La riforma? Eppur si muove (un po’… almeno lo speriamo)
Come sapete mi rifiuto di abiurare la mia fede ferrea nella necessità di una riforma coraggiosa della pubblica amministrazione basata su innovazione, merito, professionalità e conseguentemente mi rifiuto anche, con pervicace tenacia, di accettare l’assioma corrente che vuole che il tempo di crisi non sia tempo di riforme, ma di piccolo cabotaggio e di piccole ambizioni. Guardo quindi con interesse qualsiasi, seppur piccolo, movimento che rompa la crosta di rassegnata e un po’ cinica indifferenza in cui sta rischiando di essere soffocata, non senza la soddisfazione di molti, la stagione delle riforme che, dopo il ’93 e il ’97 del DL 29 e delle Bassanini, era ripartita con il DL 150/09. Ho letto quindi con grande interesse la Delibera n. 89 della CIVIT (è la Commissione indipendente per la valutazione voluta dal DL 150) dello scorso 24 giugno che propone alla consultazione pubblica gli “Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del sistema di misurazione e valutazione della performance(articoli 13, comma 6, lett. d e 30, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150)”.
14 Luglio 2010
Carlo Mochi Sismondi
Come sapete mi rifiuto di abiurare la mia fede ferrea nella necessità di una riforma coraggiosa della pubblica amministrazione basata su innovazione, merito, professionalità e conseguentemente mi rifiuto anche, con pervicace tenacia, di accettare l’assioma corrente che vuole che il tempo di crisi non sia tempo di riforme, ma di piccolo cabotaggio e di piccole ambizioni. Guardo quindi con interesse qualsiasi, seppur piccolo, movimento che rompa la crosta di rassegnata e un po’ cinica indifferenza in cui sta rischiando di essere soffocata, non senza la soddisfazione di molti, la stagione delle riforme che, dopo il ’93 e il ’97 del DL 29 e delle Bassanini, era ripartita con il DL 150/09.
Ho letto quindi con grande interesse la Delibera n. 89 della CIVIT (è la Commissione indipendente per la valutazione voluta dal DL 150) dello scorso 24 giugno che propone alla consultazione pubblica gli “Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del sistema di misurazione e valutazione della performance(articoli 13, comma 6, lett. d e 30, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150)”.
E’ un documento non breve (74 pagine compreso le appendici) per un tema, la valutazione delle performance delle organizzazioni pubbliche, che non è né facile né univoco.
Vi invito a leggerlo direttamente, ma intanto in questo editoriale ve ne do un primo feedback che sintetizzo in quattro aggettivi: a mio parere sono indirizzi difensivi, didattici, documentati, marziani. Provo a spiegarmi.
1. La valutazione non si tocca! Già dalle prime righe non si fa mistero della convinzione che la crisi debba essere non un fattore di freno, ma anzi uno stimolo all’attività di misurazione e valutazione delle performance. Gli argomenti basilari sono due: in tempo di crisi i cittadini hanno più che mai diritto di avere restituito valore in termini di quantità e qualità dei servizi; in tempo di crisi è ancor maggiore la necessità di valutare per decidere con appropriatezza la destinazione delle risorse discriminando gli impieghi virtuosi rispetto a quelli viziosi. Che dire? non posso che essere d’accordo, mi sembra anzi sintomo di una cultura pericolosamente miope il fatto che ovvietà come queste debbano essere premesse con tanta enfasi in un documento ufficiale. Ma così va il tempo ed è quindi necessario farlo anche per dare una risposta a tutte quelle interessate prefiche che annunciano ad ogni piè sospinto che la riforma è morta.
2. Facciamo chiarezza! Un glossario non è in sé una novità, inserirlo in una delibera di un organo di valutazione però è un segnale importante. Nonostante gli anni che son passati da quando abbiamo cominciato a parlare di valutazione delle performance, degli output, degli outcome e nonostante le innumerevoli volte che sentiamo citare termini oriundi di culture manageriali, mal masticate e peggio digerite, in realtà era necessario ripartire dai fondamentali. Metter giù definizioni, valori, concetti di base. In questo senso speriamo che la direttiva dia il via ad un’attività di formazione che incida in modo pervasivo sulla cultura dei dirigenti pubblici. E’ chiaro che da sola non basta, ma è un buon punto di partenza, almeno speriamo di non sentire più citare termini a sproposito. In particolare la tabella che definisce un indicatore è sì elementare, ma se fosse introiettata potrebbe da sola portare a piccole rivoluzioni.
3. Guardiamoci intorno! La direttiva contiene anche un interessante, anche se limitato, confronto tra i sistemi di valutazione internazionali. C’è anche un esame delle principali difficoltà che sono state riscontrate nelle amministrazioni centrali italiane ed un grafico di benchmarking che, guarda un po’, ci pone nella peggiore posizione tra i paesi considerati (oltre all’Italia sono Francia, Australia, Canada, Stati Uniti, Regno Unito). Al di là dell’effettivo interesse nelle indagini, è importante sancire la necessità di confrontarci sia all’interno che all’esterno dei nostri confini. Un’azione più forte di divulgazione delle best practice è citata, ma forse richiederebbe una più incisiva azione, per altro richiesta esplicitamente dal Decreto 150/09.
4. Qui Marte, a voi Italia! Pur nella sostanziale positività del giudizio su questi indirizzi non può che sorgere un forte senso di straniamento. Finite di leggerle mi sono chiesto se la nostra Commissione vivesse in Italia e, come me, in un caldissimo luglio 2010. Forse no, forse la loro patria è altrove, in un fresco ed ordinato paese dove:
- non sono stati tagliati del 50% i fondi per la formazione e quindi ha senso e speranza suggerire “individuazione di piani formativi di ampio respiro”;
- non sono state tagliate dell’80% le spese per la comunicazione e quindi ha un futuro puntare sulla dimensione della “comunicazione sia all’interno e all’esterno dell’organizzazione”;
- le misure di necessaria riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica sono effettivamente basate non su tagli lineari, ma su un’accresciuta capacità di valutare perché, come dicono gli indirizzi, “sistemi di misurazione assumono un carattere ancora più rilevante in situazioni di ciclo economico negativo”;
- non si blocca il turnover, si immettono quindi nuove professionalità anche manageriali, si cura la gestione e soprattutto lo sviluppo delle risorse umane con la convinzione che sono esse l’asset chiave delle PA, si promuovono i talenti così che ha cittadinanza la dichiarazione che afferma che “Nella fase di adozione e di implementazione del sistema di misurazione delle performance, il fattore chiave di successo non è costituito dalla disponibilità di risorse finanziarie per l’adeguamento dei sistemi informativi, né dalla disponibilità di strumenti informatici avanzati, bensì dalla capacità dell’organizzazione di tendere verso un effettivo cambiamento culturale”;
- non si pugnala una riforma alle spalle, senza neanche avere il coraggio di farlo di fronte, sancendo non l’invarianza della massa salariale, cosa spiacevole, ma forse necessaria, e nel cui perimetro però è possibile ancora premiare le migliori performance, ma, come fa l’art.9 del DL 78/2010, decretando l’impossibilità di un qualsiasi incremento della retribuzione individuale di ciascun dipendente.
Insomma i nostri commissari forse non vivono in Italia: ci dicessero dove, così magari li raggiungiamo!