L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Che presto sarà sempre più smart
Con la Legge di Stabilità 2016 arriverà la prima normativa in
materia di lavoro agile. Nove articoli per disciplinare le prestazione di lavoro al di fuori degli
spazi aziendali: retribuzione, orari di lavoro, privacy e controllo, uso di
dispositivi per connettersi e lavorare
in rete con i team aziendali, infortuni e sicurezza sono gli ambiti coperti in
modo snello e lineare.
25 Novembre 2015
Francesca Maria Montemagno
Innovare significa cambiare, implica una trasformazione. In questi giorni, e ancora di più a poca distanza dall’Italian Digital Day, si parla molto di innovazione e rinnovamento (ed, senza voler scendere in un’ articolazione approfondita, è forse questo uno dei meriti di quanto successo a Venaria tra venerdì e sabato scorso!). La trasformazione digitale è una trasformazione culturale. Ha bisogno di tecnologia e di infrastrutture, senza dubbio. Ma ha bisogno in primis di persone, di competenze e di approccio resiliente.
Digitale, internet delle cose, big data, device e navigazione “mobile” incidono sui nostri consumi e sui nostri stili di vita. “Anytime, anywhere”: questi temi hanno un impatto sempre più significativo sul nostro lavoro e sulle organizzazioni in cui ci inseriamo. Le aziende oggi attraversano una fase di profondo cambiamento, devono ripensare l’organizzazione e in alcuni casi ridisegnarla.
Sempre di più si lavora fuori dall’ufficio tradizionalmente inteso. Non stiamo parlando del popolo delle partite iva, dei freelance o degli startupper. Sempre di più sono i dipendenti che scelgono lo smart working, quel lavoro agile che ha come obiettivo la produttività e la conciliazione tra vita privata e professione. Governare l’impresa non rileva solo per l’impresa stessa. La modalità con cui il nostro Sistema Paese risponderà alle sollecitazioni determinerà la sua stessa attrattività e competitività.
Lo conferma anche la ricerca svolta dall’osservatorio Smart Working della Scuola di Management del Politecnico di Milano: nel 2015, il 17% delle grandi imprese ha in atto progetti strutturati di Smart Working (era l’8% nel 2014). E un’impresa su due ha adottato iniziative tese a creare maggiore flessibilità, come policy su orari e spazi di lavoro, dotazione tecnologica a supporto, revisione del layout degli uffici o interventi sugli stili di leadership.
Gli strumenti tecnologici più usati per abilitare lo Smart Working sono device mobili e i sistemi di social collaboration. Tra le funzioni aziendali più predisposte ad avviare sperimentazioni e progetti pilota spiccano le direzione ICT, ma anche gli acquisti e l’amministrazione. Per fare davvero Smart Working però bisogna ripensare nel profondo cultura e i modelli organizzativi. Cresce l’interesse per il coworking anche per le grandi aziende: già 349 gli spazi in Italia. Scambio di conoscenza e riduzione costi tra i benefici rilevati dai manager, ma resta il timore sulla sicurezza dei dati.
Tra le PMI, però, la diffusione risulta ancora molto limitata: solo il 5% ha già avviato un progetto strutturato di Smart Working, il 9% ha introdotto informalmente logiche di flessibilità e autonomia, oltre una su due non conosce ancora questo approccio o non si dichiara interessata.
La trasformazione digitale in azienda passa dall’organizzazione e dalle persone, lo abbiamo già detto. La trasformazione digitale per produrre cambiamento deve essere supportata da metodo e pianificazione. Fondamentale in questo scenario prestare attenzione per evitare che, ad esempio, quello dello smart working venga ridotto a moda del momento. Un’azienda che fa della diversità e della flessibilità la propria base ha la speranza fondata di migliorare la propria performance.
In questo contesto si accoglie la notizia circa l’intervento del governo in materia di regolamentazione dello smart working: con la Legge di Stabilità 2016 arriverà la prima normativa in materia di lavoro agile. Nove articoli costituiscono il disegno di legge curato dal Prof. Maurizio Del Conte per disciplinare le prestazione di lavoro al di fuori degli spazi aziendali: retribuzione, orari di lavoro, privacy e controllo, uso di dispositivi per connettersi e lavorare in rete con i team aziendali, infortuni e sicurezza sono gli ambiti coperti in modo snello e lineare.
La proposta lascia spazio alla contrattazione collettiva e individuale ed ha come obiettivo quello di promuovere una flessibilità seria in azienda, superando le singole volontà aziendali ma lasciando nel contempo spazio al principio di volontarietà. Si rimanda infatti alla contrattazione collettiva e individuale la regolamentazione delle modalità, degli orari e degli strumenti in dotazione.
Il primo articolo costituisce una sorta di manifesto che porta a superare quei residui concettuali derivati dalla disciplina del telelavoro: la normativa regola il lavoro agile per supportare e incrementare la produttività e la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
Si potrà così lavorare in mobilità garantendo il raggiungimento degli obiettivi e il compimento del carico assegnato. Si percepirà la stessa retribuzione di chi invece continuerà a lavorare alla scrivania. La copertura assicurativa sarà estesa e comprenderà anche l’eventuale tragitto da casa verso il coworking o la sede che si sceglierà per lavorare. I controlli da parte del datore di lavoro dovranno rispettare gli accordi individuali e rispettare la legge sui controlli a distanza, anche in virtù delle novità introdotte dal più discusso Jobs Act. Lo smart working può essere per un tempo determinato o indeterminato e si può recedere solo per una giusta causa e con un preavviso non inferiore ai 30 giorni.
Rilevante e significativa è la parte del disegno in cui viene tracciato un sistema di incentivi fiscali e contributivi che la legge di Stabilità introduce per la contrattazione di secondo livello, cioè quella aziendale.
I 9 articoli non novellano in modo rivoluzionario quanto era stato normato nel 2008 con l’introduzione della detassazione del salario di produttività. L’importanza e la rilevanza di questo disegno ha carattere politico: inserendolo all’interno della Legge di Stabilità si esplicita il carattere innovatore che lo smart working comporta. Di fatto nonostante gli accordi tra le parti sino ad oggi il lavoro flessibile non è stato sdoganato, soprattutto nella PMI che costituisce la quasi totalità del tessuto aziendale italiano. Si è ancora troppo legati ad organizzazioni verticali composte da silos e basate sulla presenza e sulla visibilità all’interno della sede aziendale.
La trasformazione digitale non cancella l’insostituibile apporto di ciascun dipendente, al contrario consente crescenti interazioni capaci di valorizzare intelligenza, creatività e progettualità delle persone. Lo smart working rende più produttiva la singola risorsa ed ha la capacità di rendere contemporanea ed elastica l’azienda a cui la risorsa appartiene.
Resta da augurarsi che alla normativa, una volta approvata, possano seguire velocemente da parte del Ministero del Lavoro le buone prassi per accelerare l’attuazione e lo sviluppo reale della prassi del lavoro flessibile.