Lessico civile per le amministrazioni pubbliche. Per un patto di dignità tra istituzioni e cittadini.

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L’editoriale di oggi riporta anche nel titolo e senza interventi miei, una “nota formale”[1] che il Comune di Reggio Emilia, nella persona del suo Sindaco Graziano Delrio, ha diretto al Presidente dell’Associazione dei Comuni italiani e che mi sembra prezioso per il suo contributo al dibattito su innovazione nella PA, lavoro pubblico, rapporto con i cittadini, lotta ai fannulloni ecc. Insomma su tutti i temi che saranno oggetto dei prossimi decreti delegati che la legge delega di Brunetta (L.15/09) partorirà.

21 Aprile 2009

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

L’editoriale di oggi riporta anche nel titolo e senza interventi miei, una “nota formale”[1] che il Comune di Reggio Emilia, nella persona del suo Sindaco Graziano Delrio, ha diretto al Presidente dell’Associazione dei Comuni italiani e che mi sembra prezioso per il suo contributo al dibattito su innovazione nella PA, lavoro pubblico, rapporto con i cittadini, lotta ai fannulloni ecc. Insomma su tutti i temi che saranno oggetto dei prossimi decreti delegati che la legge delega di Brunetta (L.15/09) partorirà. Il comune di Reggio Emilia è ben noto per essere virtuoso nei conti, attento alla qualità dei servizi offerti, sensibile al benessere organizzativo dei suoi impiegati: non si tratta, quindi, di prediche di chi razzola male o deve truccare i conti, ma di prese di posizioni fortemente politiche su temi centrali del rapporto tra amministrazioni e società. Mi sembra prezioso anche perché ci aiuta – e mi aiuta – a non vedere la riforma della PA solo dall’ottica “romana” dei Ministeri e di Palazzo Chigi, ma di situarla nei comuni che sono il luogo privilegiato dell’interazione tra istituzioni e cittadini e quindi il luogo privilegiato della democrazia.

Non commento il testo perché vorrei lo faceste voi, mi limito a riportarvi come introduzione un pezzo che a me piace molto…Ma leggetelo tutto, mi raccomando!

I cittadini sono al centro dell’azione del Comune. Lo sono nella loro accezione più complessa, come portatori di diritti e doveri, come soggetti operanti nel proprio interesse, da contemperare nell’ambito di regole e tutele dell’interesse generale, come utenti dei servizi pubblici, ma non come clienti del Comune, in quanto sprovvisti del diritto di uso ed abuso, implicito nel rapporto contrattuale tra cliente e fornitore e nel trasferimento di proprietà della merce acquistata. I cittadini hanno cioè al contempo molti attributi in più e alcuni altri in meno rispetto ai clienti. Cittadino e cliente sono in definitiva due qualificazioni differenti. Il cittadino è protagonista della città in senso attivo e partecipativo e la relazione tra Comune e cittadino è improntata al riconoscimento reciproco di valore in uno scambio che non è mai di mera natura commerciale. Considerare il cittadino come cliente o esclusivamente come portatore di diritti individuali, fuori dal sistema dei doveri e dell’interesse generale, rappresenta una patologia del sistema istituzionale, generatrice di egoismi, conflitti, costi sociali ed economici e fuori da qualsiasi riferimento ai principi fondamentali della nostra Costituzione italiana.

Ma ecco il testo integrale:

Lessico civile per le amministrazioni pubbliche.
Per un patto di dignità tra istituzioni e cittadini.

Poter contare su amministrazioni moderne, capaci di offrire il proprio contributo allo sviluppo del Paese è un’esigenza riconosciuta in modo generale da molti soggetti e faticosamente perseguita in Italia con continuità a partire dai primi anni novanta. Nel corso dell’azione dell’attuale Governo questo percorso ha subito un mutamento nei toni e nei modi tale da indurre una semplificazione eccessiva delle questioni e a creare una artificiosa e irrealistica contrapposizione dualistica nella quale è impossibile riconoscersi: tra chi sostiene quei modi e quei toni semplicistici e chi non vuole perseguire obiettivi di efficienza e qualità. Il Comune di Reggio Emilia non accetta questa contrapposizione poiché non condivide molte azioni di governo e al contempo ritiene la funzionalità e l’efficacia delle amministrazioni pubbliche condizioni indispensabili per lo sviluppo del Paese. Può apparire un aspetto marginale, invece è proprio a partire dal rifiuto di alcune interpretazioni linguistiche grossolane che intendiamo rifiutare un’egemonia culturale che riteniamo inadeguata e pericolosa per il nostro sistema istituzionale. Per questa ragione ci sembra opportuno muovere proprio dal riconoscimento del valore di alcuni principi così importanti per le nostre istituzioni, riconsegnando loro il significato più proprio e coerente con il nostro ordinamento repubblicano. 

Il Comune di Reggio Emilia invita l’ANCI a vigilare e ad attivarsi nelle forme e nei modi ritenuti opportuni, in tutte le sedi di confronto, perchè tali principi vengano rispettati concretamente negli atti che il Governo sta predisponendo.  

1. Cittadini: i cittadini sono al centro dell’azione del Comune. Lo sono nella loro accezione più complessa, come portatori di diritti e doveri, come soggetti operanti nel proprio interesse, da contemperare nell’ambito di regole e tutele dell’interesse generale, come utenti dei servizi pubblici, ma non come clienti del Comune, in quanto sprovvisti del diritto di uso ed abuso, implicito nel rapporto contrattuale tra cliente e fornitore e nel trasferimento di proprietà della merce acquistata. I cittadini hanno cioè al contempo molti attributi in più e alcuni altri in meno rispetto ai clienti. Cittadino e cliente sono in definitiva due qualificazioni differenti. Il cittadino è protagonista della città in senso attivo e partecipativo e la relazione tra Comune e cittadino è improntata al riconoscimento reciproco di valore in uno scambio che non è mai di mera natura commerciale. Considerare il cittadino come cliente o esclusivamente come portatore di diritti individuali, fuori dal sistema dei doveri e dell’interesse generale, rappresenta una patologia del sistema istituzionale, generatrice di egoismi, conflitti, costi sociali ed economici e fuori da qualsiasi riferimento ai principi fondamentali della nostra Costituzione italiana. 

2. Trasparenza: la trasparenza è un diritto dei cittadini a conoscere e verificare l’azione amministrativa a tutela dell’interesse individuale e collettivo, secondo le forme previste dalla legge. La trasparenza non può essere invocata per contrapporre le istituzioni e i cittadini in una sorta di “istigazione all’ispezione soggettiva” dell’azione amministrativa, né tanto meno per creare condizioni di sfiducia e delegittimazione verso le istituzioni, attraverso un utilizzo improprio delle informazioni che ben poco ha a che fare con il rispetto della democrazia e delle sue regole. In questa direzione, la scelta di rendere pubbliche le informazioni sulle valutazioni individuali dei lavoratori non accresce la trasparenza amministrativa, ma solamente rappresenta una pericolosa alterazione delle più banali logiche di gestione del personale, dei poteri datoriali della dirigenza e una inutile esposizione mediatica dei singoli lavoratori e della loro dignità personale. Questa scelta porta in sè la presunzione di incapacità dell’amministrazione di esercitare la valutazione dei propri lavoratori e affida, delegittimando l’istituzione, tale compito in modo improprio ai cittadini, competenti certamente a valutare la qualità dei servizi ricevuti, ma non la qualità del lavoro svolto dai singoli operatori. Un modo conflittuale di intendere e promuovere la trasparenza, introducendo relazioni oppositive tra istituzioni e singoli cittadini, rischia di generare contenzioso continuo e paralisi amministrativa, peggiorare il rendimento delle istituzioni e scardinare il sistema ordinamentale, proprio in una fase nella quale l’inesistenza e/o il mancato rispetto delle regole hanno dimostrato quale pericolo possono rappresentare per la tenuta del sistema sociale ed economico. 

3. Efficienza e qualità: Il Comune di Reggio Emilia persegue l’efficienza e la qualità nell’erogazione dei propri servizi e ottiene risultati di primario livello, verificabili tramite i sistemi gestionali di controllo e di rendicontazione messi in campo. Per mantenere tali risultati, riconosciuti dai dati e dai propri cittadini, non sente il bisogno di norme che penalizzano la relazione con i cittadini e l’immagine dell’amministrazione e dei propri lavoratori. Al contrario sente l’esigenza, per migliorare sempre più le prestazioni realizzate, di essere posto nelle condizioni di lavorare con serenità e nel rispetto del legame di fiducia con i propri cittadini e i propri lavoratori. La fiducia nella relazione tra Comune e cittadini è una risorsa fondamentale per assicurare efficienza e qualità amministrativa. L’erosione di tale patrimonio, attraverso l’emanazione di norme che implicitamente lo minano, facendo apparire la patologia da perseguire come condizione strutturale dell’amministrazione, è un fatto grave e un costo fortissimo per la vita amministrativa e per i cittadini che lo devono sostenere. Il Comune di Reggio Emilia persegue efficienza e qualità e interviene per risolvere le patologie autonomamente, ma, proprio per questo, non avverte l’esigenza di chiedere l’intervento dei propri cittadini a svolgere compiti per i quali l’Amministrazione è istituzionalmente e autonomamente chiamata a rispondere. Piuttosto il Comune sente l’esigenza di essere riconosciuto per i propri risultati e di non essere accomunato ad eventuali criticità di altre istituzioni, che invece vanno individuate e risolte in modo selettivo e non mediante l’emanazione di norme generali e trasversali al sistema amministrativo. I sistemi dei controlli interni all’amministrazione sono strumenti di governo fondamentali per migliorare l’impatto delle politiche, le prestazioni rese e la qualità dei servizi erogati. Pertanto il Comune di Reggio Emilia intende continuare a rafforzare il proprio sistema di controlli per valutare e migliorare la propria azione e rendere conto in modo trasparente ai propri cittadini dei risultati ottenuti. Ritiene invece inutile e costoso per il sistema istituzionale introdurre una nuova struttura nazionale dedicata a “valutare i sistemi di valutazione”, anche in considerazione delle precedenti esperienze realizzate in Italia che mai hanno prodotto risultati soddisfacenti. Anche come segno di credibilità della propria efficienza sarebbe più opportuno, in una fase di scarse risorse disponibili, che l’amministrazione centrale mettesse a disposizione dei Comuni opportunità di supporto tecnico scientifico, attraverso il miglior funzionamento delle agenzie nazionali già attualmente esistenti. L’esercizio della valutazione è in primo luogo una funzione delle singole organizzazioni e in tale sede può e deve essere realizzata per essere efficace, con tutte le difficoltà del caso. La possibilità che una struttura centrale possa valutare le modalità adottate dagli ottomila comuni italiani nella valutazione multilivello, differenziata per tipologia di politica e processo produttivo, è molto remota e in realtà nasconde, culturalmente, una sfiducia istituzionale generalizzata e il tentativo di riportare all’esterno delle autonomie il luogo del controllo dei risultati. 

4. Autonomia e Decentramento: In questa prospettiva e per assicurare efficienza, qualità e trasparenza, il Comune richiede di essere posto nelle condizioni di poter svolgere il proprio compito in modo agevole e non invece dovendo utilizzare norme irragionevoli, centralistiche e penalizzanti dell’interesse dei cittadini della città di Reggio Emilia. Le norme sul patto di stabilità impediscono al Comune di realizzare i lavori pubblici già finanziati e di utilizzare quasi 60 milioni di euro di liquidità, bloccati inutilmente nelle casse del Comune, proprio in un momento di grave crisi del sistema imprenditoriale, per mere ragioni di contabilità nazionale, e senza alcun beneficio economico né per il Paese né tanto meno per la città. Così la trasformazione dell’ICI in trasferimento statale ha peggiorato drasticamente gli indicatori di autonomia finanziaria del Comune (dal 90% al 64,8%), sottraendo alla comunità reggiana oltre 2,7 milioni di euro e costringendo, in tal modo, il Comune a iscrivere a bilancio una pari somma di “fondo rischi per trasferimenti statali”, che poteva utilmente essere impiegata per integrare le misure urgenti già avviate per fronteggiare la crisi economica in corso. In un sistema nel quale il federalismo amministrativo continua ad essere proclamato, ma realizzato solamente attraverso l’emanazione di norme cornice, il Comune ritiene necessario poter quantomeno disporre immediatamente degli strumenti e degli spazi di autonomia goduti finora e che invece sono stati oggettivamente (cioè sulla base dei dati verificabili) ridotti in modo consistente. 

5. Contrattazione e qualità del lavoro pubblico: La privatizzazione del rapporto di lavoro e la contrattazione nazionale ed integrativa hanno permesso al Comune di Reggio Emilia di introdurre modalità di lavoro e strumenti organizzativi capaci di far fronte all’aumento del 19% della popolazione in dieci anni, nonostante i vincoli di riduzione del personale. La trasformazione dello spazio contrattuale, a favore della rilegificazione e la sottrazione dello status di datore di lavoro privato vanno nella direzione opposta a quella perseguita fino ad ora dal Comune e rendono inapplicabili numerose azioni di innovazione organizzativa messe in campo. Il Comune di Reggio Emilia rivendica la propria autonomia contrattuale per perseguire in modo ottimale i propri obiettivi, attraverso l’utilizzo degli strumenti di gestione introdotti e un corretto, maturo e avanzato sistema di relazioni sindacali. Ancora una volta per perseguire eventuali abusi e impropri utilizzi degli spazi di autonomia contrattuale, anziché individuare in modo faticoso e mirato le patologie, si è scelta la strada di interventi normativi unilaterali, centralistici e generalizzati, penalizzando in tal modo le amministrazioni che in questi anni hanno utilizzato gli spazi a disposizione per migliorare in modo documentato l’efficienza e la qualità della propria azione amministrativa. Le richieste di selettività nell’allocazione delle risorse che provengono dalle amministrazioni centrali verso le autonomie locali, dovrebbero rispondere all’elementare principio della “credibilità dell’emittente”, dimostrando quantomeno una capacità dell’amministrazione centrale di essere a sua volta selettiva nei propri interventi di riforma. In questa prospettiva il Comune di Reggio Emilia ritiene invasiva della propria autonomia politica e operativa, a fronte della tumultuosa crescita demografica e al conseguente aumento dei bisogni e della domanda, dover considerare l’appalto dei servizi, non come una delle possibili alternative gestionali previste dalle norme, ma come l’unica possibilità concreta per l’erogazione dei servizi, (anche nei casi in cui questa non risulti razionalmente preferibile sulla base di valutazioni comparative), a causa dei vincoli imposti all’assunzione di personale. Così la continua modifica del quadro normativo di riferimento rende impossibile definire una programmazione del personale, l’utilizzo mirato delle forme flessibili di lavoro, la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, lo sviluppo professionale dei lavoratori e, in sintesi, un “patto professionale” chiaro e certo tra Amministrazione e lavoratori. La ripubblicizzazione del rapporto di lavoro, la rilegificazione degli istituti sulla gestione del personale, la soppressione dello spazio contrattuale, la centralizzazione delle norme relative ad assunzioni, stabilizzazioni, carriere, retribuzioni, valutazioni, rendono tecnicamente impossibile parlare in maniera compiuta di autonome strategie di gestione delle risorse umane nei Comuni. Le persone sono la principale, quando non l’unica, risorsa strategica per un’amministrazione pubblica. La delegittimazione dei lavoratori pubblici e la sottrazione delle più elementari leve di gestione del personale pongono il Comune di Reggio Emilia in una oggettiva difficoltà strategica nella valorizzazione delle persone che operano nei propri servizi. La motivazione, il senso di appartenenza, la consapevolezza del valore del lavoro pubblico e le possibilità di riconoscimento sono gli strumenti fondamentali per gestire le organizzazioni di produzione di servizi non affette in modo strutturale da patologie. Dal sistema centrale ci si attenderebbe un supporto concreto alle amministrazioni, sul piano tecnico-scientifico, sul piano della disponibilità formativa, attraverso accordi con le università, consorzi formativi e soprattutto un impiego migliore e ottimale delle ingenti risorse disponibili a livello nazionale e attualmente utilizzate in modo assolutamente inadeguato. Al contrario assistiamo ad una produzione normativa indiscriminata e incentrata sul presupposto che le amministrazioni pubbliche siano organizzazioni patologicamente inefficienti, incapaci di erogare servizi di qualità e di render conto ai propri cittadini, aggredibili non tanto attraverso meccanismi di responsabilizzazione e valorizzazione dei punti di forza, ma attraverso l’amplificazione dei vincoli centrali e l’esaltazione del controllo sociale, inteso come innesco di condizioni di conflitto tra cittadini e istituzioni. Questa sfiducia nei confronti dei Comuni nella sfida per essere organizzazioni di qualità, lungi dall’introdurre condizioni assimilabili al mercato dal punto di vista delle asimmetrie informative, penalizza le organizzazioni più virtuose, creando condizioni normative di omologazione verso il basso e verso la mediocrità, sia, da subito, dal punto di vista delle relazioni sociali, sia, nel lungo periodo, dal punto di vista dei risultati amministrativi. In tal modo ad essere ridotto è lo spazio e forse la stessa possibilità di esistere dell’azione collettiva pubblica, a favore probabilmente di forme di regolazione dei rapporti sociali ed economici alternative, ma non ancora esplicite, né definite e che i fatti dell’ultimo anno hanno dimostrato di grande pericolo per il benessere delle nostre comunità.


[1] ringrazio il suo direttore generale Mauro Bonaretti che me lo ha inviato e che riconosco nello spirito del documento.

 

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