Dalle Province inutili agli Enti da sopprimere, ovvero: cambiare tutto per non cambiare niente
È stato reso noto nei giorni scorsi un dossier dell’Upi nel quale si dimostra come abolendo “carrozzoni strumentali” e consulenze a pioggia nella PA si potrebbero risparmiare quasi 5 miliardi di euro all’anno, quasi cinquanta volte la cifra impiegata per il mantenimento delle nostre province recentemente “salvate” dall’abolizione. Anche una raccolta di firme per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare e la richiesta di un “confronto serio” contro gli sprechi indiscriminati, ma la sensazione è quella di assistere a un film già visto, anzi: di leggere un romanzo già scritto…
13 Luglio 2011
Tiziano Marelli
Nell’infuocato dibattito parlamentare che le settimane scorse ha avuto come protagoniste assolute le Province italiane e la loro asserita inutilità, volto alla loro abolizione – discussione che non ha portato ancora una volta da nessuna parte, visto che si è deciso di lasciarle al loro posto dopo che più o meno quasi tutti i partiti, fra proclami elettorali e momento del voto, hanno avuto modo di sostenere tutto ed esattamente il suo contrario – molto stentava a far sentire la sua voce l’Upi, l’Unione delle Province d’Italia. A giochi fatti e bocce ferme l’organizzazione che fa capo a Giuseppe Castiglione ha invece deciso in questi ultimi giorni di levare forte la voce, e lo ha fatto sottolineando come possano anche essere tanti e altri i “carrozzoni” del BelPaese da chiudere o quantomeno ridimensionare. Secondo quanto riportato dal sito ufficiale dell’associazione, in Italia esistono oltre 7000 enti strumentali (consorzi, aziende, società…) che occupano circa 24mila persone nei consigli di amministrazione e che – “impropriamente”, si sottolinea – esercitano funzioni tipiche di Province e Comuni, e il costo dei compensi, le spese di rappresentanza, il funzionamento dei consigli di amministrazione e degli organi collegiali delle società pubbliche o partecipate in questione, nel 2010, è stato pari a 2,5 miliardi: eliminarli, sostiene l’Upi, “consentirebbe un risparmio immediato pari a 22 volte quello che si otterrebbe abolendo le Province”.
Per non parlare delle consulenze nella Pubblica Amministrazione che, sempre secondo la stessa fonte, riguardano almeno 318mila incarichi e collaborazioni (con le relative spese in comitati e commissioni), deleghe che comportano un esborso annuale di circa 3 miliardi di euro: una potenza di fuoco che, sempre secondo gli estensori del dossier, potrebbe di molto essere ridimensionata. Il totale delle due voci evidenziate dall’Upi supererebbe i 5 miliardi di risparmio annui, quindi quasi cinquanta volte – per restare nell’ambito dello stesso esempio – il costo attuale delle nostre province.
Anche in questi casi ogni sforzo parlamentare volto ad eliminare situazioni del genere è finora fallito, ma questo non impedirà ora all’Upi di lanciare “nelle prossime settimane una massiccia campagna di raccolta firme per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare che cancelli tutti quegli enti di nomina della politica e consolidi il ruolo delle istituzioni democratiche che i cittadini liberamente eleggono”. Nella speranza, anche se al momento non si può certo immaginare quanto possa rivelarsi concreta al momento della sua presentazione in aula, che l’iniziativa possa poi rivelarsi coronata da successo finale.
Quindi, a presunta inutilità si risponde e si rilancia con la documentazione di altrettante – se non superiori – inutilità. È talmente tutto chiaro che quasi sarebbe del tutto… inutile aggiungere come questo gioco a rimpiattino risulti oltremodo fastidioso, trito e ritrito e per niente – appunto – utile in termini concreti. Tanto che l’appello infine lanciato da Castiglione per un “confronto serio, da subito” riveste il sapore delle cose già sentite, dette e stradette, che – pur se espresse nella loro più assoluta sincerità – sono destinate fin dalla loro proposizione a non portare da nessuna parte. Un appello alla mobilitazione generale per cambiare tutto, ben sapendo purtroppo che alla fine difficilmente qualcosa cambierà.
In provincia e in comune (anzi: in Provincia e in Comune), per non parlare poi di chi alberga nelle aule parlamentari o si muove nelle acque più torbide della PA nostrana Il Gattopardo devono averlo letto tutti, traendone le dovute e logiche benevoli conseguenze. Invece assolutamente nefaste per chi da quei circoli – chiusi, chiusissimi e sempre attivi nel riprodurre loro stessi – è storicamente escluso, da tempo immemore.