Devolution e altre storie.
"Devolution ed altre storie" era il titolo di un caustico e stimolante pamphlet di Luciano Vandelli, uscito per Il Mulino qualche anno fa. Riprendo il titolo perché oggi vorrei richiamare la vostra attenzione sul tema del federalismo che mi pare tra i più confusi nel panorama della nostra un po’ malmessa alleanza tra politica ed amministrazione.
17 Marzo 2008
Carlo Mochi Sismondi
"Devolution ed altre storie" era il titolo di un caustico e stimolante pamphlet di Luciano Vandelli, uscito per Il Mulino qualche anno fa. Riprendo il titolo perché oggi vorrei richiamare la vostra attenzione sul tema del federalismo che mi pare tra i più confusi nel panorama della nostra un po’ malmessa alleanza tra politica ed amministrazione. L’occasione mi è data dal convegno che stiamo organizzando assieme al Comune di Milano, all’Andigel (l’Associazione dei direttori generali degli Enti locali) e il Sole24Ore.
Obiettivo dell’evento che si svolgerà nel pomeriggio del 4 aprile a Milano, a un pugno di giorni dalle elezioni, è, infatti, proporre una riflessione e uno stimolo alla nuova Legislatura sulla necessità del perfezionamento di un quadro istituzionale che, secondo lo spirito della riforma del Titolo V della Costituzione, renda effettivamente possibile una multilevel governance per regolamentare funzioni e ruoli delle diverse sfere di Governo in modo da evitare sovrapposizioni e sprechi, per favorire le forme associative tra amministrazioni, per non moltiplicare gli enti, ma anzi rendere possibile una loro razionalizzazione.
Come da ora in poi faremo, prima e dopo le elezioni, il convegno non sarà fine a se stesso, ma produrrà un documento di sintesi, una sorta di "decalogo" che vuole essere un’indicazione, nata dai vertici amministrativi degli Enti locali e consegnata al nuovo Parlamento. La nuova Legislatura si troverà, infatti, a dover prendere in esame nuovamente la materia dopo il fermo che lo scioglimento della Camere ha imposto al disegno di legge sul Codice delle Autonomie Locali.
Vi arriverà un invito specifico e quindi vi aspetto numerosi come sempre: sarà anche l’occasione per presentare la nuova edizione del FORUM PA con le sue tante novità.
Ma torniamo al federalismo: nessun imbarazzo a proporvi i programmi in materia dei due principali schieramenti. Anche perché, come vedremo poco si discostano l’uno dall’altro.
Partiamo dal PDL che dedica all’argomento una delle sette missioni del suo scarno (12 pagine) programma. Vi cito interamente il testo:
La riforma del Titolo V della Costituzione ha posto le premesse per avviare un ampio processo di trasferimento di poteri dal centro alla periferia. Per il riconoscimento di una effettiva autonomia delle Regioni e degli enti locali occorre realizzare il federalismo fiscale, che comporta il trasferimento di risorse finanziarie dal centro alla periferia, a parità di spesa pubblica e di pressione fiscale complessiva.
• attuazione al disposto dell’articolo 119 della Costituzione, assegnando agli enti territoriali le più idonee fonti di finanziamento, trovando il giusto equilibrio tra autonomia, equità ed efficienza;
• approvazione, a tal fine, da parte del Parlamento della proposta di legge "Nuove norme per l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione", adottata dal Consiglio Regionale della Lombardia il 19 giugno 2007;
• garanzia della massima trasparenza ed efficienza nelle decisioni di entrata e di spesa, così da permettere il controllo della collettività sulle politiche fiscali e di spesa delle amministrazioni locali;
• garanzia che la perequazione riduca ma non annulli le differenze di capacità fiscale, fermo il principio costituzionale di giusto equilibrio tra solidarietà ed efficienza, premiando i comportamenti finanziari virtuosi e le regioni con una minore evasione fiscale.
Passando invece al Partito Democratico non troviamo nessuno dei capitoli (il programma come è noto delinea quattro grandi problemi del Paese, 10 pilastri e 12 azioni di Governo per risolverli) dedicato esplicitamente al federalismo. Esso comunque è presente come affermazione di autonomia in tutto il testo ed esplicitamente in molti punti, dalla scuola allo sviluppo delle autonomie territoriali, alla cultura, allo stesso assetto istituzionale del Senato. Il passaggio più importante riguarda però anche qui il federalismo fiscale, grande assente nelle riforme di questi anni. Anche qui vale la pena di citarlo interamente. Vi salteranno subito all’occhio le similitudini col precedente:
i) Federalismo fiscale e infrastrutturale
E’ necessario che i due terzi del paese siano liberati dal coinvolgimento del governo centrale nel finanziamento delle loro competenze e che l’intervento dello stato sia limitato alla perequazione dei territori con più basso reddito pro-capite e di quelli storicamente svantaggiati nella distribuzione delle risorse pubbliche. Un assetto efficiente della finanza decentrata richiede che si ricorra a vere compartecipazioni dinamiche al gettito dei grandi tributi erariali e ad un vero coordinamento della finanza pubblica multilivello, a garanzia che il decentramento non modifichi le decisioni generali assunte in merito al livello di pressione fiscale. La sede di questo coordinamento deve essere il nuovo Senato delle autonomie.
Attraverso i tributi propri, poi, ciascun territorio potrà completare il finanziamento dei servizi pubblici di prossimità. Una volta garantiti gli standard di base espressamente individuati dalla Costituzione, ciascun territorio potrà, liberamente e democraticamente, decidere se e come differenziare i propri servizi, avvicinando sempre di più, negli enti di prossimità, le decisioni di politica pubblica al controllo e al monitoraggio della popolazione.
Devono essere costruiti strumenti a garanzia della separatezza delle gestioni finanziarie, limitandosi lo stato a definire il contributo dei singoli comparti del sistema delle autonomie all’azione di contenimento del deficit e della riduzione del rapporto Debito/PIL. Deve essere esteso a tutte le Regioni, anche in cooperazione tra di loro, il metodo del "federalismo infrastrutturale", sperimentato dal Governo Prodi con la regione Lombardia, e avviato con altre. In particolare, il potere di assegnare concessioni di costruzione e gestione di significative opere stradali e ferroviarie deve essere trasferito dallo stato centrale a soggetti misti stato-regione.
Allora c’è da star tranquilli? Almeno alcuni punti fermi per gli Enti locali, e su tutti la certezza delle risorse, dovrebbero essere in cassaforte, centrali come sono per entrambe le principali forze politiche che si contendono il governo del Paese.
Sarò il solito scettico, ma tanto tranquillo non sono…. Credo che sarà il caso di sorvegliare, chiunque vinca, che non si resti con un pugno di mosche in mano, come è successo nelle due passate legislature.
La certezza delle risorse, anche se è la più importante, non è certo l’unica delle condizioni di contesto istituzionale che devono essere garantite per permettere il buon governo degli enti: si dovrebbe parlare di valutazione, di gestione del personale, di autonomia di spesa e di risparmi (la banale idea che chi risparmia per investire l’anno dopo ha diritto di godere del suo sacrificio è lontana anni luce dalla vita delle nostre amministrazioni!), di partecipazione, di rendicontazione, ecc. Nel convegno di Milano ne parleremo, intanto è bene che tutti noi alziamo la guardia e le antenne!
Buona lavoro
Carlo Mochi Sismondi