La PA e l’innovazione nei programmi dei candidati alle primarie del centrosinistra
Come sapete il 25 prossimo si vota per le primarie del centrosinistra, mi è sembrato interessante quindi, specie in un momento molto confuso e polemico come questo, guardare cosa i programmi dei cinque candidati raccontano su quale sia la PA a cui tendono e quale peso abbia per loro l’innovazione. Ovviamente faremo lo stesso anche per le primarie del centrodestra, quando saranno definiti programmi e candidature.
20 Novembre 2012
Carlo Mochi Sismondi
Come sapete il 25 prossimo si vota per le primarie del centrosinistra, mi è sembrato interessante quindi, specie in un momento molto confuso e polemico come questo, di guardare cosa i programmi dei cinque candidati raccontano su quale sia la PA a cui tendono e quale peso abbia per loro l’innovazione. Ovviamente faremo lo stesso anche per le primarie del centrodestra, quando saranno definiti programmi e candidature.
Ho guardato solo i programmi online nei siti dei cinque candidati e ve ne faccio una breve sintesi rimandandovi alle pagine originali.
- Laura Puppato: programma molto chiaro e ben articolato su venti punti (con la possibilità di commentare e di aprire un confronto) di cui uno specifico sulla PA e uno su lavoro e innovazione. Per la PA le proposte partono dalla semplificazione delle procedure anche interne (conferenze di servizi online) e dalla ricostruzione della fiducia: Occorre stabilire dei criteri di efficienza e qualità, ringiovanire e riqualificare gli apparati, introdurre sistemi efficaci di valutazione delle prestazioni, assegnare obiettivi misurabili sui quali commisurare compensi e carriere, separando la politica dalla amministrazione. La corruzione va combattuta tramite la trasparenza assoluta.
- Nichi Vendola: anche per lui venti punti ben spiegati in altrettanti file (peccato siano in pdf e non commentabili). Nessuno è specifico sulla PA o sull’innovazione, ma entrambi i temi emergono un po’ dovunque con particolare attenzione alla legalità, alla difesa del federalismo contro pericolosi arretramenti centralisti, alla cultura e alla formazione. Un capitolo del programma è poi dedicato alle smart city, con un’enfasi particolare per i temi della sostenibilità ambientale e della partecipazione: Una città è smart se, in primo luogo, la sua amministrazione è capace di una visione complessiva e sistemica nel governo del proprio territorio, se è capace di promuovere i processi partecipativi. Una città è intelligente se promuove le opportunità offerte da una tecnologia effettivamente rivolta al servizio del cittadino e della città, per migliorare la qualità dell’abitare e del vivere.
- Bruno Tabacci: molto difficile sul sito individuare un programma dettagliato. C’è solo un documento aggiuntivo alla Carta di Intenti che fa da quadro alle primarie e anche lì solo pochi punti su Europa, Euro, Economia, Rating, Fisco e Questione morale. Nessun accenno alla PA né all’innovazione tranne questo interessante passaggio sulle liberalizzazioni che potremmo iscrivere ad un necessario ripensamento sul perimetro della sfera pubblica: …è necessario procedere ad una piena liberalizzazione dei settori economici, dei mercati e delle professioni nell’interesse del cittadino consumatore, avendo l’attenzione di incidere su di un sistema di potere assai consolidato che alimenta e incoraggia i costi perversi della politica, attraverso una riforma profonda dei servizi pubblici locali.
- Pierluigi Bersani: il programma è sintetizzato in “dieci idee per cambiare l’Italia”. Nessuna è dedicata esplicitamente alla PA, mentre quella sullo sviluppo è basata sul made in Italy, sulla green economy e sulla ricerca e innovazione. La pubblica amministrazione è comunque presente nella scheda dedicata ai “beni comuni” dove si parla di federalismo “Sono essenziali maggior razionalità e valorizzazione del tessuto degli enti locali. Gli enti locali possono rivelarsi medicina contro la crisi piuttosto che malattia da debellare.” E di nuovo perimetro della PA: “bisogna introdurre normative che definiscano i parametri della gestione pubblica o, in alternativa, i compiti delle autorità di controllo a tutela delle finalità pubbliche dei servizi.”
- Matteo Renzi: il programma è esposto chiaramente in 12 punti: uno di essi è dedicato al “modello italiano” di sviluppo basato su cultura, turismo e sostenibilità; un altro punto riguarda esplicitamente la PA con il titolo ”Uno stato semplice, dalla parte dei cittadini”. Le proposte partono dalla trasparenza con un esplicito riferimento all’adozione del “Freedom of Information Act” italiano : “Qualsiasi documento, anche non ufficiale, e qualsiasi informazione inerente a qualsiasi amministrazione pubblica (con la sola eccezione dei documenti secretati con apposito provvedimento motivato) deve essere accessibile a chiunque, senza necessità di una richiesta motivata; nessun mandato di pagamento può essere efficace se non sarà disponibile on line, corredato da tutta la relativa documentazione.”
Le altre proposte parlano di informatizzazione, proponendo uno switch-off al digitale, di valutazione e merito come assi della nuova PA, della semplificazione delle procedure e della loro standardizzazione.
Che ho ricavato da queste ore passate sulle pagine web dei candidati?
Che in generale la PA non è centrale nei loro programmi, forse con un’eccezione per Renzi e Puppato che dedicano più spazio a questi temi. Un po’ di più lo è l’innovazione, ma se l’economia di Internet è sullo sfondo di qualche programma, certamente non è in primo piano in nessuno. Che invece la trasparenza è un obiettivo comune, anche se con accenti diversi.
Insomma una PA percepita ora come complicata, ostile e vecchia, da rendere una casa di vetro, meno costosa e più semplice, ma la cui profonda modernizzazione non viene ancora considerata come un possibile fattore di sviluppo e di recupero di produttività, ma al massimo come un’opportunità di risparmi.
Certo la colpa di questa immagine è in parte anche della PA stessa, in parte delle campagne di questi anni, ma credo che da chi si candida a governare il paese ci dobbiamo aspettare una maggiore attenzione per un settore che intermedia il 50% del PIL. Un’attenzione non tanto difensiva, quanto di radicale e sistemico cambiamento di paradigma, che non vuol dire nuove riforme epocali (ne abbiamo avute anche troppe), ma un costante e tenace sforzo di adattare la macchina alle politiche (non ai politici!) e quindi ai bisogni dei cittadini e delle imprese.
Si capisce che nelle poche righe di programmi, che si propongono soprattutto di essere semplici (spesso anche troppo), è difficile esprimere visioni di sistema, ma abbiamo bisogno di qualcosa di più che non di slogan.