Il “Teorema della parità”: le pari opportunità nella Provincia di Taranto
La discriminazione più diffusa a cui le donne sono sensibili è rappresentata dalla negazione delle pari opportunità di partenza, la mancata occasione di dimostrare il proprio valore, generata in ragione di un pregiudizio. I dati di sintesi affidabili sul “divario di genere” sono pochi e poco aggiornati: per capire dimensione e qualità del fenomeno probabilmente è utile procedere un po’ per similitudini e un po’ per induzione, a partire dai casi particolari. Perla Suma è Consigliera di Parità della Provincia di Taranto dal 2001 con un passato da sociologa, ispettrice del lavoro e giornalista che le ha consentito di maturare una speciale sensibilità verso i problemi della discriminazione, di ogni tipo, in generale, e di quella di genere in particolare.
11 Febbraio 2009
La discriminazione più diffusa a cui le donne sono sensibili è rappresentata dalla negazione delle pari opportunità di partenza, la mancata occasione di dimostrare il proprio valore, generata in ragione di un pregiudizio. I dati di sintesi affidabili sul “divario di genere” sono pochi e poco aggiornati: per capire dimensione e qualità del fenomeno probabilmente è utile procedere un po’ per similitudini e un po’ per induzione, a partire dai casi particolari. Perla Suma è Consigliera di Parità della Provincia di Taranto dal 2001 con un passato da sociologa, ispettrice del lavoro e giornalista che le ha consentito di maturare una speciale sensibilità verso i problemi della discriminazione, di ogni tipo, in generale, e di quella di genere in particolare.
Nel 2006 un’indagine sul “benessere lavorativo” delle donne nella provincia di Taranto fa emergere la frequente precarietà o irregolarità, e la difficoltà di conciliazione con le esigenze familiari. “Il Filo di Arianna”, nel 2007, affronta le tematiche delle molestie sessuali e discriminazioni sul lavoro, contribuendo a far conoscere i rimedi messi a disposizione di chi ne è vittima e le autorità preposte a garantirli e tutelarli. “Onda di Parità”, sempre nel 2007, è rivolto a 14 donne non udenti, con l’obiettivo di formarle all’utilizzo del software di archiviazione di documenti cartacei su supporti digitali. Il progetto “Disegnare il Futuro”, ancora nel 2007, è un’azione formativa al lavoro nel campo della confezione prét-a-porter, rivolta a 19 detenute della Casa Circondariale di Taranto, di età compresa tra i 30 e i 35 anni (per meta extracomunitarie). Oggi le “lezioni di parità” su YouTube, un modo creativo e divertente per educare alle pari opportunità.
Un contesto come quello della Provincia di Taranto presenta delle caratteristiche peculiari e peculiari “ostacoli” al raggiungimento delle pari opportunità?
A mio modo di vedere, per quella che è la mia esperienza sul campo, non esistono ostacoli frapposti alle pari opportunità che si possano dire territorialmente caratterizzati, se si eccettuano, naturalmente, quelli riconducibili alle culture segregazioniste e fondamentaliste, presenti in alcuni Paesi in particolare.
È pur vero che aspetti congiunturali e ritardi endemici di matrice economica possono determinare l’affermarsi di maggiori disparità nei territori che ne sono affetti, alimentando la composizione di un quadro sociale in cui, ad esempio, il precariato diventa sempre più precariato femminile e le emergenze strutturali di carattere generale assorbono anche quelle energie che in altri contesti sarebbero indirizzate allo specifico delle politiche di genere.
La provincia di Taranto certamente è tra questi casi, poiché vive una situazione economica, sanitaria e socio-assistenziale tale da richiedere interventi massivi su più fronti e, di conseguenza, destinare alle pari opportunità l’attenzione che è possibile dare a uno solo degli elementi di un quadro composito e complesso.
A Suo parere che rapporto di causalità esiste tra lo sviluppo e la crescita socio-economica di un territorio ed il grado di parità perseguito da quel territorio?
Tra le due sfere non c’è una relazione di causa-effetto, ma è indubbio che quanto le ho rappresentato nella risposta precedente abbia un grande peso. A ciò aggiungo un’ulteriore notazione: il rapporto tra condizione socio-economica e pari opportunità è di natura biunivoca. Infatti, se è vero che non è data parità senza progresso è vero anche che non c’è sviluppo che possa dirsi compiuto senza parità. È una questione di equilibrio, poiché riconoscere con eguale considerazione l’apporto di ciascuna persona al benessere sociale vuol dire parimenti acquisirne il valore in termini di risorsa umana, intellettuale, relazionale, esperenziale.
La tecnologia può essere di supporto alle azioni di genere e allo sviluppo professionale delle donne in modo peculiare e più di più di quanto non lo sia per la generalità delle persone?
Il digital divide traccia cortine inaccessibili tra generazioni, classi sociali e popolazioni. Lavorare per abbatterlo significa dare un’opportunità di cittadinanza nella contemporaneità a chiunque ne sia sprovvisto. Averlo fatto con le donne sorde ha rappresentato, invece, non tanto il recupero di un gap quanto l’acquisizione di uno strumento di competitività occupazionale. Imparare a usare un computer, infatti, è alfabetizzazione informatica ovvero allineamento nelle competenze di base. Molto di più è imparare a usare software specifici per usi specifici: è un atto che apre a una maggiore spendibilità sul mercato del lavoro, genera autostima e configura nella persona una connotazione professionale precisa.
Credo che, al di là di tutto, le donne abbiano bisogno di sperimentare questo tipo di percorso di autoaccreditamento, nel quale le competenze tecnologiche possano diventare vere e proprie skill da accostare ad altre e di cui avere piena consapevolezza.
Gli organismi di parità, oggi, non hanno forza e potere vincolante: in che modo influenzano le politiche di pari opportunità? Quali azioni sono necessarie per rafforzare e dare dignità a questi organismi?
Con tutti i difetti che possono avere, sostengo che se gli organismi di parità non ci fossero occorrerebbe inventarli. La storia della vita pubblica degli ultimi decenni testimonia l’esattezza di questa considerazione, non fosse altro che per le spinte sociali da cui questi organismi provengono e alle quali sono chiamati a dare risposta.
Le direttive europee sul gender mainstreaming, inoltre, hanno condizionato non poco la condotta legislativa degli stati UE, i quali, seppure con tempi e modi diferenti, continuano a introdurre elementi cogenti e vincolanti in materia di pari opportunità all’interno di molti dispositivi di legge, anche non specifici. Proprio a proposito dei Piani di Azioni Positive, per esempio, la norma prevede che le Amministrazioni che non se ne dotino vengano inibite dal procedere all’assunzioen di nuovo personale.
In quali ambiti, a Suo parere, nel contesto sociale, politico ed economico della Provincia di Taranto le donne sono o si sentono più penalizzate ?
Se devo rispondere su molestie e mobbing non ho ambiti da segnalare come peculiari. Queste, purtroppo, sono piaghe trasversali a qualsiasi livello lavorativo. Le discriminazioni, invece, hanno maggiore radicamento nelle organizzazioni gerarchiche, dove fare carriera per una donna è un percorso ad ostacoli doppio rispetto a quello di un uomo. A questo dato corrispondono anche penalizzazioni estese in forma più universale: le discriminazioni per gravidanza, maternità, cura parentale. Ma sono questioni che non considero tipicamente tarantine, se non in rapporto ad una diffusa condizione di minore indipendenza economica della donna.
Il gender divide esiste a molti livelli, in tutti i contesti: dove e in quali forme, secondo Lei, le donne avvertono e sono più sensibili alle discriminazioni?
Certamente le donne che hanno avuto un passato difficile incontrano ostacoli enormi sulla strada del reinserimento sociale. Ciò accade anche agli uomini nella medesima condizione, ma le donne in più spesso devono fare i conti da sole con la cura dei figli e l’impossibilità fisica di accedere ad alcuni lavori di manovalanza.
In generale, però, mi sento di dire che la discriminazione più diffusa a cui le donne sono sensibili è rappresentata dalla negazione delle pari opportunità di partenza, la mancata occasione di dimostrare il proprio valore, generata in ragione di un pregiudizio.
La sottorappresentanza politica e nei centri decisionali della donna è nota, ed è un dato suffragato dalle statistiche. A Suo parere è un problema più culturale o un’obiettiva difficoltà delle donne di conciliare tempi di vita e di lavoro?
La conciliazione familiare è una questione determinante in tante sfere della vita sociale, ma non credo in quella della politica. O almeno non lo è direttamente. In questo caso mi sembra che sia più incidente la maggiore propensione delle donne all’ascolto, alla mediazione e alla concretezza dei risultati, tutte caratteristiche non proprio al centro dell’agone politico. Per questo, per tornare alla sua domanda, se la donna è chiamata a scegliere tra le schermaglie politiche e la cura degli affetti, la scelta va quasi sempre nella seconda direzione.
Parte del problema della sottorappresentanza, a mio modo di vedere, è causata da questo atteggiamento culturale, ma c’è una grande responsabilità che va attribuita ai partiti politici prima ancora che alle istituzioni. È in questi luoghi, ancora troppo verticistici e patriarcali, che alle donne non vengono sufficientemente riconosciute degne di sostegno caratteristiche come la propensione alla fattività e il minore tasso di faziosità.
A Suo parere c’è maggiore consapevolezza culturale, ad ogni livello, della parità sostanziale indipendentemente dal genere o resta molto da fare?
Se ne parliamo, vuol dire che molto resta ancora da fare. Ma vuol dire anche che la sensibilità generale verso questi temi è molto più alta rispetto a dieci o quindici anni fa.
Avere consapevolezza dei diritti in tema di parità e delle azioni che si possono intraprendere in presenza di situazioni che ne ledono la loro applicazione sono obiettivi che occorre affidare ad un maggiore sforzo formativo e informativo. Sui luoghi di lavoro, nelle scuole, nei media questi temi devono trovare maggiore cittadinanza al fine di accrescere e consolidare una sensibilità sociale diffusa.
Una domanda a Lei come donna: date per scontate le capacità, le donne sono realmente interessate alla carriera e all’affermazione professionale al pari degli uomini?
Certamente sì, nella misura in cui questa, come tutte le altre, rimane una libera scelta. Il deficit nelle politiche di conciliazione familiare e il perpetrarsi delle disciminazioni in base al sesso e alla potenzialità di generare costituiscono, oggi, i maggiori limiti all’esercizio di questa libertà.