Le telefonate degli statali
La circolare del Ministro delle PA e semplificazione Filippo Patroni Griffi che prevede il taglio delle telefonate interurbane e verso cellulari per i dipendenti si presta a più di una considerazione. Non si può che convenire con lui sia sulla necessità del risparmio nelle spese di gestione delle amministrazioni, sia sull’opportunità di non trascurare nessuna spesa, neanche quelle che possono sembrare marginali. Entrando però nel merito sono molto perplesso e vi sottopongo tre riflessioni veloci sotto forma di domande: perché normare gli zombie? Chi governa oggi le spese in ICT delle amministrazioni? Che fine ha fatto l’autonoma responsabilità del dirigente e il “governo per budget”?
21 Giugno 2012
Carlo Mochi Sismondi
La circolare del Ministro delle PA e semplificazione Filippo Patroni Griffi che prevede il taglio delle telefonate interurbane e verso cellulari per i dipendenti si presta a più di una considerazione. Non si può che convenire con lui sia sulla necessità del risparmio nelle spese di gestione delle amministrazioni, sia sull’opportunità di non trascurare nessuna spesa, neanche quelle che possono sembrare marginali. Entrando però nel merito sono molto perplesso e vi sottopongo tre riflessioni veloci sotto forma di domande: perché normare gli zombie? Chi governa oggi le spese in ICT delle amministrazioni? Che fine ha fatto l’autonoma responsabilità del dirigente e il “governo per budget”?
Andiamo con ordine e cominciamo dalla prima domanda: perché abbiamo bisogno di disciplinare l’uso di strumenti del tutto obsoleti quali le telefonate “normali” interurbane che sono praticamente sparite dal lessico persino delle famiglie (ormai parliamo tutti di contratti flat) e mi ricordano le preoccupazioni di mia madre (e io ho quasi 60 anni!)? La risposta è semplice: perché le PA ancora le usano e le pagano. Eppure già la legge finanziaria del 2008, quattro anni fa, aveva solennemente dichiarato che tutte le amministrazioni dovevano passare immediatamente, o almeno a scadenza dei contratti, alla tecnologia VOIP (come sapete sono le telefonate su protocollo Internet). Norma ripresa dall’art. 78 del CAD, dando a DigitPA il compito di controllarne il rispetto. E allora non sarebbe più opportuno per prima cosa operare fortemente perché le amministrazioni si attrezzino in forma strutturale al risparmio, rispettando la legge, piuttosto che mettere lucchetti ai telefoni?
Ormai la tecnologia è assolutamente in grado di concepire tutte le nostre comunicazioni, verso tutto il mondo, come un unicum e coordinarle tutte, siano esse email, telefonia, telefonia mobile, messaggistica, ecc., con tutti i livelli che vogliamo di autorizzazioni e di sicurezza. Al FORUM PA scorso ce lo ha raccontato il Comune di Mantova, ma decine e decine di esperienze in tutta Italia di risparmio, maggiore efficienza e maggiore apertura aspettano solo di essere copiate.
E qui veniamo alla seconda domanda. Chi si sta occupando ora delle spese per telecomunicazione e tecnologia nelle amministrazioni, almeno in quelle centrali? Chi detta la linea e controlla i processi e i risultati? La legge dice che deve farlo DigitPA, con la supervisione del Dipartimento per la Digitalizzazione della PA, in concerto con il Dipartimento della Funzione Pubblica, ma che sta succedendo? In attesa del riordino e della nuova Agenzia per l’Italia Digitale, che per altro avrà sulle spalle una mole enorme di lavoro e non solo inerente alla PA, chi sta facendo cosa?
Non lo so esattamente, ma almeno nel settore che stiamo trattando, ossia del risparmio enorme che le tecnologie potrebbero consentire nel campo integrato delle comunicazioni (smettiamola di parlare di telefonate per favore che facciamo ridere tutti e soprattutto i nostri figli!), temo che non stia succedendo nulla.
Anche il monitoraggio sull’applicazione del VOIP (Voice On Internet Protocol: appunto le telefonate via Internet) che DigitPA deve svolgere per obbligo di legge è fermo al primo semestre del 2011 (l’ultimo rapporto è comunque una lettura istruttiva). Allora, mi chiedo io, invece di regolamentare l’uso dell’acqua e l’accesso ai rubinetti (e comunicare per la PA è necessario come l’acqua), non sarebbe meglio verificare e riparare i buchi nel serbatoio?
La terza domanda è un mio tormentone. Siamo certi che sia una buona idea indicare ad un dirigente se e come deve regolamentare l’uso del telefono di un suo collaboratore? Io credo che alcuni principi guida del nostro operare non debbano venir meno anche in tempi di crisi.
Uno di questi, direi uno dei principali se vogliamo veramente che la PA cambi rotta, è l’autonoma responsabilità del dirigente, che deve poter disporre dell’uso delle risorse sia umane sia strumentali e deve rispondere dei risultati, anche economici, della sua gestione. Certo deve essere messo in condizione di farlo ad esempio con il passaggio alla contabilità economica per unità operative, cosa di cui parliamo almeno da vent’anni e la cui mancanza fa sì che nessun dirigente sappia quanto costa il suo ufficio e quindi sia ben poco responsabilizzato nel migliorare il rapporto tra servizi resi e costi, ossia nel migliorare la sua produttività.
E’ lì che dobbiamo operare, qualsiasi altra distrazione è un pannicello caldo, ma ora, con il caldo che fa, non ci serve proprio!