivo del report è supportare l’identificazione delle politiche più efficaci per colmare i divari di genere nei diversi Paesi. Ma la strada appare davvero ancora molto in salita: stando ai progressi registrati, infatti, per raggiungere la parità di genere a livello globale dovremo attendere il 2154, quindi ben 131 anni. La metà invece se guardiamo solo all’Europa, che al ritmo attuale dovrebbe raggiungere l’obiettivo in 67 anni, comunque molti e, tra l’altro, 7 anni in più rispetto alle previsioni dello scorso anno.
Tornando all’Italia, a pesare maggiormente sul risultato è la partecipazione e la rappresentanza delle donne in politica, con una percentuale molto bassa (del 24,1%) e il 64esimo posto in classifica (dal 40esimo dello scorso anno). Va evidenziato che, anche a livello globale. l’empowerment politico è l’ambito che continua a registrare il maggior divario di genere, con solo il 22,1% di percentuale nell’indice generale e la maggiore differenza di punteggio tra i Paesi.
Nell’ambito della partecipazione e opportunità economiche siamo saliti dalla posizione 110 alla 104, ma si tratta comunque della parte più bassa del ranking, con una percentuale del 60,1%. Scendiamo di una posizione (60esimi) nell’ambito istruzione (con una percentuale del 99,5%), mentre l’ambito della salute è l’unico positivo, perché saliamo dalla posizione 108 alla 95 con una percentuale del 96,7%.
Sono temi centrali non solo perché impattano sui diritti delle persone, ma per le ripercussioni che hanno sull’economia. Come ricordato nello stesso Report, infatti, colmare il divario di genere è fondamentale per garantire una crescita economica inclusiva e sostenibile e “aumentare la partecipazione economica delle donne e raggiungere la parità di genere nelle posizioni di leadership, sia nel mondo degli affari che nel governo, sono due leve chiave per affrontare i più ampi divari di genere nelle famiglie, nelle società e nelle economie”. Occorre quindi “un’azione collettiva, coordinata e coraggiosa da parte dei leader del settore pubblico e privato”.
La parità di genere al vertice della PA: i dati di Openpolis
Parlando di leadership, nei giorni scorsi è stato diffuso anche un report di Openpolis, che sottolinea come negli ultimi anni si sia ridotto il numero di donne in posizioni apicali nella pubblica amministrazione. In particolare, Openpolis analizza la quota di donne che ricopre incarichi apicali presso i ministeri e la presidenza del consiglio (capi dipartimento, direttori generali e segretari generali). Ecco alcuni numeri: a oggi le donne in carica in queste posizioni apicali sono 37 su un totale di 122, pari al 30,3% contro il 41,4% del 2019. La presenza femminile nelle posizioni di vertice si è ridotta in 9 strutture (su un totale di 15) fra ministeri e presidenza del consiglio e in quasi tutti i ministeri in cui è rimasta stabile o è cresciuta, la presenza femminile resta comunque molto limitata. In pratica, sottolinea Openpolis, “meno di un terzo delle posizioni più importanti della pubblica amministrazione è occupato da una donna”, sotto il 40% che “è generalmente considerata la quota entro la quale è garantito almeno in parte l’equilibrio di genere”. Openpolis è tra le fonti che avevamo utilizzato nel marzo scorso per realizzare la nostra analisi sulla presenza femminile nella PA che trovate qui.
“Women, labour markets and economic growth”: il Rapporto della Banca d’Italia
E ancora, guardando più in generale al mercato del lavoro italiano, il divario di genere è ancora molto alto. Il tasso di occupazione femminile in Italia (dati 2022) è del 51,1% (ben 18 punti percentuali in meno rispetto a quello degli uomini) e le retribuzioni orarie sono più basse in media dell’11%: lo evidenzia la Banca d’Italia nel rapporto “Women, labour markets and economic growth” presentato il 22 giugno scorso. Le donne che lavorano, inoltre, ricorrono al part time molto più degli uomini (31,7% contro 7,7%). Una scelta? Sembrerebbe di no, dato che una lavoratrice su due sarebbe disponibile a lavorare a tempo pieno. Ma da dove nascono queste differenze? Secondo il rapporto della Banca d’Italia il primo elemento a pesare è la scelta dei percorsi scolastici, dato che le ragazze scelgono più dei ragazzi indirizzi associati a minori possibilità di impiego e a minori retribuzioni. Pesa poi la difficoltà a conciliare vita lavorativa e familiare, per cui dopo la nascita dei figli ancora oggi molte donne lasciano il posto di lavoro o chiedono il part-time. Infine, le progressioni di carriera sono più lente e ci sono molte meno donne in posizione di vertice.
Il tema dei percorsi di studio ricordato dalla Banca d’Italia non è un dettaglio. Lo stesso Global Gender Gap Report 2023 evidenzia ad esempio, a livello mondiale, una bassa presenza di lavoratrici nelle professioni scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (sono solo il 29,2% di tutti i lavoratori Stem) e in particolare evidenzia la criticità di questa disparità nel settore dell’intelligenza artificiale. Non si tratta, infatti, solo di lavori meglio remunerati e con ottime prospettive per il futuro, ma nel caso dell’AI le implicazioni sono molto più ampie, perché “quando le prospettive, le esperienze e le intuizioni delle donne non vengono adeguatamente incorporate nello sviluppo e nell’implementazione dell’AI, è possibile che si perpetuino algoritmi e tecnologie distorte, con il rischio di soluzioni distorte e non ottimali alle sfide emergenti“.
Di questo aspetto abbiamo parlato recentemente in due momenti: in un’intervista nella web tv di FORUM PA 2023 con Federica Meta, redattrice di CorCom e conduttrice della rubrica podcast per RadioActiva “WOW – Women on Web” insieme a Francesca Pucci, dedicata al digitale da un punto di vista femminile; e con Tiziana Catarci, Direttrice Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale A.Ruberti, Sapienza Università di Roma, nella quarta puntata del nostro video podcast “FORUM PA PLAY”. In particolare Catarci ha sottolineato che “bisognerebbe iniziare dalle scuole elementari a introdurre il pensiero computazionale per avvicinare ragazze e ragazzi alle discipline STEM. Noi abbiamo purtroppo una carenza di competenze in questo settore, dall’università escono troppo pochi laureati e soprattutto pochissime laureate. Questa è una grande perdita per tutti, non solo per le donne. C’è una società nuova disegnata dal digitale e se è disegnata solo dagli uomini si perpetuano tutti i pregiudizi che vengono dai dati con cui sono addestrati gli algoritmi, che portano con sé la scarsa rappresentazione di genere, ma anche di classi sociali, etnie, e così via”.
Agli stereotipi di genere e al rapporto tra istruzione delle ragazze e opportunità occupazionali è stata dedicata anche la puntata di maggio del podcast dell’Istat “Dati alla mano”. Ecco cosa emerge dall’analisi dei dati: le ragazze a scuola hanno migliori risultati dei coetanei maschi, è più alta la percentuale di passaggio dalla scuola superiore all’università e più bassa la quota di abbandono scolastico. Ma il vantaggio si ferma lì, all’istruzione, e non diventa vantaggio occupazionale. Anche a parità di laurea STEM, tasso d’occupazione e retribuzione delle donne restano inferiori. I tassi d’occupazione femminile cambiano secondo il ruolo in famiglia, per cui le single – a parità di altre condizioni – sono le uniche ad avere tassi analoghi a quelli dei coetanei, mentre scendono per le donne in coppia e crollano per quelle in coppia con figli. E l’indagine sull’uso del tempo ci dice che quando nella coppia arriva un figlio, per il padre l’impegno familiare – cura del bambino e lavoro domestico in genere – aumenta in media di mezz’ora, per la madre aumenta di due ore e mezza. Allora c’è molto cammino da fare ed è cruciale lavorare sull’educazione delle nuove generazioni.
Conclusioni
Insomma, tutti i report a cui abbiamo accennato (e che potete approfondire integralmente nelle pagine linkate) ci portano a riflettere sulla complessità e sull’urgenza del fenomeno e sulla necessità di attivare politiche coordinate e di ampio respiro: azioni di contrasto agli stereotipi (in famiglia, a scuola, nel linguaggio che utilizziamo, nei modelli che proponiamo a bambine e ragazze, etc); azioni per favorire la presenza femminile in posizioni di vertice (nel pubblico e nel privato); sostegno per un maggior utilizzo del congedo parentale da parte dei padri; politiche di potenziamento dei servizi per le famiglie. E a tal proposito, non è rassicurante il fatto che proprio la misura del PNRR sul potenziamento dell’offerta educativa 0-6 anni (che prevede circa 265mila nuovi posti tra asili nido e scuole dell’infanzia entro la fine del 2025) sia tra quelle in difficoltà: entro oggi, 30 giugno, si dovevano assegnare tutte le gare di appalto per la costruzione, riqualificazione e messa in sicurezza, ma a quanto riporta oggi La Repubblica saremmo fermi all’80% come percentuale di assegnazione dei lavori. Una misura che fin dall’inizio ha incontrato diverse difficoltà e ritardi ma che non possiamo permetterci di fallire.
Per approfondire
I report citati nell’articolo
- Il Global Gender Gap Report 2023 e Focus sull’Italia
- Il Rapporto della Banca d’Italia “Women, labour markets and economic growth”
- Openpolis – Mappe del potere: La parità di genere al vertice dei ministeri
- Donne nella PA: l’analisi di FPA (febbraio 2023)
I focus a FORUM PA 2023
Le Academy di formazione
- Lavoro, linguaggio e discriminazioni. Quali le aree di intervento nella PA utili ad eliminare le disuguaglianze? A cura di Virginia Ciaravolo, Psicoterapeuta – criminologa
- La dimensione polifunzionale delle Pari Opportunità nella Pubblica Amministrazione. Un aspetto imprescindibile anche per il benessere organizzativo. A cura di Oriana Calabresi, Magistrato e Coordinatrice – Rete Nazionale dei Comitati Unici di Garanzia e Antonella Ninci, Avvocato e Coordinatrice – Rete Nazionale dei Comitati Unici di Garanzia
- Parità di genere e coesione sociale nelle esperienze territoriali. A cura di Dora Iacobelli, Coordinatrice Gruppo di lavoro ASviS Goal 5 e di Simona Lembi, Responsabile Piano per l’eguaglianza di genere della città Metropolitana di Bologna
- Empowerment per la gestione della diversity. Quando la formazione non basta. A cura di Giusi Miccoli, Strategic Advisor nelle politiche per lo sviluppo del personale
Talk e Rubriche PA
- VALORI E VALORE NELLA PA. Il ruolo strategico della rete dei Comitati unici di garanzia, organizzato dalla Rete Nazionale dei CUG. L’incontro ha offerto spunti di riflessione sul ruolo strategico che possono assumere i Comitati Unici di Garanzia, organismi previsti per legge in ogni amministrazione pubblica, nel favorire la creazione del valore pubblico nella PA. Si è parlato di: pari opportunità (certificazione di genere – gender pay gap – conciliazione), di contrasto al fenomeno del mobbing e prevenzione di ogni forma di molestia o violenza; valore pubblico e benessere organizzativo (PIAO e piani triennali azioni positive); valore dei Comitati Unici di Garanzia e della rete nazionale dei CUG. Su tutti prevale il valore delle persone e del loro lavoro.
- Fare rete per abbattere le disuguaglianze: il futuro passa da qui. I divari sociali e territoriali impattano ancora moltissimo su fenomeni come l’abbandono scolastico e sulle possibilità lavorative e di crescita professionale, contribuendo ad alimentare il circolo vizioso tra povertà economica e povertà educativa. A questo quadro, tra l’altro, va aggiunto il divario di genere, che si intreccia con tutti gli altri, e che guardando al mondo della formazione e del lavoro pesa soprattutto nelle materie STEM e nei settori più innovativi. Ma qualcosa si muove, soprattutto a partire dai territori, dove reti vitali di associazioni del terzo settore, cittadinanza attiva, scuole, pubbliche amministrazioni e imprese, lavorano insieme per portare avanti progetti e percorsi di lotta concreta alle disuguaglianze. In questo appuntamento reti di associazioni del terzo settore – ActionAid, Save the Children Italia, Fondazione Mondo Digitale – si sono incontrate per raccontare alcune di queste storie e comprendere i fattori su cui agire per portare un reale cambiamento.
- Il PNRR e le pari opportunità: la certificazione della parità di genere alle imprese. Durante l’evento è stato presentato il Sistema nazionale di certificazione della parità di genere alle imprese, intervento finanziato dal PNRR a titolarità del Dipartimento per le pari opportunità, volto ad accompagnare le imprese nella riduzione dei divari di genere in tutte le aree più critiche per la crescita professionale delle donne.
- Famiglia e lavoro: una conciliazione possibile. Le azioni del Dipartimento per le politiche della famiglia per armonizzare i tempi di vita e lavoro. In materia di conciliazione famiglia-lavoro tra le principali iniziative intraprese dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri figurano, a partire dal 2010, la diffusione dello standard “Family Audit”, uno strumento di certificazione che qualifica un’organizzazione come attenta a favorire il bilanciamento degli impegni vita-lavoro, e il progetto ReFlex, iniziato nel 2020, ideato e coordinato in partenariato con l’Istituto per la ricerca sociale – Irs e il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi ROMATRE.
Il Pn Giovani donne e lavoro: idee a confronto. Le priorità e i temi chiave del nuovo Programma nazionale Fse+ a titolarità di Anpal sono stati al centro di questo incontro finalizzato anche ad aprire un confronto costruttivo con gli stakeholder.
Le interviste nella web TV FORUM PA POP
- Intervista a Linda Laura Sabbadini, Capo Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica dell’Istat, che ha guidato nel 2021 il confronto del Women20, l’engagement group del G20 composto da donne rappresentanti dei venti paesi che producono l’80% del PIL mondiale
- Intervista a Tiziana Pompei, Vicesegretario generale di Unioncamere, e Roberta Cocco, Esperta di Trasformazione Digitale ed Empowerment femminile. Nel corso dell’intervista abbiamo parlato della situazione delle imprese femminili in Italia, del rapporto tra donne e tecnologia, della carenza di donne all’interno dei percorsi di studio tecnico-scientifico, della necessità di introdurre la cultura IT nella scuola.
- Intervista su Intelligenza artificiale, bias di genere, sfide e opportunità etiche associate alla tecnologia, con Federica Meta, Redattrice CorCom, testata del Gruppo Digital 360, e con Giorgio Taverniti, uno degli ideatori del Festival WMF – We Make Future
- Intervista ad Alessia Ruzzeddu, Responsabile Welfare, Diversity Equity Inclusion and Culture Management presso Autostrade per l’Italia. Un focus sul ruolo del diversity manager nel supportare la trasformazione culturale aziendale e accelerarla con una nuova visione che metta al centro le persone