Patto Sanità Digitale: ecco le competenze necessarie

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ll tema “competenze digitali in sanità” si inserisce in un contesto critico che sta mettendo in pericolo il sistema sanitario nazionale. Nasce l’esigenza di ripensare nuovi modelli organizzativi ed operativi e utilizzare le tecnologie come strumento di innovazione

10 Luglio 2016

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Emilio Meneschincheri, ICT manager dell'Università cattolica del Sacro Cuore-Policlinico A. Gemelli di Roma

Il tema “competenze digitali in sanità” si inserisce in un contesto critico ove l’invecchiamento della popolazione, la crisi economica stagnante, i fenomeni di globalizzazione e l’instabilità socio-politica mediorientale stanno mettendo in pericolo il sistema sanitario nazionale come oggi lo conosciamo.

Nasce pertanto l’esigenza di ripensare nuovi modelli organizzativi ed operativi e utilizzare le tecnologie, tra cui quella ICT, come strumento di innovazione.

Purtroppo nel nostro Paese l’introduzione dell’ ICT nelle differenti organizzazioni sanitarie e nelle regioni è stata disomogenea, ancora oggi non esiste un analisi sistematica che dia evidenza dello stato d’informatizzazione sul territorio e negli ospedali, la quota d’investimento dedicato alla digitalizzazione della sanità è ancora modesto (1,2% della spesa pubblica – tra i più esigua tra i Paesi industrializzati).

Anche la distribuzione e la priorità degli investimenti tra Regioni e strutture ospedaliere è disomogenea e ciò sta a dimostrare la necessità di una maggiore governance atta ad allineare e rendere efficaci gli interventi e non disperdere risorse importanti.

Ma qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione, anche i Decision Maker istituzionali stanno riconoscendo il ruolo strategico delle tecnologie applicate ai processi sanitari nel necessario percorso di efficientamento e miglioramento del sistema sanitario (in tale direzione va il patto sulla sanità digitale approvato pochi giorni fa in Conferenza Stato-Regioni).

In un mondo sempre più connesso e digitalizzato, le competenze informatiche (competens entis – colui che ha autorità in un certo ambito), diventano sempre più pre-requisito per raggiungere quei livelli di efficienza ed efficacia oggi necessari, in qualsiasi ambito, per essere competitivi e rimanere sul mercato.

I tempi sono maturi anche in ambiti, come quello sanitario, ove gli operatori, soprattutto i medici, inizialmente erano rimasti un po’ restii nell’utilizzo delle tecnologie ICT, le quali venivano viste più come un’ulteriore incombenza anziché come formidabile strumento di lavoro a supporto dei processi di diagnosi e cura.

I campi di applicazione ed i benefici che si otterrebbero utilizzando la leva informatica per avviare un BPR dei processi clinico-amministrativi sono oramai più che noti e condivisi: intervenendo ripensando i modelli organizzativi, dalla medicina di territorio a quella ospedaliera, dai servizi ai pazienti al supporto alla ricerca, si otterrebbero nel medio lungo periodo importanti benefici misurabili sia quantitativamente che qualitativamente.

Per raggiungere tale obiettivo serve lavorare in maniera coordinata e sinergica intervenendo a vari livelli e in vari ambiti.

Un ambito su cui intervenire prioritariamente è sicuramente quello relativo alle competenze digitali in sanità, al fine di favorire il cambio culturale necessario a far sì che gli investimenti in tecnologia portino i vantaggi auspicati. L’informazione può essere generata e arricchita solo se ogni attore coinvolto svolge correttamente il proprio compito in una logica si sistema: ad esempio il medico ospedaliero che non inserisce la lettera di dimissione nel Sistema Informativo Ospedaliero ,prediligendo l’uso di un word processor, non ne renderà possibile la fruizione, in maniera rapida ed efficace ad altri operatori autorizzati durante il percorso di cura del paziente (FSE, trasferimenti in altri reparti o in altri ospedali, etc.).

Oggi che i medici sono consapevoli dei vantaggi che la digitalizzazione spinta della sanità può dare, anche rispetto alla gestione del rischio clinico, affinché si creino le condizioni di base, è necessario disegnare un percorso strutturato che permetta di ripensare i percorsi formativi delle figure professionali sanitarie, partendo dalla rilevazione dei bisogni formativi per ogni figura professionale del sistema sanitario rispetto al ruolo coperto nell’ambito dei processi di diagnosi e cura.

E’ il momento di inserire la disciplina informatica nei percorsi formativi delle professioni sanitarie a livello di laurea e post-laurea, nei percorsi di formazione continua (ECM) al fine di diffondere le competenze digitali di base e quelle specifiche di e-health.

Spesso si spende molto in tecnologia e poco in attività di supporto, formazione e addestramento, e questo porta ad una vanificazione degli investimenti attesi.

Concludendo, oramai esiste la consapevolezza che è il momento di agire e di innovare i processi sanitari ma la situazione economica contingente fa sì che le risorse economiche siano esigue. Nonostante ciò, serve investire oggi per risparmiare domani e gli ambiti su cui intervenire prioritariamente sono noti : linguaggio unico (Nomenclatori, cataloghi, terminologie, etc.), dataset condivisi, standard d’integrazione, infrastrutture abilitanti e competente digitali degli operatori sanitari. In questo modo si potrà favorire quel cambio culturale necessario a capitalizzare gli investimenti in tecnologie le quali spesso risultano essere sotto e/o mal utilizzate.

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