Lo strano caso di Ancitel SpA
Ricevo questo articolo sulla storia di Ancitel da Nicola Melideo, con cui abbiamo condiviso da tanti anni iniziative e speranze sull’innovazione negli Enti Locali, e ve lo ripropongo tal quale. Non conosco abbastanza il tema per poter prendere posizione, ma conosco abbastanza Nicola per poter affermare che trattasi di persona intellettualmente onesta. Devo però, per altrettanta onestà, lasciare all’autore la responsabilità delle sue opinioni. Nel dargli spazio sul nostro sito speriamo di aprire un dibattito utile e saremo lieti di ospitare qualunque altra voce vorrà aiutarci a riflettere e fare chiarezza su questa vicenda.
Carlo Mochi Sismondi
10 Giugno 2014
Nicola Melideo
Ricevo questo articolo sulla storia di Ancitel da Nicola Melideo, con cui abbiamo condiviso da tanti anni iniziative e speranze sull’innovazione negli Enti Locali, e ve lo ripropongo tal quale. Non conosco abbastanza il tema per poter prendere posizione, ma conosco abbastanza Nicola per poter affermare che trattasi di persona intellettualmente onesta. Devo però, per altrettanta onestà, lasciare all’autore la responsabilità delle sue opinioni. Nel dargli spazio sul nostro sito speriamo di aprire un dibattito utile e saremo lieti di ospitare qualunque altra voce vorrà aiutarci a riflettere e fare chiarezza su questa vicenda.
Carlo Mochi Sismondi
Non appaia strano che questo articolo, ispirato dalle recenti vicende di una società, Ancitel SpA, che ha precorso un modo di fare innovazione “a misura di Comune” senza, purtroppo, riuscire a fare scuola, abbia chiesto ospitalità al portale di FORUM PA: l’innovazione è anche il risultato di fallimenti, a condizione che si sappia farne frutto, ed Ancitel è a modo suo un fallimento nell’analisi del quale possono evidenziarsi motivi di riflessione non banali sui rapporti intercorrenti tra politiche di innovazione e “politica”.
Ancitel SpA è una società controllata dall’ANCI che, dalla sua fondazione (1987), ha vissuto una storia che è andata modellandosi in funzione dell’evoluzione della storia politica dell’ANCI. Volendo semplificare al massimo, tale storia ha avuto nei 27 anni, che vanno dal 1987 ad oggi, quattro stagioni.
1987-1996
L’ANCI è ancora una struttura di limitata caratura politica. Ancitel nasce per innovare il sistema dei Comuni attraverso interventi che potremmo definire di e-government ante-litteram, quali servizi on-line di accesso a banche dati pubbliche a supporto in rete all’operatività dei Comuni. L’innovazione più rilevante e profetica, risalente al 1992, è consistita nell’avvio del processo di integrazione in rete delle anagrafi comunali: in una parola quello che oggi si presenta come la novità dell’ultima ora, l’ANPR, l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente. Al di là delle cose fatte (non poche davvero), la gestione di Ancitel in questo periodo è cosa distinta, nettamente distinta dalla gestione dell’ANCI. L’esistenza e lo sviluppo della società sono garantiti (sembrava bastasse!) da conti sempre in ordine; da una gestione trasparente che ha sempre rifiutato il ricorso al facile denaro dei finanziamenti pubblici e che faceva affidamento solo sui proventi da servizi proposti ai Comuni; da una forza propositiva e da motivazioni etico-politiche per le quali politica è anche saper fornire strumenti validi per l’amministrazione della cosa pubblica; da un rapporto corretto e dialettico, pienamente convergente sugli obiettivi, con ANCI.
1966-1999
Nel corso del 1996 i nuovi Sindaci eletti con il nuovo sistema, e tra essi quelli dei grandi Comuni, si costituiscono come ceto politico in competizione per la conquista di quote di egemonia politica. L’ANCI, che fino a quella data era stata luogo di confronto tra le burocrazie dei partiti per le questioni tecnico-amministrative riguardanti il governo locale, cambia pelle. I nuovi Sindaci scelgono come Presidente dell’ANCI il Sindaco di un grande Comune. Ha inizio la costruzione del “partito dei Sindaci”, si dispiega la progressiva attenzione dei media nazionali sul nuovo personale politico espresso dall’ANCI.
In nome del primato della politica, e delle sue esigenze di sviluppo, l’ANCI pretende di avere mano libera nella gestione di Ancitel, ma il credito professionale della società e l’opposizione del suo management riescono ad evitare significative invasioni di campo fino a tutto il 1999. Nel frattempo la società aveva raggiunto ragguardevoli dimensioni: oltre 90 dipendenti, per un fatturato (in euro) superiore ai 10 milioni; bilanci e cash flow sempre in attivo; un posto in prima fila tra quanti l’innovazione nella PA non la predicavano, la facevano e a costi che, a molti, sembravano eccessivamente bassi.
2000-2012
Alla fine del 1999 hanno luogo grandi rivolgimenti in ANCI: il suo presidente si avvia a diventare Ministro dell’Interno, per la prima volta un ex PCI è il più serio candidato a ricoprire la carica di Presidente dell’ANCI, che si rende libera; Forza Italia, che ha ormai un peso rilevante tra i Sindaci, pretende ed ottiene il controllo “politico” e gestionale di Ancitel e l’estromissione del suo management storico.
La terza stagione vede Ancitel smettere di essere interlocutrice dei Comuni, di avere autonomia ideativa, di essere responsabile dei flussi finanziari che la tengono in vita. Il suo mercato diventa l’ANCI, cui indirizza ormai fatture per l’80-90% dei suoi ricavi.
E’ accaduto questo: ANCI ha bisogno di soldi, e li cerca e li ottiene proponendo progetti – i più vari – alle Amministrazioni centrali. Tanti soldi. Per essere credibile nelle sue richieste ANCI deve mostrare credenziali che non potrebbe mai esibire se non incorporando di fatto Ancitel.
La società guidata da figure totalmente allineate con la volontà dell’ANCI, trova comodo poter disporre di ricavi certi ed abbondanti senza molti sforzi: aumentano il fatturato (fino a 25 milioni), il numero dei dipendenti (fino a 140 dipendenti più un gran numero di precari), il numero e il peso dei fornitori (per diversi milioni di euro).
2012-2014
La quarta stagione ha inizio con la crisi finanziaria del Paese di fine 2011 – inizio 2012: ANCI avverte che le sue fonti di finanziamento si sono inaridite. A fine marzo del 2012, poi, c’è un pronunciamento del TAR del Lazio secondo il quale l’ANCI deve essere assimilata, per quanto riguarda i controlli sulle sue spese, ad una PA, in quanto i soldi da essa manovrati – siano essi di provenienza dai Comuni (quote associative) o da altra fonte pubblica (finanziamenti di progetti, commesse, etc..) appartengono sempre al perimetro delle risorse pubbliche e della spesa pubblica. ANCI, che alla sentenza non risulta abbia fatto opposizione, decide di sganciarsi da Ancitel attraverso un’operazione di cessione della quota di controllo. L’intento diventa evidente a fine 2013 ma, per il modo in cui l’operazione viene condotta, la sua ideazione può essere fatta risalire all’estate 2012.
A metà 2012 ANCI decide di costituire una nuova società, ANCIDATA srl. A dare attuazione al proposito, su volere dell’ANCI, è Ancitel che si vede assegnato anche il socio di minoranza. Le quote (10.000 Euro di capitale) sono state così ripartite: ad Ancitel il 51%; a Data Management, una software house operante sul mercato dei Comuni, il restante 49%.
La sede della nuova società è quella di Ancitel; il suo personale è a libro paga di Ancitel e da questa prestato; i prodotti sono quelli di Ancitel; il management è “ai mezzi”, tra Ancitel e Data Management. Con questo assetto ANCIDATA nel 2013 matura un fatturato di circa 300.000 Euro.
A fine 2013, l’ANCI decide di cedere il controllo con una procedura – a suo dire rapida ed indolore – così concepita: ANCIDATA si fonde con Ancitel; Data Management trasforma le sue quote ANCIDATA in azioni Ancitel; sulla base di una stima non si sa bene fatta da chi, il concambio tra quote ANCIDATA e azioni Ancitel avverrebbe in ragione di 1 a 3, sulla base del presupposto che ANCIDATA valga un terzo di Ancitel! (Non male per Data Management: 4.900 euro investiti nel 2012, a maggio 2014 valgono 392.000 euro!).
Con questo patrimonio (puramente virtuale) portato in dote ad Ancitel, Data Management diventerebbe il secondo azionista di Ancitel, con poco più del 13% delle azioni. Ma immediatamente dopo per Ancitel si renderebbe comunque necessario un aumento di capitale. Se tutti gli azionisti storici si dichiarassero non disponibili a sottoscriverlo, e se a dirsi pronta a investire in Ancitel-ANCIDATA fosse la sola Data Management, ecco create tutte le condizioni per una cessione, al prezzo che vorrà definire il compratore, di un patrimonio che evidentemente qualche valore deve avere e qualche utilità dovrà produrre. Data Management non è infatti un’opera pia: prima di avventurarsi nell’impresa deve aver fatto bene i conti (compresi quelli relativi alla disponibilità di due marchi ANCIDATA e Ancitel, commercialmente validi). Non solo, dunque, ha ottenuto di definire i valori di concambio sopra richiamati, ma ha anche preteso che ANCI ottenesse la rinuncia ex-ante da parte degli altri azionisti al diritto di sottoscrizione in caso di aumento di capitale della società. Né a quanto risulta ha mai dato garanzie sulla salvaguardia dei posti di lavoro e di non procedere ad uno spezzatino successivo della società risultante dalla fusione.
Ma proprio sul progetto di fusione è cascato, almeno per il momento, l’asino, con grande disappunto dell’ANCI. L’assemblea che doveva chiudere il cerchio e sancire la fusione delle due società (16 maggio 2014) si è conclusa con un nulla di fatto.
Il personale di Ancitel aveva più e più volte protestato per la piega che prendevano gli eventi, ma la sua protesta si sarebbe forse dimostrata vana se un azionista di minoranza, Insiel Mercato, non si fosse fermamente opposto ad una iniziativa giudicata poco trasparente, non vantaggiosa per Ancitel, non rispondente ad alcun interesse pubblico, certamente contraria agli interessi degli operatori di mercato, Data Management esclusa.
E sulle note di questa finale cavalcata in stile austro-ungarico (Insiel Mercato ha sede a Trieste ed è attiva anche sui mercati di lingua tedesca), il progetto di fusione si è dissolto, almeno fino a settembre.Resta inspiegabile il silenzio sulla vicenda mantenuto da ISTAT e Formez, due azionisti di Ancitel, due PA a pieno titolo, che hanno intrattenuto – ed intrattengono tuttora – con Ancitel rapporti di natura operativa.
Cosa succederà a settembre? ANCI non può permettersi più di mantenere Ancitel: questo è pacifico. Bisogna, dunque, augurarsi che la cessione del controllo abbia luogo il più rapidamente possibile. Ma anche nel rispetto della trasparenza, della legalità e dell’interesse pubblico.
Ecco, perciò, alcune proposizioni riassuntive e conclusive della vicenda.
- Un esito positivo per Ancitel è possibile a condizione che la società sia messa in condizione di far rivivere la sua vocazione iniziale e che ANCI accetti di ripristinare con essa un rapporto di collaborazione dignitoso e sostenibile per entrambe le realtà. La cessione del controllo è una condizione necessaria per la salvezza di Ancitel, ma assolutamente non sufficiente.
- Il controllo di Ancitel può essere appetibile per uno o più imprenditori privati a condizione che chi ne rileva il controllo sia pienamente consapevole della natura dei servizi che una società come Ancitel può sviluppare e proporre ai Comuni senza violare il principio di parità tra operatori di mercato. E’ inevitabile, sul punto, richiamare anche il fatto che Ancitel non ha senso se la sua azione non è in qualche modo accettata, condivisa e sostenuta dall’ANCI.
- Stanti i vincoli posti dalla sentenza del TAR e la presumibile e comprensibile opposizione degli operatori di mercato, ANCI può contribuire al rilancio di Ancitel non ipotizzando più, in alcun modo, commesse da intercettare e, in parte, da dirottare verso Ancitel. L’unica soluzione è che ANCI si faccia “centrale di committenza” sui quali vi sia un’adesione convinta da parte dei Comuni. Tali servizi devono, per loro natura, essere sottratti alla libera determinazione del mercato, unici e “sistemici”.
- ANCI non può stabilire più, ormai, a chi passare il testimone di Ancitel come se fosse un privato operatore commerciale, senza rendere conto a nessuno. ANCI può e deve interpretare il suo ruolo (ammesso che abbia le competenze per sostenerlo ed il coraggio politico per deciderlo) di “centrale di committenza” indicendo, a termini di legge, una gara “a doppio oggetto”, che preveda, cioè, che la cessione del controllo della società costituisca un “di cui” dell’aggiudicazione di un più ampio contratto quadro (pluriennale) per servizi di innovazione da proporre ai Comuni.
- I soci ideali per la nuova Ancitel? Sono diversi, anche di rango europeo (di qui l’opportunità di una gara europea): gestori di reti, content providers, consorzi di società che sviluppano prodotti e servizi ICT; società, italiane e comunitarie, di consulenza operativa e gestionale che possano vantare esperienze documentate di buona gestione di risorse pubbliche.
Qualsiasi soluzione diversa susciterebbe dubbi e sospetti di cui né il Paese né il suo governo, il giovane governo “dei Sindaci”, avvertono il bisogno.