Lavorare con il futuro per cambiare il presente: il ruolo dei decisori e della prospettiva anticipante

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Viviamo in una fase di cambiamenti sempre più veloci e questo richiede di adottare nuovi strumenti di lavoro, che ci aiutino a capire in anticipo le sorprese positive o i problemi che dovremo affrontare. Occorre sviluppare capacità e prospettive anticipanti, a lungo termine, per comprendere e gestire i rischi naturali e prevenire, proteggere e preparare le persone. E, sostenendo la tesi del futuro come luogo di scenari inediti e radicali novità, trasformare il ruolo dei decisori, che devono costruire il presente come luogo in cui sperimentare ciò che al momento non-è-ancora-possibile

28 Aprile 2022

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Roberto Poli

Cattedra UNESCO sui sistemi anticipanti

Photo by Benjamin Davies on Unsplash - https://unsplash.com/photos/JrZ1yE1PjQ0

Terza puntata della rubrica mensile in collaborazione con ASviS, l’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Dedichiamo questo contributo al tema della prospettiva anticipante come approccio per cui i futuri possibili entrano nel processo decisionale, consentendo di superare la visione a breve termine per visualizzare scenari futuri come fonte di nuove possibilità per il presente.


In Italia l’ambito degli Studi di futuro non ha mai goduto di grande popolarità, nonostante alcuni dei primi grandi classici del settore, quali ad esempio L’arte della congettura di Bertrand de Jouvenel (de Jouvenel, 1967), siano stati tradotti in italiano già negli anni ’60 e nonostante in Italia abbiano operato alcune figure di rilievo per gli studi di futuro quali Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma (di Peccei si può vedere l’autobiografia: Peccei, 2014), ed Eleonora Masini, che ha insegnato all’Università Gregoriana di Roma ed è stata per quasi dieci anni presidente della Federazione mondiale degli studi di futuro (World Futures Studies Federation, WFSF).

Perché dovremmo occuparci esplicitamente di futuro?

La risposta breve, quasi una battuta, è che dovremo trascorrervi il resto della nostra vita. Al di là delle risposte facili, la ragione vera è che viviamo in una fase di cambiamenti sempre più veloci: l’accelerazione dei cambiamenti richiede di adottare nuovi strumenti di lavoro che ci aiutino a capire in anticipo le sorprese positive o i problemi che dovremo affrontare. Lavoriamo con il futuro per non farci trovare impreparati e per poter usare le opportunità che dovessero presentarsi (Poli, 2019).

Il primo passo per prepararci al futuro è incominciare a pensare ad esso. Non solo, però: dobbiamo anche discuterne. Il tema del futuro deve diventare un argomento ordinario di conversazione in azienda, nelle istituzioni, nelle comunità. Parlare e discutere del futuro – meglio: dei futuri possibili – permette di trovare punti di convergenza sui valori a cui attenersi e sulle decisioni operative da prendere.

Le competenze del “futurista” a sostegno delle organizzazioni

Per pensare e discutere insieme del futuro in modo sensato dobbiamo però anche saperne qualcosa. Ma come possiamo conoscere qualcosa su situazioni che non si sono ancora realizzate? Qui servono le competenze del futurista. Si tratta di un professionista che svolge principalmente due compiti: da una parte è un facilitatore che aiuta le organizzazioni a sviluppare in modo sistematico le loro capacità di anticipazione e visualizzazione dei futuri, dall’altra è un tecnico che analizza dati, costruisce scenari, elabora suggerimenti e indicazioni strategiche. Per lavorare correttamente con il futuro è importante uscire dalla propria comfort zone e imparare a prendere in considerazione una molteplicità di futuri che comprenda sia futuri desiderabili che futuri non desiderabili.

Cura e fiducia reciproca come attitudini necessarie

La moneta forse più preziosa per aprire un serio discorso di futuro è la capacità di sviluppare una attitudine di cura e fiducia reciproca. Sospetto, invidia, maldicenza minano alle basi la possibilità di costruire una visione condivisa. Sviluppare la capacità di cura, non solo delle persone fra di loro ma anche nei confronti dell’ambiente, delle organizzazioni e delle stesse istituzioni, è la precondizione necessaria per reimparare ad aspirare.

Sviluppare la Prospettiva anticipante per gestire il territorio e i suoi pericoli

Per meglio capire la complessità della gestione del territorio e dei suoi pericoli è importante analizzare le interazioni tra rischi naturali e fenomeni sociali, nonché l’opportunità di adottare una prospettiva anticipante, a lungo termine. La maggior parte dei cambiamenti naturali e dei cambiamenti sociali richiede di adottare lunghi archi temporali. L’adozione sistematica di una prospettiva anticipante è la migliore e più efficace strategia per comprendere i modi in cui la natura e la società possono cambiare, sviluppando programmi per mitigare i rischi naturali, gestendo le novità in maturazione e dotando i decisori, i tecnici e la popolazione in generale delle capacità e degli strumenti per affrontare sia i rischi che le opportunità che potrebbero presentarsi.

Questi aspetti si traducono in due raccomandazioni principali: prestare attenzione alle misure non strutturali e sviluppare capacità anticipanti. Il focus sulle misure non strutturali non dovrebbe essere inteso come alternativo alle misure strutturali. Entrambe sono necessarie. Tuttavia, sviluppare una società capace di capire e gestire rischi naturali e attuare un quadro efficiente per prevenire, proteggere e preparare le persone richiede una vasta gamma di misure non strutturali quali ad esempio aiutare le persone a comprendere che la sicurezza totale dai rischi naturali è illusoria; sviluppare strategie di comunicazione appropriate in tempo di pace (cioè, non in situazioni di emergenza); trovare, selezionare e implementare buone pratiche incentrate su strategie e implementazioni proattive per la mitigazione dei rischi naturali.

Le sfide che emergono richiedono la capacità di sviluppare una comprensione anticipante dei cambiamenti futuri. In termini esemplificativi, ecco alcune delle misure che aiutano a realizzare capacità anticipanti: adottare prospettive a lungo termine; sviluppare strumenti a supporto dei decisori finalizzate allo sviluppo resiliente dei territori; aiutare persone, istituzioni e aziende a comprendere la loro esposizione (a lungo termine) ai rischi naturali.

Prospettiva anticipante: come lavorare con il futuro inserendolo nei processi decisionali

Per lavorare con il futuro è fondamentale capire che la capacità di aspirare a un futuro migliore è modulata e distribuita inegualmente fra i diversi strati sociali (Appadurai, 2013; Jedlowski, 2012; Mandich, 2012). Se effettivamente la capacità di aspirare è inegualmente distribuita e la sua distribuzione asimmetrica è una caratteristica fondamentale della povertà, si incomincia a cogliere l’importanza del futuro come strumento di emancipazione.

Distinguo tre modi fondamentali di usare il futuro (Poli, 2019).

  1. L’orientamento al futuro di gran lunga più diffuso vede il futuro come riferimento implicito, pressoché scontato, che spesso si accompagna all’idea che gli aspetti fondamentali della vita non cambieranno significativamente. Il futuro in questo orientamento rimane inarticolato, opera come sfondo tacito delle decisioni senza riuscire a diventare una risorsa attiva da usare intenzionalmente.

A fronte di questo primo orientamento ‘passivo’ al futuro, possiamo collocare una varietà di altri orientamenti ‘attivi’ che usano intenzionalmente il futuro nei processi decisionali. Di regola, l’orientamento attivo al futuro assume i tratti della ottimizzazione dello sforzo per raggiungere un obiettivo predeterminato.

  • L’ottimizzazione come pianificazione pone al centro delle scelte una analisi dei loro costi e dei relativi benefici. Questa tendenza vede il futuro come sfondo per effettuare scelte razionali. Le analisi per costi e benefici dipendono però almeno da una condizione preliminare, ovvero l’introduzione di un ordine univoco delle preferenze, un ordine di norma governato dalla ratio economica. In altre parole, esse presuppongono che le diverse scelte siano confrontabili rispetto a un unico criterio di organizzazione. Solo in questo caso ha senso parlare di scelta ottimale.
  • L’ottimizzazione come vantaggio competitivo rispetto alle altre persone implica acquisire la forma mentis, il comportamento, le competenze vincenti. Il messaggio esplicito è che il frequentare, ad esempio, le scuole giuste e acquisire le necessarie competenze professionali e comportamentali garantiranno successo nella vita.

Le due diverse versioni di ottimizzazione che abbiamo ricordato vedono il futuro come qualcosa di essenzialmente già noto, rispetto al quale sappiamo cosa dobbiamo fare per affrontarlo. L’analisi costi-benefici e l’acquisizione di competenze accreditate hanno senso solo se il contesto di riferimento, le istituzioni e la struttura sociale rimangono stabili. Le grandi trasformazioni in corso, le incertezze della situazione attuale, i cambiamenti tecnologici e naturali in gestazione rendono però l’orientamento al futuro come ottimizzazione una strategia sempre più irrazionale (Archer, 2013).

La logica dell’ottimizzazione presuppone di conoscere ciò che in realtà non è conoscibile. Il futuro è e rimane qualcosa che deve essere ancora scritto. In una situazione strutturalmente caratterizzata da elevati livelli di incertezza, l’ottimizzazione conduce a fare scelte pericolose. Ma quali potrebbero essere le alternative all’ottimizzazione?

La principale opzione alternativa ricostruisce la capacità di aspirare come apertura di possibilità, a diversi livelli, anche contraddittori, non mutualmente ordinabili in una gerarchia univoca. Nel contesto della aspirazione, il futuro vale principalmente come esplorazione di possibili futuri.

Da questo punto di vista, il futuro va inteso come possibilità di diversi modi di essere e divenire. Il futuro sarà una realtà diversa, caratterizzata da modi di essere, fare, vivere, sapere diversi da quelli del presente e del passato. Da questo punto di vista, il futuro non è un territorio da cartografare e conquistare, ma una fonte di nuove possibilità per il presente.

Se ammettiamo la possibilità di nuove, radicali novità, il compito dei decisori non può limitarsi a preparare la comunità per un futuro predeterminato che qualcuno ha già immaginato e conosciuto. Al contrario, il suo compito sarà quello di rendere possibili nuovi spazi di azione nel presente. La tesi del futuro come luogo di radicali novità trasforma il ruolo dei decisori, costruendo il presente come il luogo in cui sperimentare le novità, ciò che al momento non-è-ancora-possibile.

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