Il programma? Facciamolo noi

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Alla sostanziale assenza, nei programmi delle forze politiche, di una visione organica e coerente della trasformazione digitale come fattore di sviluppo equo e sostenibile del nostro Paese, vi invito a rispondere costruendo insieme, da qui a FORUM PA 2018, un vero e proprio programma di legislatura da mettere, con determinazione, sulla scrivania del prossimo Governo, quale che sia

8 Febbraio 2018

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Carlo Mochi Sismondi

Non mi date del matto, ma ho passato il weekend a leggere con cura i programmi elettorali di tutte le forze politiche, cercando con una particolare attenzione quella “visione di futuro” che ci si aspetta da chi si candida a governare il Paese per il prossimo quinquennio. In particolare, convinto come sapete che la digital transformation non sia una delle tante politiche settoriali, ma sia la piattaforma abilitante delle riforme, ho cercato come i vari partiti e movimenti immaginano di utilizzare questa, che è una potentissima leva, ma che non è in sé neutrale, come non lo è nessuna tecnologia. Ho poi cercato cosa propongono in particolare sull’innovazione istituzionale, organizzativa e tecnologica della PA.

Purtroppo ne sono uscito abbastanza frustrato. Anche una sommaria lettura mette in evidenza infatti che non si tratta di argomenti centrali in nessun programma: se ne trovano tracce sparse e a volte affermazioni apodittiche e indefinite (come ad esempio “digitalizzazione della PA”), ma non visioni organiche di futuro. Soprattutto non si legge in nessun elaborato la convinzione che sarà da come gestiremo questa ineludibile rivoluzione che si determineranno o meno le condizioni per un cambio di prospettiva nei temi che invece sono centrali in tutti i programmi: sicurezza, lavoro, ripresa economica, taglio degli sprechi e conseguente riduzione delle tasse, partecipazione, sostenibilità dello sviluppo. Insomma, mi pare che ci sia ovunque un gran lavoro nell’allestire le scenografie, nel metter su, come per un film, le facciate dei palazzi, ma non sufficiente attenzione invece a cosa c’è dietro.

E allora? Allora facciamolo noi questo programma. Disegniamolo noi questo futuro che usi la trasformazione digitale come piattaforma per un’innovazione sociale che sia rispettosa dei valori di quello che Rifkin chiamò “European dream”: partecipazione, democrazia, trasparenza, fiducia, sostenibilità ed equità dello sviluppo, coesione sociale, lavoro, tutela della salute, sicurezza fisica ma anche sociale ed economica, tolleranza e inclusione, produzione culturale, qualità del capitale sociale nelle nostre città e comunità territoriali, ricchezza delle reti di relazioni.

Facciamolo noi e facciamolo insieme. Vi propongo quindi di aprire un momento di riflessione collettiva dedicata a quanti non si rassegnano all’asfissiante e continua carezza alla pancia del Paese e vogliono ancora usare la testa e che, pur non disdegnando le emozioni, pensano che la politica sia appannaggio della ragione.

Non penso davvero, Dio me ne scampi, a nuove aggregazioni o a impegni politici, ma a sollecitare e poi a mettere in comune le riflessioni dei nostri amici, tra cui ci sono molte tra le migliori teste del Paese, per far ripartire insieme una politica d’innovazione che non sia ingenua e millenarista, ma neanche riduzionista. Ripeterò sino alla noia che non stiamo parlando del settore ICT da mettere a confronto con le autostrade o l’industria automobilistica per decidere dove mettere gli investimenti. Parlando della trasformazione digitale e del suo impiego non parliamo infatti di un aspetto laterale, ma dell’agenda paese tout court. Il “digitale” non è uno strumento né tantomeno un settore della nostra vita economica, sociale, relazionale, culturale ma è il mare in cui nuotiamo, è l’aria che respiriamo, è l’ecosistema in cui è immersa la nostra vita. In questo senso possiamo tranquillamente affermare che l’agenda digitale è semplicemente l’agenda dello sviluppo del Paese, perché qualsiasi politica di sviluppo economico non potrà che appoggiarsi sulla trasformazione digitale dei prodotti, dei processi, delle relazioni, dei ruoli. Anche rimanendo all’innovazione della PA, che è al centro dei nostri interessi, affermiamo nuovamente che non esiste una “PA digitale” e una “PA non digitale” e che la PA digitale non è altro che una PA migliore, più veloce, più semplice, più vicina ai cittadini, più partecipata e condivisa, più adatta a produrre “valore pubblico” per i contribuenti. Partendo da qui e dalla tenace affermazione dei valori che sopra ho sommariamente ricordato, ci candidiamo ad essere luogo e strumento di riflessione e di elaborazione di un programma coerente e lungimirante.

Nelle prossime settimane, e fino a FORUM PA 2018 (22-24 maggio), ospiteremo contributi, riflessioni e spunti che ci aiutino prima di tutto a non ricominciare da zero, ma anzi a valorizzare quanto si è già fatto e a costruire su questi risultati; poi a individuare quanto (tanto) rimane ancora da fare, definendo una chiara gerarchia di priorità e un adeguato stanziamento di risorse; infine a esaminare con onestà le iniziative che si sono rivelate sbagliate o che non hanno prodotto i risultati sperati. Solo gli sciocchi infatti possono pensare che processi così complessi non incorrano in errori o non percorrano vicoli ciechi: non imparare da questi fallimenti sarebbe imperdonabile.

Sarà questo il nostro programma e lo faremo insieme a voi: alle tante intelligenze, alle tante reti formali e informali, alle tante energie vitali che abbiamo incontrato nel nostro ormai quasi trentennale percorso di accompagnamento all’innovazione. Buon lavoro a tutti noi.

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