Il Codice delle Autonomie cancellerà il Direttore Generale dell’Ente Locale? Un commento da Andigel

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Nell’ultima (?) bozza del disegno di legge sulla Carta delle Autonomie presentato in Consiglio dei Ministri nel luglio 2009 si dedicano poche righe alla figura del direttore generale affermando che sarà possibile avvalersi di tale ruolo e figura solo nei comuni di città metropolitane.

15 Luglio 2009

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Michele Bertola

Articolo FPA

Nell’ultima (?) bozza del disegno di legge sulla Carta delle Autonomie presentato in Consiglio dei Ministri nel luglio 2009 si dedicano poche righe alla figura del direttore generale affermando che sarà possibile avvalersi di tale ruolo e figura solo nei comuni di città metropolitane.

Come è noto la situazione attuale prevede la facoltà (e non l’obbligo) di avvalersi di tale figura per i comuni sopra i 15.000 abitanti (per i più piccoli è possibile assumere un DG in convenzione sempre che il totale degli abitanti superi i 15.000) e per tutte le province.

E’ perciò evidente che in nessun ente esiste l’obbligo di avvalersi ti tale figura. Infatti, sui circa 700 enti che hanno questa possibilità oggi circa 300 hanno scelto di avvalersi di questo ruolo. Peraltro nei dodici anni di vita di questa figura diversi comuni e province ne hanno usufruito per alcuni periodi e per altri no.

L’attuale soluzione è quella che, quindi, garantisce il miglior utilizzo possibile del connubio tra autonomia e responsabilità in quanto l’ente decide autonomamente se assumere un DG e se ne assume pienamente le responsabilità.

Diverse ricerche svolte in questi anni (tra le altre Università Ca’ Foscari, prof. Panozzo 2006, FORUM PA 2007, Università di Salerno Prof Storlazzi 2008) hanno ampiamente rilevato che, dove questa figura è stata utilizzata, i risultati per gli enti sono stati oggettivamente estremamente positivi anche in termini di recuperi di efficienza, di economicità e di riduzione della spesa corrente connessa al funzionamento degli apparati amministrativi. Tra le altre cose le ricerche hanno dimostrato che gli enti dove c’è un Direttore Generale si collocano mediamente molto più in alto degli altri nelle classifiche sulla qualità della pubblica amministrazione che diversi organi di stampa e associativi annualmente pubblicano (Italia Oggi, Il Sole24ore, Legambiente etc.). Inoltre le verifiche sulla professionalità persone che sono state incaricate di svolgere il ruolo di Direttore Generale hanno oggi portato alla stesura di un primo elenco accreditato di direttori generali rigorosamente realizzato da un ente terzo (Fondazione Alma Mater dell’Università di Bologna).

La figura del Direttore Generale rappresenta oggi un patrimonio professionale per l’intero paese e, proprio per la sua facoltatività, non è un costo fisso né obbligatorio per alcun ente.

Per molti dirigenti degli enti locali questa prospettiva di percorso professionale è indubbiamente una opportunità di crescita e la possibilità per la pubblica amministrazione di non perdere e regalare al mondo del privato e della consulenza i migliori professionisti disponibili.

Appare assai curioso che proprio oggi, con la riforma della Costituzione che ha dato rilevanza e cogenza alla autonomia degli enti locali, alla vigilia dell’attuazione del federalismo fiscale, con la necessità di dare maggiori spazio alla crescita dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione della Pubblica Amministrazione, la bozza di Disegno di legge sulla carta della autonomie intervenga eliminando quella che è una possibilità e non un obbligo, che certamente, se utilizzata bene, porta efficienza ed efficacia e che è nella piena attuazione della autonomia organizzativa degli enti locali.

Direttori generali si aspettavano molto da un ministro di una forza politica che ha fatto la propria bandiera dei principi sopra richiamati.

Se uno sviluppo coerente ai principi citati è possibile va indubbiamente nella direzione di creare le condizioni e le garanzie che in ogni ente locale esista un sistema dei controlli (tecnico, amministrativo, finanziario, di legittimità, di gestione e strategico) certificato e validato da un ente terzo. La bozza infatti su questo tema all’art.. 34 formula una proposta interessante e coerente con i principi indicati.

Se realmente l’intento della norma è quello di semplificare ed evitare l’obbligo di mantenere organismi, costi e figure professionali nel rispetto e nella attuazione della autonomia, gli interventi normativi dovrebbero insistere maggiormente sulla effettiva autonomia organizzativa dell’ente locale preoccupandosi di porsi nelle condizioni di verificare l’effettiva efficacia degli interventi (in coerenza con il percorso per l’individuazione dei costi standard previsto nella normativa del federalismo fiscale).

Alla luce della autonomia organizzativa sancita dalla Costituzione (con la riforma del titolo V), della responsabilità gestionale pienamente assegnata ai dirigenti (come peraltro ribadito decisamente nella legge 15 del 2009), della coerenza del sistema dei controlli (come disegnato nell’art 34 della bozza) e dell’attuazione del federalismo fiscale, con un po’ di coraggio si potrebbe infatti prevedere la cessazione della obbligatorietà della figura del segretario comunale e provinciale. Non è un caso che già dal 1997 il partito del ministro Calderoli aveva raccolto le firme   per un referendum abrogativo di questa figura e alla approvazione dell’attuale Titolo V della Costituzione l’attuale vicepresidente del gruppo parlamentare del Popolo della Libertà alla Camera, Italo Bocchino, aveva ipotizzato l’effettiva cessazione dell’obbligo della figura del segretario generale.

E non c’è dubbio che l’imposizione agli Enti per legge della figura del Segretario costituisce un grave vulnus all’autonomia locale in totale contraddizione con l’attuazione del federalismo e in forte sospetto di incostituzionalità.

Queste osservazioni, in fondo solo coerenti alle necessità della pubblica amministrazione locale, sono forse troppo sintetiche, ma vorrebbero richiedere al legislatore una scelta coraggiosa per evitare che prevalgano gli interessi delle corporazioni, degli albi, della agenzie su quelli delle comunità dei cittadini e dei territori che restano il vero patrimonio del paese.

Michele Bertola – Presidente ANDIGEL, Associazione Nazionale Direttori Generali degli Enti Locali

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