Congedi, aspettative e permessi: cosa cambia con il collegato al lavoro
Su proposta dei ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, ieri mattina (9 giugno 2011) il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi dei dipendenti sia pubblici che privati, così come richiesto al Governo dal ‘collegato lavoro’ (Legge n. 183 del 4 novembre 2010). Le modifiche introdotte ridefiniscono i criteri e le modalità per la loro fruizione e consentono di eliminare alcuni dubbi interpretativi sulle disposizioni vigenti fino ad oggi. Si tratta di un provvedimento che da un lato favorisce i lavoratori che ne fanno richiesta, dall’altro stabilisce importanti misure restrittive al fine di evitare abusi o illeciti.
10 Giugno 2011
Redazione FORUM PA
Su proposta dei ministri Renato Brunetta e Maurizio Sacconi, ieri mattina (9 giugno 2011) il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi dei dipendenti sia pubblici che privati, così come richiesto al Governo dal ‘collegato lavoro’ (Legge n. 183 del 4 novembre 2010). Le modifiche introdotte ridefiniscono i criteri e le modalità per la loro fruizione e consentono di eliminare alcuni dubbi interpretativi sulle disposizioni vigenti fino ad oggi. Si tratta di un provvedimento che da un lato favorisce i lavoratori che ne fanno richiesta, dall’altro stabilisce importanti misure restrittive al fine di evitare abusi o illeciti.
- L’articolo 2 del decreto legislativo stabilisce che la lavoratrice possa richiedere il rientro anticipato al lavoro in caso di aborto o morte prematura del bambino.
- L’articolo 3 definisce il prolungamento del congedo parentale per i genitori di bambini disabili, sciogliendo inoltre alcuni dubbi interpretativi: per ogni minore con handicap in situazioni di gravità, uno dei due genitori ha il diritto al prolungamento del congedo parentale entro l’ottavo anno di vita del bambino; i genitori di bambini disabili possono fruire alternativamente del congedo (6 mesi la madre, 7 mesi il padre, 11 mesi se insieme), in modo continuativo o frazionato per un periodo massimo di complessivi tre anni; viene previsto un prolungamento del congedo anche nel caso in cui uno dei due genitori debba assistere il minore ricoverato a tempo pieno in istituti specializzati.
- L’articolo 4 regolamenta invece il congedo per l’assistenza a un portatore di handicap grave. Il diritto a fruire dei permessi ex lege 104/1992 spetta a entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese. Nell’arco della vita lavorativa il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha inoltre diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, contribuzione figurativa compresa. Tale periodo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Recependo le indicazioni della Corte costituzionale, viene inoltre stabilito un ordine di priorità tra i soggetti legittimati alla fruizione del congedo (coniuge, padre o madre, anche adottivi, figlio convivente, fratelli e sorelle) e le cause di impedimento che consentono loro di avanzare al livello ulteriore (mancanza, decesso o patologie invalidanti). La ratio di questa innovazione è quella di radicare la legittimazione alla fruizione del congedo in capo a quei soggetti che per vincolo legale e per grado di parentela si presume siano più vicini anche affettivamente alla persona disabile. Tale norma si colloca in un’ottica di contenimento degli abusi e della spesa, poiché, stabilendo un preciso ordine di priorità tra i legittimati – derogabile solo in presenza di certe circostanze – vuole evitare che il congedo sia fruito da soggetti che non provvedono realmente all’assistenza della persona disabile. Al fine di garantire un’assistenza reale, si prevede che il congedo possa essere fruito anche se la persona disabile è ricoverata a tempo pieno e qualora i sanitari della struttura ne attestino l’esigenza.
- L’articolo 5 disciplina invece il congedo straordinario per motivi di studio del pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca. É facoltà discrezionale dell’amministrazione concedere tale congedo anche ai dipendenti “contrattualizzati”. La sua fruizione viene comunque esclusa per i dipendenti che abbiano già ottenuto il titolo di dottore di ricerca e per quelli che abbiano fruito del congedo con l’iscrizione ai corsi di dottorato per almeno un anno accademico. Il dipendente che interrompe il rapporto di lavoro, nei due anni successivi al periodo di aspettativa, è tenuto a restituire gli emolumenti percepiti durante il congedo.
- L’articolo 6 disciplina l’assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave. Il dipendente può infatti assistere anche più persone disabili ma solo se queste sono parenti entro il primo o secondo grado, nel caso in cui i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Inoltre, chi assiste un disabile che vive a oltre 150 chilometri dal luogo di residenza deve fornire prova dei viaggi effettivamente sostenuti.
- L’articolo 7 tratta invece il congedo per cure agli invalidi. Chiarisce che i lavoratori mutilati e gli invalidi civili (con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%) possano fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. A differenza del regime attuale, che prevede solo il diritto a fruire di un congedo, viene previsto espressamente che questo sia anche retribuito. Il lavoratore è comunque tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure.
- L’articolo 8 disciplina la materia dei riposi in caso di adozione e affidamento, che va comunque applicata entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia, anziché entro il primo anno di vita del bambino. Nel caso dei dipendenti pubblici assegnati temporaneamente ad altra sede, la norma si applica entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dalla sua età.
FONTE:
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione