EDITORIALE

I giovani in una PA senza paura. Realtà o mistificazione?

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Assumere persone di talento è importante, ma non basta: bisogna inserirle in un contesto abilitante, che permetta di condividere un’idea potenzialmente sensibile o problematica, in cui siano libere di provare, di sbagliare senza aver paura di fallire, in una logica di apprendimento continuo. Le nostre aziende e le nostre pubbliche amministrazioni sono in grado di farlo? Sapranno vedere nelle nuove generazioni, e nelle persone con più talento, un’opportunità per rinnovare completamente i propri modelli organizzativi, per renderli contaminati dal pensiero critico e creativo? Siamo sicuri che ci siano leader capaci di delegare e mettere in discussione la loro verità? Con in testa queste domande parte il nostro percorso di approfondimento che ci porterà a #FORUMPA2024, sempre più convinti che solo una PA che guarda al futuro crea le condizioni per poter affrontare le sfide sempre più complesse e i rinoceronti grigi sempre in agguato

1 Settembre 2023

Gianni Dominici

Amministratore Delegato FPA

La dichiarazione di Mion in merito al ponte Morandi è stata scioccante: “ho saputo nel 2010 che era a rischio crollo, ma non dissi nulla. Temevo di perdere il posto di lavoro”.[1] Come è andata a finire purtroppo lo sappiamo.

È assurdo, agghiacciante, inconcepibile soprattutto pensando alla posta in gioco, ma quante volte è capitato anche a noi, magari su questioni meno drammatiche? Quante volte abbiamo preferito non parlare, non esprimere la nostra opinione? E, come manager, quante volte è accaduto di non ricevere feedback propulsivi, di rimanere delusi dall’atteggiamento poco propositivo dei nostri dipendenti, magari nel corso dell’ennesima riunione che noi stessi abbiamo organizzato?

Si parla spesso in questo periodo di giovani talenti da assumere nella PA per rafforzarne la capacità operativa. Noi stessi, come FPA, abbiamo dedicato l’edizione 2023 di FORUM PA al tema delle persone quali risorse indispensabili per gestire le pubbliche amministrazioni del futuro. Ma siamo sicuri che le nostre PA siano in grado di accogliere e di valorizzare queste nuove energie vitali? O, peggio, siamo sicuri che la maggior parte dei dirigenti, dei politici vogliano vicino persone che si comportino in modo intelligente?

La diffusa propensione a nascondersi, a non intervenire è conseguenza di quella che Amy Edmondson nel suo libro “Organizzazioni senza paura” descrive come la paura di assumersi un rischio relazionale[2]. “Scritto per i leader e per i team, Organizzazioni senza paura è una guida pratica alla creazione di una cultura organizzativa in cui le persone si sentano libere di proporre le proprie idee, favorendo l’innovazione e la condivisione delle competenze”. Ancora troppo spesso, invece di formulare domande, le persone si riducono a ubbidire ai comandi, a seguire le procedure e a fare le cose che gli vengono richieste. Là dove non prevale la “sicurezza psicologica” il rischio è di ridurre la creatività, la propensione al cambiamento. Un contesto ideale per il prevalere di meccanismi come il “Pensiero di gruppo”, il cosiddetto Groupthink.

Il Groupthink, o pensiero di gruppo, è il termine con cui, nella letteratura scientifica, si indica una “patologia del sistema di pensiero esibito dai membri di un gruppo sociale quando questi cercano di minimizzare i conflitti e raggiungere il consenso senza un adeguato ricorso alla messa a punto, analisi e valutazione critica delle idee”. Secondo la traduzione del Cambridge Business English Dictionary, il groupthink è “il processo in cui un gruppo prende decisioni sbagliate perché i suoi membri non vogliono esprimere opinioni, suggerire nuove idee, ecc. con cui altri potrebbero non essere d’accordo”. In pratica, i valori di coesione del gruppo e il pensiero consensuale prevalgono e annullano creatività, originalità, autonomia di pensiero, anche a discapito del processo decisionale.

Non ha senso assumere persone di valore e poi dare loro semplicemente degli ordini. Noi assumiamo persone intelligenti in modo che siano loro a dirci cosa fare, diceva Steve Jobs. Ma, aggiunge la Edmondson, assumere individui di talento non basta più: devono essere anche individui in grado di lavorare con gli altri in un ambiente organizzativo che permette di condividere un’idea potenzialmente sensibile, problematica o sbagliata. Un ambiente psicologicamente sicuro.

Se non si assicura un contesto abilitante il rischio è che si generi la logica del discretionary effort per cui una volta assunte le persone velocemente passano da una motivazione, un entusiasmo basato su “Want to”, fatto di sogni e di aspettative alte, a una rassegnazione per cui l’attività si riduce allo stretto indispensabile: non più “want to”, ma “have to”. Ci si accontenta di svolgere il lavoro che viene richiesto abbandonando completamente qualsiasi entusiasmo propositivo[3]. Si perde la curiosità che è invece un elemento catalizzatore fondamentale del lavoro creativo[4].

In questo modo non solo assistiamo a una perdita di creatività, di innovazione ma si arriva ad assumere comportamenti senza senso, addirittura stupidi. È quello che Alvesson e Spicer chiamano il “paradosso della stupidità” per cui mettiamo persone intelligenti nelle condizioni di fare scelte sbagliate o, appunto, addirittura stupide[5]. Molto spesso, scrivono gli autori, nelle organizzazioni si ricorre alla “stupidità funzionale” chiedendo alle persone di svolgere compiti e adempimenti specifici senza metterli nelle condizioni di riflettere sullo scopo delle attività che stanno facendo (la cultura del “just do it”). La stupidità funzionale è un paradosso perché nell’immediato permette molto probabilmente di svolgere i compiti richiesti più velocemente ma, alla lunga, mina la capacità dell’organizzazione di evolversi, di essere creativa, di reagire alle sfide esterne[6].

Tornando al momento attuale, all’importante ruolo che le PA devono svolgere per la ripresa del paese, è ormai evidente che a fronte delle crisi sempre più complesse ce la possiamo fare solo tutti insieme. Segnali importanti in questa direzione provengono anche a livello governativo dove si esplicita un vero cambio di prospettiva che mette le persone della PA al centro del cambiamento[7]. Ripartire dalle persone, come non ci stancheremo mai di ripetere, ma anche adottare nuovi modelli organizzativi basati sull’ascolto interno ed esterno alle organizzazioni. Anche nelle PA è necessario riflettere sul modello “Sense & Respond”[8]. Al cuore di questo approccio c’è un ciclo continuo di percezione, ascolto e risposta attraverso piccole e rapide sperimentazioni, e conseguenti correzioni che generano cambiamenti altrettanto piccoli e continuativi: si valutano i risultati per definire il prossimo passo. Ogni sperimentazione raccoglie feedback ed evidenze che suggeriscono se seguire la pianificazione precedente, cambiare priorità, modificare qualcosa o cambiare strada. È più importante testare le ipotesi piuttosto che definire i requisiti. Si lavora e si impara. In un processo di de-risking continuo.”  Per far questo, però, le persone devono essere libere di provare, di sbagliare senza aver paura di fallire in una logica di apprendimento continuo.

Alla fine di questa riflessione, che ovviamente rimane aperta a integrazioni, ritorna il dubbio iniziale. Siamo sicuri che questo sia un paese per giovani? Che le aziende e le amministrazioni vedano nelle nuove generazioni, e nelle persone con più talento, un’opportunità per rinnovare completamente i propri modelli organizzativi, per renderli contaminati dal pensiero critico e creativo? Che ci siano leader capaci di delegare e rinunciare alla loro ingombrante presenza? A mettere in discussione la loro verità? 

Con in testa queste domande parte da oggi il nostro percorso di approfondimento che ci porterà a #FORUMPA2024 e che, proprio nella logica di mettere al centro le persone e condividere idee e prospettive diverse, darà ancora più evidenza alle comunità professionali e comunità di pratica che lavorano nella e per la PA. Sempre più convinti che solo una PA che guarda al futuro crea le condizioni per poter affrontare le sfide sempre più complesse e i rinoceronti grigi sempre in agguato[9].


[1] Corriere della sera, 23 maggio 2023

[2] Amy Edmondson, Organizzazioni senza paura, Franco Angeli, 2020

[3] Gianni Dominici, Formati ma anche motivati per gestire la PA del futuro, www.forumpa.it, 4 maggio 2022

[4] Francesca Gino, post su LinkedIn, 2023

[5] Mats Alvesson, Andrè Spicer, The stupidity paradox. The power and pitfalls of funzional stupidity at work, Profile Books, 2016

[6] La mancanza di informazioni sul senso strategico del proprio lavoro è la motivazione principale che spinge i dipendenti pubblici ad assumere comportamenti non partecipativi, a nascondersi dietro alle procedure burocratiche per non fare o per rallentare le attività. Vedi: Valentina Piersanti, Burocrazia difensiva. Come ne usciamo?, Quaderni di ricerca FPA, 2017

[7] Vedi l’intervista della nostra Michela Stentella al ministro della Pubblica Amministrazione “Zangrillo: “La PA cantiere di opportunità, crescita e formazione”. www.forumpa.it, Agosto 2023

[8] Jeff Gothelf, Josh Seiden, Sense & respond. Adattate continuamente il ritmo del vostro business a quello del mondo, Guerini Next, 2018

[9] “Un “rinoceronte grigio” è una minaccia altamente probabile, a grandissimo impatto, eppure fortemente sottovalutata. Prendete lo scoppio della crisi dei mutui subprime nel 2008, i numerosi disastri naturali degli ultimi anni e persino la pandemia da Coronavirus… tutti fenomeni prevedibili, annunciati da una serie di indizi. Come mai allora i leader ignorano questi problemi sino a che non è troppo tardi? Grazie alla sua lunga esperienza in campo economico, finanziario e nella gestione delle crisi, Michele Wucker spiega come riconoscere in tempo e affrontare questi eventi potenzialmente catastrofici, guadagnandosi un vantaggio competitivo rispetto a chi non ha avuto la stessa lungimiranza. Michele Wucker, Il rinoceronte grigio. Come prevedere e affrontare i pericoli ovvi che spesso ignoriamo, ROI edizioni, 2023

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