Dirigente PA, gli acquisti svecchiali tu: ecco come
L’innovazione, tanto riferita alle procedure quanto all’oggetto del procurement, deve essere necessariamente preceduta dall’adeguamento organizzativo dell’amministrazione pubblica, e che questo sia governato da una pianificazione che traduca la vision del cambiamento in un piano d’azione operativo, in cui siano esplicitati gli obiettivi e i metodi di realizzazione degli stessi
18 Maggio 2016
Cristian Campagna
Il percorso che ha condotto alla recente riforma della normativa sugli appalti ha rinvigorito il dibattito sulle tecniche e sugli strumenti innovativi per il public procurement management, andando ad arricchire l’altro tema sul procurement che, negli ultimi tempi, aveva catalizzato l’attenzione di studiosi e operatori, quello degli appalti di innovazione. In sede di confronto dialettico la tentazione della reductio ad unum è forte, ed è in parte giustificata dalla public procurement strategy dell’UE che contempla entrambe le prospettive.
La suggestione nasce dalla riconduzione dell’uno e dell’altro aspetto alla categoria dell’ innovazione. Senza entrare, in questa sede, in una speculazione ontologica del concetto in parola [1], appare evidente come il primo aspetto afferisca all’innovazione nelle/delle procedure di gara – che tradizionalmente è riconducibili all’ e-procurement e, dopo la riforma del Codice degli appalti, alla digitalizzazione delle procedure – mentre il secondo inerisca all’innovazione nell’ oggetto del procurement, specie quello legato al campo della ricerca e sviluppo. La questione, insieme ad altre, ha animato il dibattito del Tavolo di lavoro sul procurement , nell’ambito dell’iniziativa Cantieri della PA digitale di FPA e, al fine di evitare la sovrapposizione di piani diversi di discussione, è stata condivisa una distinzione metodologica: da un lato si tratta di conoscere gli aspetti riguardanti l’ innovazione del procurement, dall’altro le questioni afferenti il procurement di innovazione.
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Si tratta di due tematiche distinguibili ma non separabili, non essendo l’una avulsa dall’altra. Il punto è il seguente: l’innovazione del procurement è funzionale al procurement di innovazione e viceversa? Come è immediatamente intuibile, un appalto di innovazione può di per sé rappresentare uno strumento innovativo nella cassetta degli attrezzi del contraente pubblico, oltreché commissionare soluzioni innovative per l’approvvigionamento dei beni e servizi da parte della stazione appaltante. Altrettanto evidente è anche il vantaggio, in termini di efficienza ed economicità, dell’e-procurement applicato a una procedura di appalto di innovazione: in questo senso il primo, inteso quale innovazione di processo, può essere considerato un pre-requisito del secondo. Ma c’è di più. Come è stato efficacemente fatto notare , gli strumenti innovativi di acquisto, oltre alle finalità per le quali sono concepiti – garantire vantaggi prestazionali e razionalizzare l’approvvigionamento del committente pubblico – sono funzionali agli appalti di innovazione per il fatto di agevolare l’incontro tra domanda e offerta di innovazione. È ciò che avviene, ad esempio, nel MePA (Mercato elettronico della pubblica amministrazione), in cui le PMI innovative hanno l’occasione di mettersi in mostra, mentre alle PA è data l’occasione di conoscere realtà che altrimenti avrebbero difficoltà a incontrare.
Il change management come leva del cambiamento innovativo
Il punto di maggiore contatto tra l’innovazione del procurement e il procurement di innovazione è sul piano dell’implementazione , nel quale emerge in maniera dirompente l’esigenza del cambiamento organizzativo come leva per il cambiamento innovativo. In altri termini, da più parti si avverte la necessità che l’innovazione, tanto riferita alle procedure quanto all’oggetto del procurement, sia preceduta e accompagnare dall’adeguamento organizzativo dell’amministrazione pubblica e che questo sia governato da una pianificazione che traduca la vision del cambiamento in un piano d’azione operativo, in cui siano esplicitati gli obiettivi e i metodi di realizzazione degli stessi.
Le fonti di questo bisogno si rinvengono nelle nuove sfide poste o rilanciate dalle nuove norme sugli appalti, come l’aggregazione della domanda, il rilevamento dei fabbisogni (ordinari e di innovazione) da parte delle amministrazioni pubbliche, la digitalizzazione delle procedure di acquisto, l’informatizzazione delle fasi a monte e a valle dei procedimenti di gara. Attività, queste, che richiedono uno sforzo di adattamento che investono le PA sotto molteplici aspetti delle loro organizzazioni.
Struttura organizzativa e processi organizzativi
Il cambiamento organizzativo richiede: una profonda revisione della struttura e dei processi organizzativi, una riorganizzazione delle risorse umane, un adeguamento dei comportamenti e della cultura organizzativa [2].
Per il primo aspetto, una riorganizzazione della struttura delle amministrazioni a livello macro, che contempli nuove forme di interdipendenze e di meccanismi di integrazione, è percepita come prioritaria dalle amministrazioni periferiche, bisognose di linee guida e modelli da seguire. Le amministrazioni regionali che sperimentano procedure di appalti di innovazione, invece, esprimono l’esigenza di un driver tecnologico verticale. Gli stakeholders coinvolti nelle procedure di acquisto nel settore della sanità, dal canto loro, avvertono il bisogno di un cambiamento dei processi organizzativi all’interno dei meccanismi di aggregazione degli acquisti, nei termini di una reingegnerizzazione della logistica e di un’innovazione dei sistemi informativi contabili delle aziende fornitrici.
Gestione delle risorse umane e cultura organizzativa
Aspetto capitale è poi il cambiamento nella gestione delle risorse umane, avvertito come imprescindibile alla luce del cambio di paradigma imposto dalle nuove procedure innovative di procurement. Esso si traduce nello sviluppo e nella formazione dei dipendenti, nel reclutamento di nuove risorse sulla base di nuovi skills. Da parte di diverse amministrazioni si registra un elevato bisogno di professionalità, pena il rischio paradossale, suffragato dalla realtà, di escludere dal cambiamento innovativo le generazioni nativo-digitali facendo esclusivo affidamento sulle risorse convertito-digitali.
Conseguente alla formazione delle risorse umane è l’adeguamento dei comportamenti e della cultura organizzativa . Da un lato si avverte l’esigenza di agire per superare le resistenze interne al cambiamento innovativo, dall’altro la necessità di un committment da parte della dirigenza pubblica. Pratiche come la condivisione delle esperienze, i processi di apprendimento collettivo, la comunicazione istituzionalizzata tra i dipendenti, il coinvolgimento formale del personale al processo di cambiamento, sono funzionali alla prima esigenza. Come è stato rilevato da rappresentanti istituzionali aderenti al Tavolo di lavoro, i deficit di questa natura implicano che rilevanti quote del personale delle PA non siano attratte dall’esperienza professionale nelle centrali di acquisto per il timore di affacciarsi a un lavoro che può creare problematiche.
Sull’altro fronte, quello della dirigenza, è importante che il top management funga da driver di innovazione attraverso il ruolo di attivatore/catalizzatore dei processi di cambiamento. Il prerequisito perché ciò avvenga è che la dirigenza percepisca la necessità del cambiamento innovativo. Anche qui rileva il dato formativo-culturale e, ancora una volta, le amministrazioni che manifestano maggiore esigenza in questo senso sono quelle periferiche.
Appare chiaro come il cambiamento organizzativo, in quanto funzionale all’innovazione applicata al public procurement – in entrambe le forme descritte all’inizio – assurga a questione fondativa per l’obiettivo posto. Come rilevato dagli stakeholders intervenuti al Tavolo di lavoro, allo stato questo adattamento sembra mancare profondamente nella PA.
[1] In merito emergono differenti punti di vista, derivanti da fattori come la formazione personale, la sensibilità verso talune tematiche e l’interesse sotteso. Stando alle norme, nell’orgia definitoria del nuovo Codice degli appalti trova spazio proprio il termine “innovazione”, definito come “l’attuazione di un prodotto, servizio o processo nuovo o che ha subito significativi miglioramenti tra cui quelli relativi ai processi di produzione, di edificazione o di costruzione o quelli che riguardano un nuovo metodo di commercializzazione o organizzativo nelle prassi commerciali, nell’organizzazione del posto di lavoro o nelle relazioni esterne” (art. 3, lett. nnnn), d. lgs. 50/2016)
[2] HINNA A. (2009), Organizzazione e cambiamento nelle pubbliche amministrazioni , Carocci editore, Roma