Riforma Medicina, perché per i test di ammissione è necessario un approccio predittivo
Mentre il Parlamento lavora alla riforma del sistema di selezione alla facoltà Medicina e Chirurgia, i test di ammissione alle Università private sono già oggetto di riorganizzazione grazie alla digitalizzazione e a un cambiamento di prospettiva. L’approccio predittivo consentito da queste esperienze può essere uno spunto di riflessione interessante. Ne parliamo con Carlo Tabacchi, Responsabile della divisione Formazione e Orientamento di Selexi
4 Luglio 2024
Paola Orecchia
Giornalista
Il prossimo 30 luglio migliaia di aspiranti studenti sosterranno il test nazionale di ammissione alle Facoltà di Medicina e Chirurgia. La prima sessione della prova si è svolta lo scorso 28 maggio, suscitando molti dubbi e qualche polemica sulle modalità.
Il caso del test di ammissione alle Facoltà di Medicina è un’occasione preziosa per riflettere in maniera più ampia sulle modalità di selezione a qualsiasi Facoltà. Le questioni cruciali sono: quanto gli attuali test sono efficaci e predittivi delle performance future degli studenti? Sono in grado di fornire una visione completa del candidato, andando oltre le sole capacità accademiche? Come è possibile e quanto conviene uscire dalla logica dei test standardizzati?
“L’idea è quella di costruire lo strumento migliore per selezionare coloro che, potenzialmente, possono diventare studenti validi, in questo caso ottimi futuri medici” spiega Carlo Tabacchi, tra gli esperti che collaborano con le Università italiane nell’ambito delle prove di ammissione e Responsabile della divisione Formazione e Orientamento di Selexi. “La predittività di un test non è facile da progettare, però sono convinto che si possa valutare insieme alle Università quali competenze specifiche testare, quali siano le caratteristiche imprescindibili di uno studente di Medicina”.
Medicina, la riforma di acceso alla facoltà
Al centro del dibattito di questi giorni c’è il data base pubblico, 7.000 quesiti a risposta multipla, pubblicati in due tranche da 3.500, 20 giorni prima di ciascuna sessione di test.
Da ognuno dei due lotti di domande, il bando ministeriale attuale vuole che siano estratti i 60 quesiti del test. Questo sistema, pensato per rendere trasparente e democratica la prova di ammissione alla Facoltà di Medicina ha mostrato dei limiti: “Nella prima sessione, un’alta percentuale di candidati ha totalizzato il punteggio massimo, rivelando che la strategia ha avvantaggiato probabilmente i candidati con maggior memoria, ma non ha valutato le competenze reali” ci dice Tabacchi (Selexi).
Se da una parte è importante che gli studenti abbiano una idea il più precisa possibile del tipo di domande e argomenti che verranno testati, dall’altra pubblicare una banca dati da cui verranno estratte le domande non può che avvantaggiare uno studio prettamente mnemonico.
Per venire incontro alla prima esigenza senza cadere nella stortura della banca dati, ad esempio, Selexi propone, per conto delle Università per cui gestisce alcune prove, simulatori che permettono ai candidati di esercitarsi con prove che sono simili per tipologia, modalità e tempistiche di svolgimento a quelle ufficiali, ma che non contengono i quesiti che verranno assegnati nella prova. “I percorsi di preparazione proposti sono spesso completamente gratuiti per i candidati e rappresentano un importante primo punto di incontro tra candidati e Università” racconta Tabacchi.
Il test di ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia è al centro del dibattito pubblico; si discute, infatti, della possibile abolizione del numero chiuso, di rivedere le modalità di selezione dei candidati e della prova, ancora analogica (il test attuale si svolge in presenza e in forma cartacea). Tali riflessioni, nel momento in cui scriviamo, hanno dato luogo a un incremento dei posti a bando per l’accesso alle Facoltà di Medicina e Chirurgia (dai 19.636 dello scorso anno ai 20.867 disponibili per decreto firmato di recente dalla Ministra Anna Maria Bernini) e a quattro disegni di legge per riformare il sistema di selezione (DDL 915, 942, 980 e 1002).
Gli sforzi del Parlamento mirano, nel complesso, a riformare il sistema di accesso alle Facoltà, ricalibrandolo sia sulle attuali esigenze e possibilità formative del Paese sia sul diritto degli aspiranti studenti alle pari opportunità in fase di selezione.
Test di ammissione: adottare un approccio predittivo
Sebbene i test di ammissione alle Università possano fornire alcune indicazioni utili sulle capacità accademiche degli studenti, attualmente la loro predittività riguardo al successo universitario è stata raramente oggetto di valutazione. Sono stati pochi e parziali gli studi sulla correlazione tra i risultati del test di Medicina e i percorsi accademici degli studenti che lo hanno superato.
Per garantire un processo di selezione più equo ed efficace, sarebbe inoltre essenziale combinare i risultati dei test con altre forme di valutazione, che considerino l’insieme delle competenze e delle caratteristiche dei candidati.
Carlo Tabacchi (Selexi) ne è convinto: “Il tema della riforma non dovrebbe essere il numero chiuso o la difficoltà o meno dei test, piuttosto come rendere la prova un’occasione per avvicinare studenti e Università. In altre parole, il test dovrebbe diventare occasione di orientamento per gli studenti e di aggiornamento dell’offerta formativa per le Università”.
Tabacchi, dunque, suggerisce un totale cambiamento di prospettiva: puntare sulle competenze dello studente piuttosto che sulle sue conoscenze. “Dare un peso maggiore alla parte di logica, anziché alle conoscenze acquisite, che saranno comunque oggetto di studio nel percorso universitario, ci aiuta a capire quanto un ragazzo o una ragazza, anche trovandosi di fronte per la prima volta ad un problema o a un testo più scientifico o quantitativo, sappia comunque ragionare e quanto sia in grado di capire cosa sia realmente deducibile o meno” ci dice.
Esempi di progettazione di un test di ammissione
“In questi contesti miriamo a trovare il punto di incontro tra i desiderata dell’Università e le nostre esperienze di selezione, costruite sia in ambito universitario sia in altri ambiti concorsuali. Questo risultato scaturisce dal confronto con i responsabili della selezione, per definire le materie dei test e la loro ripartizione”, racconta Carlo Tabacchi che per Selexi cura la progettazione dei test di ingresso per diverse Università.
“Quando collaboriamo con le Università private, costruiamo test nei quali il 50-60% circa dei quesiti è relativo al ragionamento logico; la restante parte delle domande a risposta multipla viene ripartita tra le materie scientifiche. Peraltro, non tutte le Università richiedono di testare la totalità delle materie scientifiche: alcuni Atenei richiedono quesiti sulla matematica pura, altri prediligono il ragionamento matematico, alcune prediligono pesi diversi per la biologia e la chimica, altre no, ecc. Per la valutazione delle competenze nella lingua straniera, alcune Università si basano sulla comprensione del testo, altre su esercizi di grammatica. Dunque, il nostro approccio è quello della personalizzazione dei test sulla base delle esigenze dell’Ateneo cercando sempre la costruzione di uno strumento predittivo”. E prosegue “Questi test dovrebbero avere una forte valenza di orientamento per gli studenti e per le stesse Università”.
“Lo strumento degli OFA (Obblighi Formativi Aggiuntivi) – prosegue Tabacchi – è stato sviluppato proprio a questo scopo: se il ragionamento logico consente ai ragazzi potenzialmente più adatti a quello specifico corso di studi di superare il test anche con scarse competenze in qualche disciplina scientifica, gli OFA li aiutano a comprendere le loro lacune e a recuperarle. Allo stesso tempo, l’analisi degli OFA può supportare le Università nell’adeguamento dei percorsi formativi proposti, anche anno per anno, rafforzando alcuni insegnamenti in risposta alle lacune dei ragazzi”.
Test di ammissione all’Università: il digitale che crea valore
Il digitale ha reso possibile cambiare le modalità dei concorsi pubblici, molti dei quali sono stati gestiti proprio da Selexi, e potrebbe aiutare le Università a riformare anche i test di ammissione. “Certamente il digitale agevola molto gli aspiranti studenti delle Università private con le quali collaboriamo, perché il test può essere svolto da casa. Il sistema è oggettivamente molto più democratico e ha livelli di controllo più alti, perché le singole prove vengono supervisionate e registrate da personale preposto e specificamente preparato. La digitalizzazione aiuta anche nell’analisi delle statistiche, supportando la costruzione di test il più possibile predittivi”, conclude Tabacchi.