Eppur si muove. Primi risultati della diffida nella class action pubblica
La class action contro la pubblica amministrazione non è completa. Mancano ancora gli ormai “acclamati” standard qualitativi ed economici di riferimento. Eppure qualcosa si muove. Forse un po’ inaspettatamente. La diffida, primo passo dell’azione collettiva contro la pubblica amministrazione, sta dando i suoi, interessanti, primi risultati.
16 Novembre 2010
Chiara Buongiovanni
La class action contro la pubblica amministrazione non è completa. Mancano ancora gli ormai “acclamati” standard qualitativi ed economici di riferimento. Eppure qualcosa si muove. Forse un po’ inaspettatamente. La diffida, primo passo dell’azione collettiva contro la pubblica amministrazione, sta dando i suoi, interessanti, primi risultati.
In una piccola inchiesta del Sole 24Ore, compare una prima lista di “successi” riferibili alle class action presentate da Cittadinanzattiva e da alcune associazioni di consumatori.
La Questura di Roma, il Comune di Cineto Romano, l’Azienda Sanitaria provinciale di Reggio Calabria, RFI e Anas ad esempio, a seguito della diffide presentate, hanno provveduto, ciascuna per quanto segnalato, a correggere le proprie inadempienze.
In particolare: la questura di Roma era stata diffidata da Cittadinanzattiva per il rispetto dei tempi per il rilascio del permesso di soggiorno a cittadini extra-comunitari per motivi di studio (20 giorni) e per il rispetto dei tempi per il rilascio dei permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo (90 giorni); l’Asp di Reggio Calabria per il rispetto dei tempi di accertamento dell’invalidità civile (15 giorni in caso di malati oncologici), il Comune di Cineto Romano per il rimborso della tassa di depurazione; Rfi e Anas erano stati diffidati da Confconsumatori per il ripristino del tratto di linea ferroviaria e autostradale Benevento – Foggia.
Due le diffide in attesa di risposta: quella di Adiantum al Ministero della Giustizia a vigilare sull’applicazione dell’affido condiviso e quella di Assoconsum al Comune di Napoli per assunzioni non trasparenti in una cooperativa e in alcune società partecipate dal Comune.
Tre i casi di inadempienza perdurante: Equitalia Gerit spa Lazio, diffidata da Cittadinanzattiva per aver (contro la legge) iscritto ipoteche in presenza di debiti inferiori a 8000 euro, il Comune di San Gregorio di Campania e l’Acquedotto lucano spa diffidati ancora da Cittadinanzattiva per il rimborso della tassa di depurazione.
Proprio a partire dai casi di inadempienza perdurante si apre la questione del “come procedere”, a fronte di una situazione non chiara in materia di standard “quali-quantitativi” di riferimento.
Intervenendo a FORUM PA 2010, Giovanni Guzzetta, Consigliere del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, aveva sottolineato la carica innovativa dello strumento "class action", identificandola proprio nell’effetto di produrre una “PA ordinata in standard”. “L’intera attività amministrativa ovvero della pubblica amministrazione e dei concessionari dei servizi pubblici – aveva spiegato – si troverà ordinata in standard qualitativi ed economici”.
Ad oggi, questo quadro di riferimento degli standard, a cui rifarsi in sede di azione collettiva davanti al TAR, non è assolutamente chiaro. In realtà la direttiva Brunetta del 25 febbraio 2010, n. 4 ha chiarito che alcune delle azioni introdotte dal decreto 198/2009 sono già esperibili, riferendosi in particolare alle azioni "determinate dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori o non aventi contenuto normativo da emanarsi entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento”.
Sottolineando che, al tempo, l’attività di definizione degli standard era già in corso (siamo a febbraio 2010), la Direttiva riconosce che “la delibera n. 1/2010 della Commissione valutazione, trasparenza e integrazione della PA già ha sancito nella definizione delle more degli standard di far riferimento a: Previsioni di termini fissati da leggi o regolamenti; Carte dei servizi esistenti e agli eventuali ulteriori provvedimenti in materia adottati dalle singole amministrazioni”.
Sulla base di questa Direttiva c’è chi sostiene che si potranno già portare davanti al TAR alcune delle azioni collettive, nei casi in cui, decorsi i termini della diffida, l’amministrazione sia rimasta inadempiente. Sarà probabilmente la giurisprudenza prodotta dai giudici davanti a cui arriveranno le prime class action a fare inizialmente chiarezza, mentre aspettiamo il quadro ordinato degli standard che rimane fondamentale per rendere pienamente efficace uno strumento che “in altri tempi (neanche troppo lontani) – sostiene Guzzetta – sarebbe stato considerato eversivo”.
E’ chiaro che non si può fare ora un bilancio sulla class action pubblica, di fatto non ancora operativa perché mancante di un frame fondamentale (gli standard quali – quantitativi, appunto). Però si può avviare una prima riflessione sulla “spinta all’adempimento” che sembra attivarsi con la semplice diffida.
Probabilmente parte di questa spinta, come suggerito da diversi commentatori, viene da un elemento nuovo e solo apparentemente secondario nell’impianto scelto per la class action pubblica con il decreto 198/2009. Il Decreto, infatti, stabilisce che “la sentenza che accoglie la domanda nei confronti di una pubblica amministrazione è comunicata, dopo il passaggio in giudicato, agli organismi con funzione di regolazione e di controllo preposti al settore interessato, alla Commissione e all’Organismo di cui agli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, alla procura regionale della Corte dei conti per i casi in cui emergono profili di responsabilità erariale, nonché agli organi preposti all’avvio del giudizio disciplinare e a quelli deputati alla valutazione alla valutazione dei dirigenti coinvolti, per l’eventuale adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza”.
Insomma già “l’effetto diffida” sembra promettere bene…speriamo meglio.
Ricordiamo che la diffida è il primo passo, pre-requisito alla vera e propria azione collettiva davanti al giudice amministrativo. Infatti, i portatori di interesse leso dovranno inoltrare una diffida all’amministrazione o al concessionario di servizi pubblici ad effettuare entro il termine di 90 giorni gli "interventi utili alla soddisfazione degli interessi". Soltanto nel caso in cui, superato il termine citato, il soggetto pubblico non dovesse porre in essere i rimedi opportuni, si potrà avviare il ricorso vero e proprio, da proporsi entro un anno dalla scadenza del termine dei 90 giorni.