Le prospettive per lo smart working per il post-pandemia: oltre il POLA verso il “Piano Unico” della PA
Lo Smart Working resterà uno degli strumenti fondamentali per il lavoro pubblico. Anche la convergenza del Pola all’interno del nuovo “Piano integrato di attività e organizzazione” della PA va letta come la volontà di superare la logica dell’adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni. Ecco perché sul lavoro agile non possiamo tornare indietro
20 Luglio 2021
Mariano Corso
Responsabile Scientifico, Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano
Antonio Naddeo
Presidente ARAN
Enrico Deidda Gagliardo
ProRettore Università di Ferrara
La pandemia ha costituito una grande discontinuità nell’organizzazione e nel modo di lavorare della Pubblica Amministrazione e ha portato alla ribalta con particolare forza il tema dello Smart Working: quel nuovo modello di organizzazione del lavoro basato sull’autonomia e la responsabilizzazione sui risultati dei lavoratori che, lanciato e promosso dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, ha trovato nella legge 81 del 2017 uno dei quadri giuridici più moderni e per certi versi rivoluzionari a livello internazionale. Cosa accadrà nel post-pandemia? Quel che è certo è che non potremo tornare indietro, ma si dovrà superare la logica dell’adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni. Anche la convergenza del Pola all’interno del nuovo “Piano Unico” della PA, il “Piano Integrato di Attività e Organizzazione” ex art. 6, del DL 80/2021, va in questa direzione.
Ne abbiamo parlato anche in occasione del recente FORUM PA 2021 nel corso del Talk “Quali prospettive per lo Smart Working nella PA dopo la pandemia? Il ruolo dei POLA e la loro evoluzione” di cui potete vedere la registrazione. In questo articolo riprendiamo alcune riflessioni centrali sul tema.
Smart Working: l’impatto della pandemia
L’adozione dello Smart Working nella PA aveva già trovato un forte sostegno da parte degli ultimi governi che, superata una logica di pura conciliazione, ne avevano compreso il forte potenziale come strumento di “spinta gentile” per diffondere flessibilità, managerialità e meritocrazia. Ma se il 2019 era stato un anno di forte crescita con il raddoppio del numero di Amministrazioni con progetti strutturati passato dall’8% al 16%, è stata la pandemia a marcare una vera discontinuità.
Con il decreto 1 marzo del 2020, nell’arco di poco più di un weekend, la sperimentazione dello Smart Working è diventato modello preferenziale, quando non addirittura unico, per lavorare all’interno della Pubblica Amministrazione. L’impatto dell’emergenza sulla diffusione è impressionante anche semplicemente dal punto di vista quantitativo: il 94% delle PA sono state spinte ad adottarlo; il numero di lavoratori pubblici che sono stati chiamati a lavorare, almeno parzialmente, da remoto sono passati dagli appena 44.000 pre-pandemia a circa 1.850.000, coinvolgendo quindi circa 6 lavoratori pubblici su 10.
Nonostante l’impreparazione manageriale e culturale, la scarsa digitalizzazione dei processi e la carenza di strumentazione disponibile, che ha costretto ad esempio 7 lavoratori su 10 a supplire usando strumenti propri, l’impatto è stato radicale e i risultati in termini di resilienza sono andati ben oltre le aspettative: il 60% dei lavoratori pubblici afferma di essere riuscito durante il lavoro da remoto a portare avanti tutte le attività, a fronte di solo un 4% di loro che afferma di non essere riuscito a portare avanti la maggior parte delle attività. Ciò che ha sorpreso ancora di più, tuttavia, sono stati i risultati qualitativi: benché non si trattasse di vero Smart Working, in quanto forzato e improvvisato, l’esperienza fatta durante la pandemia è stata l’occasione per accelerare il cambiamento dei processi, l’introduzione di nuovi strumenti e lo sviluppo di competenze e capacità che per molti anni si era faticato a sviluppare.
Le prospettive post-emergenza
Proprio a fronte di questi risultati il Governo ha deciso di rilanciare la centralità dello Smart Working affermando che il lavoro agile costituirà per il futuro non più una sperimentazione, ma la nuova modalità di lavorare a regime, una modalità da promuovere e spingere con decisione.
In questa ottica va letta la costituzione, presso il Ministero della PA, dell’Osservatorio Nazionale per il Lavoro Agile con la sua Commissione tecnica di esperti e, soprattutto la richiesta alle PA di sviluppare un Piano Organizzativo per il Lavoro Agile (POLA) per il quale sono state emanate apposite linee guida da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Il cambio di Governo, sebbene con accenti diversi, ha visto una sostanziale continuità di questa linea. Il Ministro Brunetta ha, tra i primi atti del suo mandato, confermato e riunito la Commissione tecnica dell’Osservatorio Nazionale a cui ha espresso le sue forti aspettative verso il contributo che lo Smart Working può dare al miglioramento e alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione.
Dal POLA al “Piano Unico” della PA
In tale direzione, il Ministro ha inteso superare la logica dell’adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni nel rispetto delle loro peculiarità. In questa ottica vanno lette sia l’eliminazione delle soglie minime standard che la convergenza del Pola all’interno del nuovo “Piano Unico” della PA, il “Piano Integrato di Attività e Organizzazione” ex art. 6, del DL 80/2021, che intende programmare il futuro delle amministrazioni integrando in modo sostanziale le diverse prospettive verso l’orizzonte della creazione di Valore Pubblico per i cittadini e per le imprese, a partire dalla cura e dall’innovazione della salute organizzativa e professionale dell’amministrazione.
Il primo anno di applicazione del Pola, quindi, non va visto come l’ennesimo adempimento di cui è poi venuta meno l’utilità, bensì come una sperimentazione preziosa di cui comprendere i risultati in vista dello sviluppo di un nuovo strumento di programmazione che risulterà centrale per l’evoluzione organizzativa delle Amministrazioni nei prossimi anni.
Il fatto poi che nel 2020 l’adesione al Pola sia stata parziale non deve sorprendere, perché si spiega, oltre che con lo scarso tempo messo a disposizione, con il fatto che in questo primo anno la sua preparazione non era affatto obbligatoria. Si trattava in realtà di un atto che, pur avendo ottime ragioni di utilità, presentava per le Amministrazioni ben pochi “incentivi”. Di fatto le Amministrazioni che hanno preparato e pubblicato il Pola, hanno messo al centro non una logica dell’adempimento bensì la possibilità di avere a disposizione uno strumento di stimolo e guida al miglioramento organizzativo e alla misura e analisi delle performance individuali e organizzative.
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Smart Working nella PA: perché non possiamo tornare indietro
Quali sono dunque le prospettive per il futuro? Lo Smart Working resterà uno degli strumenti fondamentali per il lavoro pubblico, per almeno tre buoni motivi:
- L’adozione dello Smart Working consente alle Amministrazioni notevoli vantaggi in termini di aumento della produttività, riduzione dei costi, flessibilità organizzativa e orientamento del capitale umano al miglioramento e all’innovazione.
- Lo Smart Working è un’opportunità di flessibilità e miglioramento della vita professionale alla quale i lavoratori, compresi quelli del Pubblico Impiego, non sono disposti a rinunciare specie oggi che ne hanno visto i vantaggi. Un ritorno al passato avrebbe il doppio svantaggio di demotivare i lavoratori attualmente presenti nella PA e di rendere la Pubbliche Amministrazioni molto meno attrattive per i potenziali talenti. Un doppio rischio insostenibile in un momento come questo in cui bisogna procedere a un profondo reskilling interno e a un radicale cambio generazionale. Gli stessi sindacati sono oggi consapevoli che la flessibilità e l’equilibrio vita lavoro sono fattori ritenuti dai lavoratori centrali, spesso ancora più della retribuzione e della stabilità del posto di lavoro, e lotteranno quindi per mantenere ed estendere questa opportunità al maggior numero possibile di lavoratori.
- Lo Smart Working, infine, è irrinunciabile perché è uno strumento fondamentale per spingere la PA alla digitalizzazione, alla riduzione dell’impatto ambientale e al miglioramento della competitività e dell’innovazione dei servizi pubblici, aspetti salienti del grande sforzo di riforma che il nostro Paese deve intraprendere con le risorse del PNRR.
Proprio a fronte di questa centralità, le modalità di adozione dello Smart Working, seppure declinate in funzione delle caratteristiche e degli obiettivi specifici di ciascuna PA, non possono essere lasciate all’iniziativa delle singole Amministrazioni, ma vanno guidate e monitorate centralmente in modo che possano esprimere tutto il loro potenziale di beneficio e trasformazione a favore del cittadino e della collettività.