EDITORIALE
Formati ma anche motivati, per gestire la PA del futuro
La pubblica amministrazione si trova ad affrontare una sfida senza precedenti: essere protagonista della fase di ricostruzione e di crescita del paese. Sarà in grado di farlo? Sì, ma ad una condizione: che le persone vengano messe al centro di questo processo, il che non significa solo assumere e abbassare l’età media dei dipendenti pubblici, ma anche e soprattutto promuovere una nuova cultura e un nuovo approccio basato sul raggiungimento degli obiettivi. Ecco perché a FORUM PA 2022 abbiamo voluto due speaker motivazionali: Paola Gianotti, atleta, coach, ciclista di endurance e detentrice di quattro Guinness world record e Mauro Berruto, con un passato di commissario tecnico della nazionale maschile di pallavolo. Siamo certi che la loro esperienza sarà di ispirazione per tutti noi
4 Maggio 2022
Gianni Dominici
Amministratore Delegato FPA
Nel programma di FORUM PA di quest’anno ci sono due ospiti “anomali” rispetto ai normali frequentatori della manifestazione: Paola Gianotti, atleta, coach, ciclista di endurance e detentrice di quattro Guinness world record e Mauro Berruto, con un passato di commissario tecnico della nazionale maschile di pallavolo.
Perché, due speaker motivazionali? Perché la pubblica amministrazione si trova ad affrontare una sfida senza precedenti: essere protagonista della fase di ricostruzione e di crescita del paese. La domanda che ci si ripete spesso è se le nostre istituzioni, nazionali e locali, sono in grado non solo di affrontare questa situazione di emergenza, ma di governare il nostro futuro. La risposta è sì, ma ad una condizione: che le persone vengano messe al centro di questo processo, fornendo loro il ruolo, le competenze ma, soprattutto, le giuste motivazioni.
Purtroppo le condizioni di partenza non sono promettenti. Sulle condizioni di salute nella nostra macchina pubblica valgono le considerazioni che possiamo fare a fronte della nostra ultima “radiografia annuale” realizzata in occasione della consueta indagine sul Lavoro pubblico (a proposito stiamo già lavorando all’edizione di quest’anno, che sarà pronta in occasione di FORUM PA): il numero totale di dipendenti pubblici all’inizio del 2021 è di 3.212.450. La PA ha dunque toccato a fine 2020 il suo minimo storico degli ultimi 10 anni. Inoltre, la PA continua ad invecchiare: gli over 60 nelle nostre pubbliche amministrazioni rappresentano il 16,3% del personale complessivo, mentre gli under 30 appena il 4,2%, dovuto alla loro presenza nei Corpi di polizia e nelle Forze armate. Sono oltre 500.000 quelli che ad oggi hanno oltre 62 anni e superano i 183mila quelli che hanno oltre 38 anni di anzianità maturata in servizio nella sola PA.
Sulla formazione dei dipendenti pubblici l’Italia continua a investire poco. Nel 2019, l’ultimo anno fotografato dalla Ragioneria Generale dello Stato, l’investimento complessivo è stato di 163,7 milioni di euro, 110 milioni in meno rispetto a dieci anni fa, che corrispondono a una media di 1,2 giorni di formazione l’anno. I laureati nella PA sono il 41,5%, cresciuti del 21,5% negli ultimi 10 anni, ma con un predominio di giuristi: tre su dieci sono laureati in giurisprudenza, il 17% in economia, il 16% in scienze politiche o sociologia. Secondo i dati Istat la formazione è soprattutto su competenze tecnico specialistiche (45,2% dei partecipanti) e giuridico-normativa (30,9%), mentre solo una minoranza ha svolto corsi per accrescere competenze digitali (5%) o di project management (2,3%).
Il tema del capitale umano, delle persone è e rimane centrale per rifondare la nostra pubblica amministrazione. Non si tratta, però, solamente di rifornire gli organici e di abbassare l’età media, ma soprattutto di portare dentro le PA una nuova cultura basata sul raggiungimento degli obiettivi anche attraverso soluzioni innovative.
Un nuovo approccio che si può conseguire intervenendo sulle competenze abilitanti quali quelle digitali e trasversali ma anche e soprattutto sugli aspetti motivazionali. Al contrario, infatti, si rischia di subire l’inerzia della resistenza al cambiamento e il prevalere di un atteggiamento diffuso di disimpegno tipico del concetto del “discretionary effort” per cui le persone anche talentuose nell’organizzazione si adattano nel tempo a soddisfare le richieste minime (have to) quando non si sentono coinvolte e motivate (disengaged) invece che inseguire le proprie potenzialità e aspirazioni iniziali (want to). Lo sforzo discrezionale, lo dice la parola stessa, è quell’impegno in più che solo la motivazione può portare a compiere. La capacità del leader è (anche) quella di portare i collaboratori a desiderare di dare il proprio contributo con il massimo dell’impegno possibile.
Nel contesto del lavoro pubblico diverse sono le minacce, endogene ed esogene, tali da ridurre la propensione al cambiamento e all’innovazione.
La prima è la “minaccia dello stereotipo” che in psicologia sociale spiega il basso rendimento e motivazione di quelle categorie sociali afflitte da uno stereotipo sociale negativo. Ancora troppo spesso il lavoratore pubblico viene additato, dall’opinione pubblica alimentata purtroppo anche da commenti politici, come privilegiato e poco propenso all’impegno professionale. Quella cultura del fannullone che spesso demotiva coloro professionalmente impegnati nella propria missione e allontana i talenti in cerca di contesti abilitanti.
La seconda minaccia proviene dall’interno delle istituzioni stesse, quando predomina ancora una cultura basata sul determinismo normativo, su una organizzazione rigida degli orari di lavoro, sulla valutazione centrata sulle procedure, sulla scarsa valutazione della creatività e dell’innovazione, sulla frammentazione delle responsabilità. È il contesto ideale che alimenta il “pregiudizio sullo status quo (status quo bias)” quale errore cognitivo che consiste nella preferenza per la situazione attuale rispetto ad altre possibili e dà vita a quello che noi di FPA definiamo “burocrazia difensiva”, per cui ci nasconde dietro ai “si è sempre fatto così” per timore di affrontare il cambiamento.
La terza minaccia proviene dall’esterno ed è prettamente riferita alla congiuntura presente. È la sensazione di apatia, di vuoto, di mancanza di motivazione che molti lamentano come conseguenza di questo periodo pandemico. È quello che lo psicologo Adan Grant ha chiamato languishing descrivendolo come il fenomeno che “offusca la vostra motivazione, interrompe la vostra capacità di concentrazione e triplica le probabilità di ridurre l’efficienza di lavoro. È come se steste guardando la vostra vita da un finestrino appannato. Il languishing spegne le vostre motivazioni e distrugge la vostra voglia di fare”.
Un percorso di miglioramento organizzato non può che non passare per la valorizzazione del capitale umano tramite una spinta motivazionale che renda i dipendenti pubblici protagonisti di questa particolare fase storica. Per far questo è necessario creare le condizioni di quella che nel 1975 lo psicologo Mihály Csíkszentmihályi ha chiamato il “flow”, la teoria del flusso diffusa in vari campi di applicazione della psicologia, come lo sport e l’istruzione. Questa condizione è caratterizzata da un totale coinvolgimento dell’individuo: focalizzazione sull’obiettivo, motivazione intrinseca, positività e gratificazione nello svolgimento di un particolare compito. Affinché questo avvenga bisogna trovare il giusto equilibrio tra percezione del proprio livello di abilità e complessità dei task che ci vengono assegnati.
In questo contesto collochiamo gli interventi di Gianotti e Berruto, con la speranza che la loro esperienza sia di ispirazione per tutti noi.
Non perdere i due keynote speech a FORUM PA 2022: iscriviti all’Arena del 14 giugno per ascoltare Mauro Berruto e all’Arena del 17 giugno per ascoltare Paola Gianotti!
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