Per comprendere
le ragioni per le quali il lavoro agile può
rappresentare una leva per l’innovazione nella Pubblica amministrazione, è
necessario partire da una sintetica analisi del contesto in cui si muovono i lavoratori e le lavoratrici del settore pubblico in Italia.La
PA oggi si presenta come un Giano bifronte: da un lato ha una immagine
“anziana”, rappresentata dall’elevata età media dei dipendenti, che supera ovunque
i 50 anni, da forti resistenze all’innovazione, ma al contempo da un
accresciuto bisogno di flessibilità in un contesto organizzativo rigido e ancorato a vecchi
schemi, in termini di tempi, luoghi e processi; dall’altro, si sta delineando
anche un’immagine più “giovane” e innovativa,
di cui sono protagonisti le nuove leve in ingresso e alcuni dirigenti, caratterizzata dalle opportunità offerte dagli strumenti tecnologici e dai nuovi processi di
digitalizzazione.E’
possibile trovare un equilibrio tra queste due facce che convivono sotto lo
stesso tetto e che possono sembrare tra di loro così difficili da conciliare? Il lavoro agile è a mio avviso in grado di
andare oltre queste diversità, rappresentando
l’occasione per un ripensamento
del lavoro pubblico in chiave di maggiore benessere organizzativo sia
per i nuovi dipendenti che per i più anziani. Sfruttando al meglio le nuove
tecnologie e facendo leva, da un lato, sul patrimonio di esperienze dei
dipendenti già in servizio, e dall’altro, sulla carica innovativa dei
newcomers,
lo
smartworking rappresenta un’occasione imperdibile per la diffusione,
attesa da tempo, dell’innovazione dei processi nella pubblica amministrazione.Del
resto, come ricerche nazionali e internazionali registrano, i giovani, sempre
più digitali e connessi, sono proprio alla ricerca di un tipo di lavoro che
risponda alle moderne esigenze di flessibilità alle quali il lavoro agile viene
incontro. Occorre perciò un vero e
proprio
rebranding della pubblica amministrazione, che permetta di
attrarre i migliori al settore pubblico, ponendo un freno per questa via all’emorragia
di talenti che in Italia non trovano o non ritengono di poter trovare adeguato
spazio e riconoscimento.La stagione che prenderà avvio dal 2019 di
nuove consistenti immissioni di
personale nel settore pubblico
rappresenta dunque un’occasione straordinaria per assicurare alle pubbliche
amministrazioni italiane la linfa vitale indispensabile per far fronte alle
sfide che la modernità richiede alle organizzazioni e alle aspettative di
migliori e più efficienti servizi dei cittadini .Ma per
attrarre i migliori, e permettere alle pubbliche amministrazioni di beneficiare
del loro apporto innovativo e spesso positivamente “disruptive”, occorre sostenere
l’innovazione digitale favorendo la diffusione presso le pubbliche
amministrazioni del lavoro agile, una modalità innovativa di esecuzione della
prestazione lavorativa che punta a sostituire
la cultura della mera presenza fisica con quella del risultato,
attraverso un monitoraggio di obiettivi misurabili che prescinde dalle
ordinarie limitazioni di tempo e spazio.Nelle
pubbliche amministrazioni diversi possono essere i fattori che hanno inciso
sulla mancata realizzazione di quella “rivoluzione digitale” attesa da tempo e
che sembra ai più ancora un miraggio. Si pensi, ad esempio, alla tendenza a
duplicare il lavoro associando, e non sostituendo, la modalità digitale a
quella tradizionale, senza un ripensamento dei processi definiti prima dell’avvento della
tecnologia digitale, e alla difficoltà ad
abbandonare l’uso della carta; una difficoltà spesso non solo dovuta a
resistenze culturali, ma anche legata alla carenza di
digital skills dei dipendenti. Nello specifico, in alcuni casi, il
processo di digitalizzazione, seppure avviato, non soltanto non ha comportato
uno snellimento dei procedimenti amministrativi, ma ha aggravato l’inefficienza
e la ridondanza delle procedure cartacee storiche.Inserendosi
nel contesto descritto, il lavoro agile sta avviando nelle pubbliche
amministrazioni in cui è in fase di sperimentazione una piccola rivoluzione. “Costringendo”
a lavorare attraverso le tecnologie informatiche fuori dal consueto ambiente di
lavoro e dalle pratiche cartacee, il lavoro agile sta imprimendo un’accelerazione importante verso
l’avvio o il completamento della digitalizzazione dei processi. Partendo, cioè
dallo strumento digitale, la cui piena funzionalità va “garantita”, pena
l’impossibilità di lavorare “agilmente”, la destrutturazione dell’ambiente di
lavoro e l’utilizzo sistematico delle reti telematiche nell’articolazione dei
processi, sta permettendo la ridefinizione e la semplificazione “dal basso” delle
procedure amministrative.Dalla
sperimentazione del lavoro agile si potrà trarre spunto per avviare più ampie politiche
di gestione delle risorse umane orientate al
change management, che affermino (o consolidino nelle realtà più
mature) la cultura della performance rispetto a quella della presenza e permettano
di misurare la produttività sempre più sulla base di obiettivi e risultati.
Lavorare in modo “agile” significa infatti passare dalla logica gerarchica del
controllo a quella partecipativa, da una amministrazione del “come” ad una
amministrazione del “perché”, basata sulle responsabilità reciproche e la condivisione di strategie, valori e
obiettivi.Questa
opportunità di cambiamento epocale nell’organizzazione del lavoro, in
particolare nel pubblico impiego, è stata colta dalla legge n. 124 del
2015, tradotta in specifiche indicazioni
operative attraverso la Direttiva in materia n. 3/2017 del Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei Ministri.Diverse
Pubbliche amministrazioni, in adempimento delle disposizioni normative appena richiamate
e avendo presenti gli importanti benefici
rilevati nel settore privato, hanno già avviato percorsi sperimentali
per l’introduzione del lavoro “agile” all’interno delle proprie strutture.Tuttavia
non si può non concordare con il recente
Libro Bianco sull’innovazione della PA realizzato da FPA
quando afferma che “
L’aspetto
critico che rallenta l’implementazione di questo strumento è il contesto
culturale della pubblica amministrazione italiana, che si presenta come
impreparata ad adottare un approccio strutturato e graduale che consenta di
sperimentare, misurare e personalizzare il modello sulle specificità delle
diverse realtà organizzative”.
Condivido pienamente questa criticità, confermata anche dalle
recenti stime dell’Osservatorio Smart-working del Politecnico di Milano sulla
ancora limitata introduzione del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche.Appare perciò necessario
intervenire con un’azione massiva di accompagnamento, di comunicazione e
informazione che possa contribuire a rimuovere gli ostacoli di natura culturale
e organizzativa alla diffusione di un nuovo modo di lavorare nel pubblico
impiego che ha anche rilevanti potenziali effetti positivi in termini di pari
opportunità tra uomini e donne.La massiccia diffusione del
lavoro agile, favorendo il venir meno della “cultura della presenza” potrà infatti
contrastare, e auspicabilmente sradicare, i diffusi stereotipi sul lavoro
femminile e sulla presunta minore disponibilità/produttività delle donne
connessa ai carichi di cura familiare. Mi riferisco, in particolare, allo
stigma associato al maggior numero di
assenze (legate alla maternità ma non solo) e alla generale minore
attitudine delle donne a trattenersi in ufficio oltre l’orario ordinario di
servizio.Il lavoro agile, favorendo la
conciliazione dei temi di vita e di lavoro e riducendo le assenze, appare
infatti idoneo ad appianare le distorsioni presenti nel mercato del lavoro legate
allo stigma di minore “affidabilità” al quale sono troppo spesso associate le
donne nei luoghi di lavoro rendendole
vittime di stereotipi se non di vere e proprie discriminazioni.Proprio con lo scopo di favorire
la diffusione e il consolidamento di un nuovo modo di intendere le prestazioni
lavorative, l’Ufficio per gli interventi in materia di parità e pari
opportunità del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio
ha avviato un’importante azione di accompagnamento delle amministrazioni
pubbliche attraverso il “ Progetto Lavoro agile per il futuro della PA:
pratiche innovative per la conciliazione vita/lavoro”, finanziato a valere sul
PON Governance e capacità istituzionale 2014-2020.Il cuore del progetto è
rappresentato dall’accompagnamento di 15 amministrazioni pilota (centrali,
regionali e locali) nell’implementazione di percorsi di lavoro agile, che si sta
sviluppando attraverso un supporto personalizzato e attività dedicate di
formazione ed assistenza.Altre 10 amministrazioni, presso
le quali la sperimentazione è già stata avviata, stanno beneficiando di supporto su aspetti
specifici in base allo stato di avanzamento della sperimentazione in corso. Le
altre pubbliche amministrazioni che si sono candidate all’accompagnamento e non
sono state selezionate per i progetti pilota saranno, invece, supportate con
l’ausilio di una Piattaforma interattiva nell’ambito della quale sarà possibile
dialogare, scambiare strumentazione specifica e accedere alla documentazione
relativa alle sperimentazioni in atto.Particolare enfasi ed attenzione è
riservata da parte del progetto alle azioni di change management nonché al monitoraggio
e alla valutazione delle sperimentazioni, anche in connessione con gli
obiettivi organizzativi ed individuali previsti dai Piani della performance per
le singole PA.Infine, proprio a partire
dall’innovativa e positiva esperienza delle giornate e delle settimane del
lavoro agile, promosse dal Comune di Milano, che è amministrazione “mentore”
del progetto, entro il 2020 saranno
realizzate
almeno 5 Giornate di lavoro “agile” in altrettante città
italiane , coinvolgendo pubbliche amministrazioni e aziende private, che
permetteranno una ampia sperimentazione del modello su scala nazionale, con decine di aziende e
PA coinvolti e un sistema di misurazione dei benefici non solo per i
dipendenti, ma anche per le organizzazioni e la collettività. La prima Giornata di Lavoro Agile di Roma
,organizzata nell’ambito del progetto, è prevista per il 13 dicembre 2018.Sono dunque numerose le amministrazioni
che si sono attivate o stanno per essere coinvolte in un processo di
innovazione organizzativa che permetterà al mondo del lavoro pubblico di
adottare un modello che si può definire win-win-win, in considerazione degli
evidenti impatti positivi che è in grado di produrre non solo per i lavoratori
(migliore conciliazione vita-lavoro e maggiore benessere organizzativo), ma
anche per le organizzazioni (maggiore produttività) e per la collettività
(riduzione del traffico nelle città dovuto ai minori spostamenti per e da i luoghi
di lavoro). Più agile, meglio per tutti.
A firma di Monica Parrella leggi anche “Smart working: un “equalizzatore” che appiana le distorsioni di genere nel mercato del lavoro” e “Perché il lavoro agile serve alla PA. Parrella: “Ecco i risultati della prima fase di sperimentazione”