L’incubo di un giorno in Pretura – Articolo secondo classificato Premio INCHIESTA PA
Una piccola inchiesta sulla lentezza della giustizia, vista con gli occhi di un praticante avvocato nella sua lotta quotidiana contro la burocrazia del tribunale civile di Roma.
19 Maggio 2009
Giulia De Luca
Una piccola inchiesta sulla lentezza della giustizia, vista con gli occhi di un praticante avvocato nella sua lotta quotidiana contro la burocrazia del tribunale civile di Roma.
La notifica o la vita. È la prima sfida da affrontare all’entrata del tribunale civile di Roma. Arrivare dieci minuti dopo il solito orario significa prendere il numero 180 invece del 30. Valerio Santurro, praticante avvocato e assistente di se stesso, alle 8.40 conquista il numero 110. In coda ci sono professionisti sconsolati, praticanti sfiduciati e persone con trolley o carrelli della spesa. Sono impiegati di agenzie a cui gli studi legali affidano le pratiche affinché lottino contro la burocrazia.
Fuori dall’ufficio c’è “Jimmy delle notifiche”. Ha una valigia piena di scartoffie e gli occhiali di Antonello Venditti, ma con la montatura in radica. Jimmy è arrivato dal Maghreb circa 15 anni fa e, dopo avere studiato la procedura, si è perfettamente integrato creando una sua agenzia. In nero. Sembra siano previsti sconti per chi gli affida più atti. Il prezzo varia in base all’urgenza e al valore. «Prima il lavoro – dice Jimmy – e poi vediamo quanto viene».
Con il 110 in tasca Valerio esce dall’ufficio notifiche e si dirige verso la sezione delle esecuzioni mobiliari, allo sportello 2: l’unico a Roma dove avere informazioni sui pignoramenti mobiliari e presso terzi. La fila è disordinata. «Niente numeri – dice Valerio – per capire il tuo turno ti devi ricordare chi è l’ultimo». Oggi è la “signora con il cappello rosa”.
Di fronte allo sportello una freccia indica la stanza 44bis: l’archivio della sezione, dove si trovano tutti i fascicoli. O quasi. Gli altri sono nella 44. Sulla porta, oltre all’orario di apertura (dalle 9 alle 12), i dipendenti hanno appeso un avviso: “La scortesia non è di chi non apre fuori dall’orario ma di chi si permette di bussare quando è chiuso”.
Alle 9.30, appurato che anche questa coda sarà lunga, il futuro avvocato si incammina verso il corridoio dei decreti ingiuntivi. È stato appena chiamato il numero F86 e lui, con agilità, scarta l’impiegato di un’agenzia e si impossessa del G36. Con tre file pendenti e ancora nulla di realizzato Valerio esce da via Lepanto (dove si trova una parte degli uffici) e entra a Viale Giulio Cesare 54b per cercare il giudice De Michele. Ma scopre che è stato sostituito. Quindi bisogna capire chi terrà udienza e, soprattutto, dove. L’elenco appeso in cancelleria indica il giudice Grimaldi, stanza 303. Un’aula dove tre magistrati cercano di resistere agli assalti degli avvocati. Valerio non partecipa: sarà costretto a ripassare perchè la controparte non c’è.
Sulla strada per la fallimentare lo informano che in media una sezione del tribunale ha circa 7.000 cause pendenti. Le sezioni sono 13. Il povero Valerio ha finora all’attivo due numeretti e una “signora dal cappello rosa”. Ma con l’aiuto di un’impiegata ottiene il numero del curatore fallimentare che cercava.
Alle 10.30 torna ai decreti ingiuntivi con il suo G36. Manca poco. Il G23 è appena entrato. Sfrutta i minuti di attesa e si affaccia alle casse delle esecuzioni per ritirare un pignoramento, che non è arrivato. Allora dà un’occhiata alla fila delle notifiche, ma sono ancora al 60. Così torna ai decreti. Sono al G27. Finalmente alle 11 arriva il suo turno. Dopo un’aranciata Valerio torna dal giudice Grimaldi e chiude la causa. Nel frattempo gli dicono che al famoso sportello 2 si è bloccato l’unico computer esistente. Allora decide di entrare, per la terza volta, nell’ufficio notifiche. Sono al 109. È il prossimo. Ma il tempo è contro di lui perchè la regola prevede che, prima di mezzogiorno, si possono notificare 5 atti mentre dopo solo 2. Sono le 12.05 e gli atti sono 3. Il signor Ermanno lo aiuta e li accetta.
Un ultimo dovere lo separa dal pranzo: la fotocopia di un verbale. Complicata attività che, se chiesta con procedura normale e una marca da bollo da 0.77 euro, dura tre giorni. Sennò c’è l’urgenza: un giorno con la marca da 2.31. Solo che i commessi addetti a questo compito non esistono. Quindi lui compra la marca da 2.31, lascia il documento al cancelliere e si fa la fotocopia.
«Per oggi è finita – dice Valerio – dovrò tornare per lo sportello 2. Ma non mi lamento, alla fine è stata una giornata tranquilla».