Gianni Dominici intervista Elena Gamberini, Direttore Generale dell’Unione Bassa Reggiana, che indica la cooperazione intercomunale come uno dei progetti da promuovere nel paese Italia, per la tenuta dei servizi, non solo quelli fondamentali ma anche quello legato al tema della transizione digitale
22 Ottobre 2020
Redazione FPA
In questa fase di Restart Italia, le città, i piccoli comuni, le Unioni di Comuni sono i punti fermi dell’intervento di prossimità, le realtà istituzionali più vicine ai cittadini e ai problemi. Ricordiamo che il tessuto amministrativo italiano è costituito da 7900 comuni e di questi 6000 sono al di sotto dei 5000 abitanti.
Come testimone e protagonista di realtà più piccole, in questa puntata Gianni Dominici intervista Elena Gamberini, Direttore Generale dell’Unione Bassa Reggiana.
L’ente è, da gennaio 2020, sperimentatore del progetto VeLA (Veloce, Leggero, Agile: Smart Working per la PA), ha così potuto attivare lo smart working straordinario e fronteggiare meglio il periodo dell’emergenza sanitaria.
L’intervista
Per la Bassa Reggiana ha sicuramente favorito la gestione di questa pandemia il fatto di essere costituiti in Unione e di avere tra le funzioni associate il servizio informatico, conferito dall’anno 2012.
Gamberini chiama in causa il ruolo degli amministratori locali – sindaci e assessori – nel progetto della transizione digitale del Paese, essendo diffuso il sistema degli enti locali italiani. È qui che bisogna provare a fare un lavoro di recupero.
“Quando è scoppiata l’emergenza – afferma Gamberini – avevamo fatto un solo incontro con un referente regionale del progetto VeLA, gli amministratori e un sindaco delegato al tema dell’agenda digitale (ricordiamo che l’Unione è costituita da 8 comuni, 8 sindaci con deleghe distribuite), avevamo poche informazioni teoriche che ci hanno però permesso di procedere celermente. Abbiamo attivato 170 postazioni, che per il nostro territorio erano più che adeguate, e stiamo proseguendo lo smart working”.
Gamberini crede che il fare rete e cercare di unire i servizi, non solo quelli fondamentali ma anche quello legato al tema del digitale e dell’informatica, sia uno dei progetti da promuovere nel paese Italia perché ha consentito di ridurre le tempistiche e di dotare il dipendente pubblico di tutte quelle risorse – connettività, device – necessarie allo smart working straordinario.
Per i piccoli comuni è fondamentale il concetto di sharing service per accelerare la trasformazione digitale. Com’è riuscita la Bassa Reggiana a superare quella cultura del campanile che spesso impedisce di collaborare?
“Le unioni dei Comuni – continua Gamberini – sono circa 570, circa 7 milioni di cittadini amministrati, quindi il tema dell’Unione dei comuni delle aree interne è un tema serissimo per l’Italia. Essendo la composizione amministrativa fatta prevalentemente di piccoli enti, essendo i bisogni dei cittadini e delle imprese crescenti e sempre più mutevoli e le risorse professionali di competenze ed economiche calanti, non ci sono tante vie d’uscita; la gestione associata crea dei livelli intermedi per garantire ai cittadini alle imprese i servizi fondamentali. In più occorre promuovere la cultura digitale (secondo l’indice DESI siamo il terzultimo paese in Europa su una serie di indicatori)”.
Le unioni di comuni o le gestioni associate non devono far sparire I campanili, devono valorizzarli, avendo sempre come binario di riferimento il servizio al cittadino e all’impresa.
Gamberini prosegue elencando una serie di lezioni apprese durante l’emergenza. Il primo insegnamento è che la pubblica amministrazione, anche a livello locale, è molto più flessibile al cambiamento di quanto non si pensi. Il secondo è che le reti interistituzionali sono un elemento indispensabile per la riuscita e per la tenuta dei servizi. Terzo che la transizione digitale è possibile; che le organizzazioni degli enti locali sono capaci di adattarsi; e infine che abbiamo delle lacune professionali del comparto dipendenti pubblici che vanno rapidamente colmate (si è bravi ad usare le piattaforme, meno ad utilizzare strumenti semplicissimi di condivisione come google drive).
Le criticità emerse invece riguardano la connettività e la programmazione delle attività, necessarie in presenza di un modello organizzativo agile. “Se esco dalla logica dell’emergenza – dice Gamberini – devo inserire nel DUP – Documento Unico di Programmazione – delle note sullo smart working, devo prevedere gli investimenti sulla transizione tecnologica, devo supportare il responsabile della transizione digitale e devo rivedere quelli che sono i sistemi di valutazione della performance”.
Un piano del fabbisogno formativo triennale è quello che Gamberini crede serva per fare una mappatura delle competenze presenti, di quelle attese e darsi un tempo minimamente significativo, nell’arco di un triennio, per fare acquisizione di conoscenze e competenze. “Avere la pretesa che oggi, dopo qualche mese di emergenza, ci siano delle evidenze sui cambiamenti organizzativi sarebbe velleitario”.