EDITORIALE
I 40 Paesi più sviluppati dichiarano di voler innovare il settore pubblico, e di volerlo fare insieme
Dopo anni di lavoro e un’ampia campagna di coinvolgimento e comunicazione, l’OCSE ha adottato la “Dichiarazione sull’innovazione nel settore pubblico”. Al momento questo importante documento è disponibile solo in francese e inglese, per questo vogliamo offrirvene qui un fedele riassunto accompagnato da una riflessione
5 Giugno 2019
Carlo Mochi Sismondi
Presidente FPA
Pochi giorni fa, il 22 maggio scorso, è stata adottata dall’OCSE la “Dichiarazione sull’innovazione nel settore pubblico”. Un documento importante firmato dai 35 Ministri dei Paesi membri dell’OCSE e da 5 Paesi non membri (Argentina, Brasile, Costa Rica, Indonesia e Perù) che intende dare legittimità all’innovazione come attività essenziale e strategica per tutti gli organismi pubblici e per tutte le persone che vi lavorano.
La Dichiarazione, che è stata preparata da molti anni di lavoro congiunto nell’ambito dell’Osservatorio dell’Innovazione nel Settore Pubblico (OPSI) dell’Organizzazione, si appoggia anche su una campagna di coinvolgimento degli stakeholders e di comunicazione sotto lo slogan “declare to innovate”.
Purtroppo per ora non ne esiste una traduzione ufficiale in italiano ed è disponibile solo in francese e inglese. Ne potete trovare quindi qui sotto un fedele riassunto.
La premessa
La dichiarazione parte dalla constatazione che ormai i governi e le pubbliche amministrazioni operano in un contesto caratterizzato da volatilità, incertezza, complessità e un certo grado di ambiguità e che in questo contesto debbono affrontare sfide importanti quali la trasformazione digitale, la strategia energetica, il degrado dell’ambiente, il cambiamento climatico e la crescita delle disuguaglianze. Se questa è la situazione non possono più bastare strutture, meccanismi e misure attuali: l’innovazione costante è l’unico mezzo per rispondere alle attese delle comunità e dei cittadini. Ma l’innovazione richiede anche di lottare contro il conservatorismo e la tendenza delle organizzazioni a mantenersi in statu quo.
Il metodo
Passando poi al metodo, la Dichiarazione propone una gestione “per portafoglio” fatta di azioni diversificate che possano rappresentare una gamma sufficientemente ampia da poter assorbire anche i rischi di possibili fallimenti. Quattro sono gli aspetti dell’innovazione che la Dichiarazione mette in evidenza:
- una dimensione dell’innovazione fondata sul miglioramento continuo con l’obiettivo di modernizzare quanto già si fa e di sviluppare al meglio le strutture esistenti;
- una dimensione fondata sulle missioni dell’ente, sulle sue priorità in modo da trarne nuovo metodi e nuovo approcci;
- una dimensione adattiva dell’innovazione che interviene a seguito di fatti nuovi o cambiamenti profondi che si producono nella società e nel panorama tecnologico;
- infine, una dimensione anticipatrice dell’innovazione che è tesa a esplorare problematiche emergenti che porteranno a future priorità.
I cinque princìpi guida
Questo approccio plurale all’innovazione fa da base ai 5 principi guida della Dichiarazione che ne costituiscono il cuore. I rappresentanti politici dei 40 paesi si dichiarano determinati a:
- Adottare e favorire l’innovazione nel settore pubblico attraverso una costante attenzione, un giusto investimento di risorse, un approccio multidimensionale, un rispetto del decentramento delle funzioni e delle responsabilità.
- Incoraggiare tutti i lavoratori pubblici a innovare e dar loro i mezzi per farlo favorendo l’apprendimento attraverso gli errori, l’accettazione dei rischi che ogni innovazione comporta, la chiarezza nelle responsabilità, l’acquisizione delle necessarie competenze, la messa in opera di strutture di sostegno e accompagnamento all’innovazione stessa.
- Coltivare nuovi partenariati e ascoltare punti di vista differenti mettendo in relazione differenti attori, utilizzando reti formali ed informali già attive, favorendo scambi internazionali, appuntando l’attenzione ai nuovi bisogni e ai nuovi modi per soddisfarli.
- Promuovere l’esplorazione, la sperimentazione, la realizzazione e l’iterazione dei test puntando su un’innovazione che sia sperimentatrice ed esplorativa, che sviluppi e diffonda test di validità, che riconosca il ruolo fondamentale dell’innovazione non solo per produrre soluzioni, ma anche per apprendere.
- Diffondere gli insegnamenti appresi e mettere in comune le buone pratiche rendendo disponibili le lezioni apprese, incoraggiando contatti e apprendimenti condivisi, creando circuiti virtuosi di conoscenza che permettano a cittadini e impiegati pubblici un apprendimento continuo, infine realizzando buone pratiche di valutazione per poter orientare il processo d’innovazione.
Un commento
Che dire? Mi sembra un buon punto di partenza che si basa su ottimi principi. A mio parere rimangono però un po’ in secondo piano tre aspetti cruciali per l’innovazione della PA:
- il principio della “governance collaborativa” dell’amministrazione e quindi di quella collaborazione e partecipazione dei cittadini che sono i principali motori del cambiamento;
- il fine stesso dell’innovazione della PA così come è definito dall’Agenda 2030 e dai suoi obiettivi di sviluppo sostenibile;
- la centralità delle persone nel processo di cambiamento e d’innovazione, perché questo diventi effettivamente una trasformazione nei comportamenti e negli atteggiamenti.
Su questi punti probabilmente la nostra PA, per tanti versi ancora indietro, sta sviluppando, come ha dimostrato anche il FORUM PA 2019 appena concluso, una riflessione di qualità che può essere utile anche a Paesi forse più avanzati dal punto di vista dell’efficienza, ma che possono trovare utile un approfondimento dal punto di vista dell’outcome e della costruzione della PA come “learning organization” basata sul valore delle persone.