EDITORIALE
Del cigno nero, del rinoceronte grigio, dell’ippopotamo e di altri animali fantastici
Di fronte all’innegabile complessità degli anni che stiamo vivendo, studiosi e analisti hanno introdotto diverse definizioni e modelli che provano a descrivere, sintetizzare e analizzare la realtà in cui persone, aziende e istituzioni si trovano ad operare. Alcuni hanno adottato la metafora degli animali (a partire dal famoso “cigno nero”) e sono quelli che ci spiegano in maniera forse più semplice e immediata le minacce che dobbiamo affrontare. Ci aiutano anche a riflettere sul ruolo che le pubbliche amministrazioni devono svolgere in questo contesto e su come ripensarle affinché possano farlo al meglio. Una riflessione di fine anno, che riprende spunti già avviati nei mesi scorsi e che guarda al percorso del 2024, a partire dalla presentazione del nostro Annual Report in agenda il 18 gennaio fino al FORUM PA di maggio
20 Dicembre 2023
Gianni Dominici
Amministratore Delegato FPA
Che stiamo vivendo da anni un periodo di grande incertezza e complessità è evidente. C’è chi, per descrivere la concomitanza attuale di eventi di grande impatto (guerre, pandemia, crisi climatica), usa la parola “policrisi” recuperando un termine introdotto negli anni 90 da Edgar Morin. È il caso dello storico dell’economia Adam Tooze che, in un articolo pubblicato al finire dello scorso anno, scrive che le grandi crisi complesse «interagiscono tra loro in maniera tale che l’insieme delle parti è più opprimente della loro semplice forma»[1]. L’economista Nouriel Roubini preferisce invece parlare di “megathreats” (tradotto in italiano con “grandi minacce”) e nel suo ultimo libro scrive: «Rischi e minacce sono in agguato ovunque, però certuni sono lenti, e certuni sono più pericolosi degli altri. Alcuni dei più pericolosi sono anche i più plantigradi, il che rende particolarmente arduo mobilitare una reazione collettiva. In questo libro vorrei richiamare l’attenzione sulle massime minacce che ci si parano davanti nel nostro pianeta, lente o veloci, che ci colpiranno presto o un po’ più tardi. Io le chiamo “megaminacce”, sostantivo da me coniato per indicare un grave problema che potrebbe causare enormi danni e sofferenze e non potrà essere risolto facilmente o rapidamente»[2].
Concentrarsi sugli eventi e la loro complessità rischia però di sottostimare la riflessione sulla nostra capacità di analisi. Scriveva Domenico De Masi già dieci anni fa: «si è costretti a riconoscere che non è in crisi la realtà ma è in crisi il nostro modo di interpretarla, sono in crisi i nostri modelli esplicativi: poiché le categorie mentali mutuate dall’epoca industriale non sono più capaci di spiegarci il presente, noi siamo indotti a diffidare del futuro»[3].
E, infatti, da anni gli analisti cercano di costruire modelli interpretativi in grado di sintetizzare il contesto in cui persone, aziende e istituzioni si trovano ad operare. Il più noto e “datato” è sicuramente il metodo V.U.C.A. descritto nel 1987 all’interno del testo “Leader. Anatomia della leadership, le 4 chiavi della leadership effettiva” per opera di Burt Nanus, professore della University of Southern California, e Warren Bennis, consulente di organizzazione e direzione aziendale. L’acronimo sta per Volatility, Uncertainty, Complexity and Ambiguity. A questo approccio, negli anni più recenti e in concomitanza con la crisi pandemica il futurista Jamais Cascio ha lanciato un nuovo approccio, il BANI che sta per Brittle (fragile), Anxious, Non-linear, Incomprehensible, un quadro di riferimento per articolare le situazioni sempre più comuni in cui la semplice volatilità o la complessità sono lenti insufficienti per comprendere ciò che sta accadendo. Situazioni in cui le condizioni non sono semplicemente instabili, ma caotiche. In cui gli esiti non sono semplicemente difficili da prevedere, ma completamente imprevedibili. O, per usare il linguaggio particolare di questi framework, “situazioni in cui ciò che accade non è semplicemente ambiguo, ma incomprensibile”[4]. Ci siamo finalmente? Non proprio perché negli ultimi mesi, superato il momento acuto della pandemia è uscito RUPT, che significa Rapido, Imprevedibile, Paradossale e Ingarbugliato.
Un contesto inedito descritto, quindi, con aggettivi e modelli. Per semplificare, proviamo ora ad usare i nostri animali che ci spiegano, meglio di tanti modelli, le minacce che dobbiamo affrontare.
Il primo è diventato una star, suo malgrado, nel corso della pandemia, quando è stato evocato più volte, anche impropriamente come vedremo, per “spiegare” l’arrivo dell’imprevisto. È il cigno nero[5], come lo descrive il suo creatore Nassim Nicholas Taleb: «Ciò che qui chiameremo Cigno nero (con la maiuscola) è un evento che possiede le tre caratteristiche seguenti. In primo luogo, è un evento isolato, che non rientra nel campo delle normali aspettative, poiché niente nel passato può indicare in modo plausibile la sua possibilità. In secondo luogo, ha un impatto enorme. In terzo luogo, nonostante il suo carattere di evento isolato, la natura umana ci spinge a elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo spiegabile e prevedibile». Citato impropriamente, dicevo, perché lo stesso Taleb, nel momento in cui tutti vedevano volare cigni neri, spiegò in un’intervista come, in verità, l’evento pandemico fosse tutt’altro che inaspettato[6]. Più che di un evento imprevedibile, infatti, in questo caso si è trattato di un evento sottostimato. E questa considerazione ci introduce al secondo animale. Il rinoceronte grigio.
«Un Rinoceronte grigio è una minaccia altamente probabile e di forte impatto: qualcosa di cui dovremmo renderci conto, come un rinoceronte di due tonnellate che punta il suo corno verso di noi e si prepara a caricare. Proprio come suo cugino, l’Elefante nella stanza, un Rinoceronte grigio è qualcosa che dovremmo essere in grado di vedere chiaramente per via della sua portata. Dopotutto qualcosa di così imponente deve pur ricevere l’attenzione che merita. Al contrario, è proprio l’ovvietà di questi pachidermi problematici a fare parte di ciò che ci rende così incapaci di reagire. Non siamo in grado di riconoscere ciò che è ovvio, e quindi di prevenire crisi altamente probabili e ad alto impatto: quelle rispetto alle quali siamo in grado di fare qualcosa»[7]. Così lo descrive Michele Wucker che ci fornisce poi una serie di esempi: dal cambiamento climatico, all’avvento delle tecnologie rivoluzionarie. Guardando al contesto italiano viene immediato pensare alle minacce relative al dissesto idrogeologico o alle abitazioni a forte rischio sismico. Sono delle minacce che ben conosciamo ma che sentiamo lontane fino a quando, poi, purtroppo, le cose accadono. Continua Wucher: «Tutte queste sfide, proprio come i rinoceronti che pascolano all’orizzonte, si delineano inizialmente come minacce lontane. Più si avvicinano, più alti sono i costi da sostenere per intervenire; eppure, più sono lontane (o più ci convinciamo che lo siano) più è improbabile che faremo qualcosa al riguardo. Le minacce costanti possono sfiancarci, convincendoci del fatto che non vinceremo mai o facendoci restare immobili mentre la catastrofe imminente viene verso di noi troppo lentamente da convincerci a evitarla».
Ma arriviamo al terzo animale, il più pericoloso di tutti, tra i più feroci in natura e minaccioso come metafora: l’ippopotamo o, meglio, il suo cugino inglese HiPPO. L’effetto HiPPO (Highest Paid Person’s Opinion, l’opinione della persona più pagata; ippopotamo in inglese, N.d.T.). Con ciò si intende, come ci dicono Joost Minnaar e Pim De Morree, «l’abitudine di schierarsi con il funzionario di grado più elevato (e quindi spesso quello che ottiene lo stipendio più alto), così sottostimando la persona che ha più competenza, esperienza o idee più brillanti. Il sistema di lavoro tradizionale tende a trascurare il merito di un problema semplicemente per compiacere il collega con la più alta seniority. L’inefficacia di tutto ciò è stata scientificamente dimostrata» [8].
Ed è questo il punto. È questo il tema che abbiamo seguito nel corso dell’anno[9] e che sarà al centro del prossimo FORUM PA dal 21 al 23 maggio. Abbiamo bisogno che le nostre pubbliche amministrazioni svolgano il ruolo centrale che a loro compete, ruolo che è stato di recente riaffermato con forza anche dalla Commissione europea nella Comunicazione “Enhancing the European Administrative Space”, denominata ComPAct, adottata il 25 ottobre scorso (ne abbiamo parlato qui). Per svolgere questo ruolo la PA deve puntare a valorizzare le persone, sia le nuove leve che i dipendenti di lungo corso, a partire da un ripensamento su se stessa. Abbiamo bisogno di organizzazioni (e persone) che sappiano mettere in discussione la propria struttura gerarchica e verticistica imparando ad ascoltare anche il dissenso, le voci critiche, le proposte innovative.
Con questa riflessione di fine anno, vi diamo appuntamento al primo grande momento di confronto che stiamo organizzando per il 2024: la presentazione del nostro Annual Report, arrivato alla nona edizione, che è in agenda il 18 gennaio. Sarà una grande occasione per confrontarci sui principali fenomeni che stanno interessando la PA, a partire proprio dalla valorizzazione delle persone, che per noi è stato il filo rosso dell’anno che sta per chiudersi.
[1] Adam Tooze, Welcome to the world of the polycrisis, Financial Times, 28 ottobre 2022
[2] Nouriel Roubini, La grande catastrofe. Dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere, Feltrinelli Editore, 2023
[3] Domenico De Masi, Mappa Mundi. Modelli di vita per una società senza orientamento, Rizzoli, 2014
[4] Carmelo Greco, VUCA e BANI: due modelli che descrivo che descrivono l’incertezza del mondo attuale, Digital4. 30 novembre 2022
[5] Nassim Nicholas Taleb, Il Cigno nero Come l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore 2007
[6] Il coronavirus non è un cigno nero, dice l’autore del ‘Cigno Nero’
[7] Michele Wucker, Il rinoceronte grigio. Come prevedere e affrontare i pericoli ovvi che spesso ignoriamo, ROI edizioni 2016
[8] Joost Minnaar e Pim De Morree, Corporate Rebels. 8 modi per trasformare radicalmente il lavoro, Rubettino, 2020.
[9]Claudia Scognamiglio, Gianni Dominici, Oltre lo stereotipo: raccontiamo una PA a colori, settembre 2023. Gianni Dominici, Non mandiamo i talenti ad asfaltare i sentieri delle vacche, ottobre 2023