Da dove partiamo e dove vogliamo arrivare: le linee programmatiche di Paolo Zangrillo, Ministro per la PA
Digitalizzazione, semplificazione e, soprattutto, una grande attenzione alle persone, strutturata intorno a tre valori fondanti: la competenza; la riforma del reclutamento; la responsabilità e la valorizzazione del merito. Queste le linee guida che il Ministro della PA Paolo Zangrillo ha messo al centro del discorso pronunciato martedì 6 dicembre davanti alle commissioni 1^ e 10^ del Senato. Riassumiamo i punti fondamentali dell’ampia relazione e, come nota finale, vogliamo ricordare anche alcuni temi centrali che non hanno trovato spazio in queste prime linee programmatiche
9 Dicembre 2022
Carlo Mochi Sismondi
Presidente FPA
Martedì scorso 6 dicembre il Ministro della PA Paolo Zangrillo ha presentato presso le commissioni 1^ e 10^ del Senato le linee programmatiche che intende promuovere in questa 19^ legislatura. Ho ascoltato con attenzione il suo discorso e in questo breve articolo proverò a raccontare i punti fondamentali dell’ampia relazione del Ministro
C’è già un progetto da cui partire e c’è un focus: le persone
Il Ministro ha cominciato la sua prolusione affermando con forza che non c’è bisogno di fare alcuna riforma complessiva delle amministrazioni pubbliche perché nei 20 mesi del Governo Draghi, grazie al lavoro del Ministro Brunetta, abbiamo a disposizione già un progetto chiaro di riforma e anche il quadro legislativo necessario. Non dobbiamo quindi ripensare i capisaldi, quanto piuttosto passare dalla fase di progetto alla fase di attuazione attraverso un costante accompagnamento delle organizzazioni. Per questa azione tesa a “far accadere le cose” abbiamo un punto di partenza fondamentale: l’attenzione alle persone. Solo il coinvolgimento delle persone che lavorano nelle amministrazioni potrà rendere possibile quel cambiamento di immagine e di “storytelling” della PA che è necessario per abilitare l’attuazione delle riforme impostate.
Chiunque ha avuto la pazienza di leggerci in questi oltre trent’anni della nostra attività sa quanto questo tema ci è caro, così come ho apprezzato particolarmente che il ministro, che d’altronde è stato a capo del personale di grandi organizzazioni, abbia parlato di “persone” e non di “risorse umane”. La parola è importante perché sottolinea che le persone sono portatrici di unicità, di talenti, di volontà, di desideri e diventano risorse per le organizzazioni solo se queste sanno valorizzare questa ricchezza.
Sempre nell’introduzione il Ministro ha parlato del suo desiderio di girare l’Italia e di avere più considerazione per gli enti territoriali “perché la PA non è fatta soli dei Ministeri”. Anche questo è un tema a noi caro. Nei ventidue Governi che ho avuto l’opportunità di conoscere nella mia carriera di osservatore della PA, più volte mi sono avventurato nel dare consigli, a volte richiesti, spesso spontanei, ai ministri che si sono succeduti a Palazzo Vidoni e uno dei primi consigli è stato sempre quello di passare un limitato tempo in quel pur bellissimo palazzo (è senza dubbio uno dei più belli tra i palazzi pubblici romani) e di girare l’Italia per capire che parlare di pubblica amministrazione come fosse un’entità unica è fuorviante. Il plurale è d’obbligo e il rispetto delle differenze è necessario per capire, sostenere, promuovere il cambiamento.
Tre linee guida: digitalizzazione, semplificazione, valori fondanti
L’attenzione alle persone è stata poi declinata in ciascuna delle tre linee guida che il Ministro ha esposto. La prima è quella della trasformazione digitale che è stata trattata da un punto di vista simile a quello che noi in FPA chiamiamo il modello delle quattro “E”, intendendo con questo acronimo l’obbligo di considerare nei cambiamenti l’Endorsement di una politica convinta e propositiva, l’Enforcement per regole e strumenti efficaci, ma soprattutto l’Empowerment dei lavoratori coinvolti nei processi d’innovazione e, infine, l’Engagement di tutti gli stakeholders, a cominciare dai primi azionisti della PA, ossia i cittadini.
Il ministro ha portato come esempio delle azioni per la digitalizzazione alcune iniziative molto razionali come l’anagrafe dei dipendenti pubblici, notando, con una certa meraviglia di chi ha fatto per anni il capo del personale, che la PA non ha un database dei suoi dipendenti che comprenda non solo le anagrafiche e gli stipendi, ma anche le competenze, i ruoli, i curricoli. Ha poi citato la digitalizzazione dei concorsi, dando atto a Brunetta dei passi avanti normativi compiuti e ha annunciato la digitalizzazione dell’ispettorato della funzione pubblica e la creazione di un repository dei pareri aperto alla consultazione di tutti, per evitare di duplicare le richieste, ma anche per aprire l’interpretazione delle norme a tutti i possibili destinatari in un’ottica di open government.
La semplificazione è la seconda linea progettuale del ministro che, riprendendo il lavoro fatto con l’Agenda della semplificazione e gli impegni presi con il PNRR ha ribadito il programma che prevede l’obiettivo della semplificazione delle 600 procedure più importanti entro il 2026. Semplificazione che vuol dire censirle, standardizzarle, digitalizzarle ed eliminare quelle non strettamente necessarie. Cinque i settori coinvolti: ambiente ed energia, attività produttive, edilizia e urbanistica, infrastrutture di telecomunicazione, cittadinanza. Le prime cento procedure dovranno essere lavorate già entro il 2023.
La terza linea è quella già indicata nelle premesse, ossia l’attenzione alle persone che si struttura intorno a tre valori fondanti: la competenza, garantita dalla ripartenza di un ampio e pervasivo piano di formazione; la riforma del reclutamento, che comporta l’unicità del punto di informazione e di accesso ai concorsi attraverso il portale InPA.gov.it; la responsabilità e la valorizzazione del merito, che coinvolge in primis i dirigenti intesi come, soprattutto, gestori e conoscitori delle loro persone, in grado di valorizzarne i talenti e le specificità.
Lo smart working e gli altri temi caldi
Non poteva mancare nella relazione di Zangrillo un accenno allo smart working, se non altro perché, come ha confessato, è stato il tema su cui i giornalisti, in cerca di una contrapposizione con Brunetta, lo hanno maggiormente sollecitato. Sul tema il punto di vista del ministro è semplice: la PA non è diversa dalle altre organizzazioni e, se ormai tutte le aziende usano questa modalità di lavoro in tutto il mondo, non si capisce perché non possa essere usato anche nelle amministrazioni. L’importante però è prendere consapevolezza che stiamo parlando di uno strumento di organizzazione del lavoro, abilitato sì dalle tecnologie, ma basato su un cambiamento del modello organizzativo che passa dalla centralità del controllo alla logica del risultato, basata sulla fiducia. Niente da dire: è quello che abbiamo sempre detto e sempre insegnato nei nostri corsi.
Il Ministro ha poi citato il nuovo codice di comportamento mettendone in luce la necessità di adeguarlo alle nuove tecnologie, ma anche alle nuove sensibilità nei riguardi della non discriminazione. Ha poi ribadito l’interesse per la funzionalità degli enti locali, a cominciare dai più piccoli, rivendicando la paternità di una norma che facilita la disponibilità di segretari comunali anche per le amministrazioni più piccole.
La relazione si è chiusa con un breve resoconto della partecipazione all’incontro dei ministri della funzione pubblica tenutosi a Strasburgo a novembre e su un rendiconto tutto sommato rassicurante relativo allo stato dell’arte relativamente ai milestone e target del PNRR: risultati già raggiunti per fine 2022 e ben impostati per il traguardo del giugno 2023.
Cosa non ho trovato in questa presentazione
Premesso che, come risulta evidente da questa breve esposizione dei temi trattati, la relazione del Ministro mi è sembrata razionale, concreta e ben impostata e dandogli atto della importante decisione di non ricominciare da capo (era stata la mia prima raccomandazione nel mio primo articolo della rubrica “il nuovo Governo e la PA”) devo tuttavia rimarcare che ci sono ancora temi importanti che non hanno trovato spazio in queste prime linee programmatiche. Li cito brevemente senza pretese di esaustività, tenendo da parte quello che è forse il limite maggiore della situazione attuale del pubblico impiego: non aver trovato in finanziaria i fondi per il nuovo contratto 2022-2024. Ma torniamo ai temi di pertinenza del Ministro Zangrillo (i fondi per il contratto, si sa, dipendono dal MEF), credo che ci sarà da definire la posizione del Governo in merito a:
- Riprendere la riforma della dirigenza pubblica, rimasta bloccata nel 2016, rivedendo la selezione, l’attribuzione degli incarichi, il contratto, l’equità retributiva che attualmente vede piccoli e grandi privilegi; garantendo autonomia, gestione del budget, responsabilità e discrezionalità, ma anche sottolineando la necessaria dimensione del rischio propria della funzione dirigenziale; operando una corretta distinzione tra dirigenti con compiti autorizzativi e di garanzia e quelli incaricati dell’attuazione delle politiche.
- Riordinare la geografia istituzionale delle amministrazioni orientandole alle grandi missioni strategiche e organizzandole per filiere verticali, dopo aver sanato gli evidenti buchi che le mancate riforme hanno creato, come ad esempio rispetto agli enti di governance di area vasta, a cominciare dalle amministrazioni provinciali rimaste nel limbo dopo la “legge Delrio” rimasta orfana.
- Aprire l’amministrazione alla partecipazione e alla collaborazione, dando ascolto alle persone nei luoghi, abbattendo l’asimmetria informativa e attuando sempre una trasparenza abilitante, tale da mettere i cittadini in condizione di monitorare continuamente e in tempo reale l’attuazione di una politica per poter intervenire su di essa. In questo campo il PNRR è un ottimo esempio di quello che NON si deve fare. Il sito “Italiadomani” è estremamente carente dal punto di vista della trasparenza e non posso che associarmi alle osservazioni dell’Associazione Openpolis e al loro richiamo nell’articolo di una settimana fa “Perché chiediamo al Governo maggiore trasparenza sul PNRR”.
Ciò detto, mi pare che la strada della centralità delle persone e dell’accompagnamento e di quella che io chiamo la “cura” delle innovazioni sia quella giusta. Su questa strada e nel confronto fattivo tra amministrazioni, nella costruzione di comunità di pratica, nell’individuazione e valorizzazione delle migliori esperienze, nell’impegno sulla formazione intorno alle tre grandi transizioni – organizzativa, digitale ed ecologica – il Ministro ci troverà, come sempre, attivi e impegnati perché una buona amministrazione è la migliore garanzia dei diritti di tutti, a cominciare dai più deboli, e di una compiuta democrazia.