Ecco come scovare i furbacchioni: cherchez l’ostriche!
Le ultime vicissitudini in tema di malversazioni da parte di alcuni esponenti di partito mi hanno fatto pensare ad un altro tipo possibile di “misurazione” delle loro malefatte. Si tratta di una specie di redditometro “in salsa ittica” da adottare rispetto ai reati che possono essere messi in atto da figuri torbidi del settore, anche se le acque nelle quali hanno per lungo tempo navigato son tutt’altro che chiare, dolci e fresche. Credo che la proposta, che vado tosto ad illustrare, potrebbe risultare buona per acclarare eventuali future situazioni in caso di azioni nobili tipo appropriazione indebita, truffa, peculato e via di questo passo, e mi permetto umilmente di segnalarne il metodo e l’uso a chi può giovarsene in termini di indagine.
18 Settembre 2012
Tiziano Marelli
Le ultime vicissitudini in tema di malversazioni da parte di alcuni esponenti di partito (chissà com’è, sono soprattutto quelli che tenevano strettamente avocati a sé i cordoni della borsa) mi hanno fatto pensare ad un altro tipo possibile di “misurazione” delle loro malefatte. Si tratta di una specie di redditometro “in salsa ittica” da adottare rispetto ai reati che possono essere messi in atto da figuri torbidi del settore, anche se le acque nelle quali hanno per lungo tempo navigato – al contrario di quelle attraverso le quali si sono molto ben pasciuti – son tutt’altro che chiare, dolci e fresche. Credo che la proposta, che vado tosto ad illustrare, potrebbe risultare buona per acclarare eventuali future situazioni in caso di azioni nobili tipo appropriazione indebita, truffa, peculato e via di questo passo, e mi permetto umilmente di segnalarne il metodo e l’uso a chi può giovarsene in termini di indagine.
Premetto che ho iniziato a pensarci quando si sono scoperti gli altaroni – li definisco così perché sono tutt’altro che rubricabili come “ini” – dell’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, e il concetto mi si è fatto più chiaro quando da qualche giorno sono stati resi pubblici quelli altrettanto corposi (quasi quanto la sua stazza) di Franco Fiorito, da poco auto-rimossosi dal ruolo di capogruppo del Pdl alla Regione Lazio (quindi, si noti bene come la mia sia osservazione da considerare bipartisan, e assolutamente trasversale).
Se ci avete fatto caso, minimo comune denominatore nelle prassi di questi onest’uomini è risultata essere la passione incontrollata per l’abbuffata di tutto ciò che di delizie per il palato fornisce il mare. La predilezione – ça va sans dire, e così introduco il francese, che mi tornerà utile anche più avanti – per ostriche, ricciole, ricci e capesante, senza che si disdegnassero nemmeno gli ormai forse abusati pesce spada e tonno (prediletto soprattutto in filetto “a crudo”, ne sono certo), e pure mitili ormai del tutto a portata anche del popolo volgare e plebeo come cozze e vongole, comunque nel caso senz’altro preferite – anche qui non ho dubbi – in modalità assolutamente verace.
Dunque, il senso del mio suggerimento è questo: estendere, laddove possibile, i controlli sui ristoranti a specialità di pesce preferiti dai politici che si possono immaginare basati soprattutto in luoghi di “capitale” rinomanza o in prossimità di sedi di partito, parlamenti e assemblee regionali, oltre che nei pari siti mangerecci ubicati nelle città di residenza, di vacanza e in quelle facenti funzione di serbatoio di voti del politico in questione. Poi, il consiglio è di verificare l’esistenza di eventuali abnormi ordinativi di molluschi (et similia) pregiati nei prestigiosi luoghi così identificati e, laddove questo fosse riscontrato, controllare a chi sono addebitate le fatture che ne riportano uno spropositato consumo: se l’intestazione si rifà a qualcosa di contiguo all’universo della nostra politica è il caso di procedere ad un controllo più serrato e mirato, quasi certi di andare a colpo sicuro.
Questo tipo di operazione si potrebbe chiamare “cherchez l’ostriche”, letteralmente (eccolo di nuovo!) dal francese: “cercate l’ostrica”, naturale estensione e mutazione del concetto che addebitava alla mera presenza di una eventuale “femme” la giustificazione di un reato da così basso impero e trivio. In verità, anche nei casi citati qui all’inizio una donna c’entra sempre, visto che a far da corollario alle manie mangerecce smodate dei nostri protagonisti trattasi di figura che non manca proprio mai, magari anche in compagnia (corposa, corposissima) di “camarades”, termine anch’esso transalpino che – per far valere ancora la par condicio e non rischiare d’incorrere in sbagliate interpretazioni, ad onta di quel che può apparire d’amblais – si può tradurre in un generico “compagni”: di scorpacciata, d’avventura, di mangiata pantagruelica.
Stesso discorso vale se, dopo queste ultime di cronaca, negli stessi ristoranti la richiesta di pescato pregiato fosse calata d’improvviso: in questo caso a destare sospetto dev’essere l’eventuale fuggi fuggi generale di soggetti probabilmente “politicamente scorretti” dalle location enogastronomiche sopra “deputate”. Non so come, ma mi viene da scommettere che, di questi ultimissimi tempi, molti degli estimatori del mitile di pregio – e che non ci sfugga: trangugiato a spese nostre! – sono in quella fase di tendenza che si può chiamare “latitanza dalla paranza”: triste e austera ma adesso obbligata, come un’amatriciana dei loro (bei?) tempi andati.