Misurare il benessere dei cittadini, le nuove metriche per superare la dittatura del Pil
Il tradizionale monitoraggio del Prodotto Interno Lordo non basta più per dare una visione integrata di una comunità, ad esprimere l’andamento e la complessità dei livelli reali di benessere percepiti dai cittadini. Delle nuove metriche “non tradizionali” in grado di misurarlo si è parlato nel corso del Digital Talk organizzato da FPA in collaborazione con Istat, che ha visto l’intervento di esperti autorevoli del settore. Un’occasione per discutere e confrontarsi sull’importanza di affinare la raccolta e l’analisi dei dati attraverso indicatori statistici multidimensionali, che riescano ad includere fattori non economici come la qualità della vita, l’istruzione, la salute e la sostenibilità, per restituire il quadro olistico della realtà. Un cambio di prospettiva non differibile e necessario per restituire dati reali che possano indirizzare le politiche pubbliche verso i bisogni dei cittadini
18 Dicembre 2024
Manlio Serreti
Giornalista
In un’epoca storica di cambiamenti tecnologici, climatici, geopolitici, economico-finanziari, le statistiche tradizionali che misurano la crescita economica di un paese partendo dal Pil, non esprimono il reale benessere delle popolazioni. Anche nelle democrazie occidentali, economicamente in ripresa dopo l’emergenza pandemica, le persone esprimono malessere crescente e preoccupazione rispetto alla propria qualità di vita, alla sostenibilità ambientale, alle disuguaglianze economiche e all’assistenza sanitaria. La necessità di un nuovo approccio metodologico multidimensionale, che possa orientare le scelte politiche al reale benessere delle persone, è stata il punto di partenza del Digital Talk, organizzato da FPA in collaborazione con Istat lo scorso 11 dicembre, dal titolo “Misurare il benessere oltre il PIL: nuove metriche per lo sviluppo sostenibile. L’importanza di sviluppare indicatori statistici non tradizionali”.
Ospiti del Digital talk di FPA e Istat sono stati: Romina Boarini, Director of the OECD Centre on Well-Being, Inclusion, Sustainability and Equal Opportunity (WISE); Massimo Fedeli, Capo Dipartimento Sviluppo di Metodi e Tecnologie per la Produzione e Diffusione dell’Informazione Statistica Istat; Enrico Giovannini, Co-fondatore e Direttore scientifico ASviS; Carlo Zaghi, Direttore Generale di Direzione generale sostenibilità dei prodotti e dei consumi (SPC) Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Obsolescenza del Pil e delle metriche statistiche tradizionali
Per i professionisti delle rilevazioni statistiche si tratta di una sfida epocale per scattare da fonti sempre più eterogenee delle fotografie realistiche di scenari complessi e in rapido mutamento. Una sfida che non si esaurisce nella fase di raccolta e analisi, per essere in grado di incidere non solo nel dibattito pubblico, ma anche in sede politica. “L’Istat sta rispondendo in modo molto attivo a questa sfida. Si tratta di una sfida di tempestività e di informazioni per tenere in considerazione questa multidimensionalità del benessere – ha detto Massimo Fedeli, Capo Dipartimento Sviluppo di Metodi e Tecnologie per la Produzione e Diffusione dell’Informazione Statistica Istat –. Abbiamo introdotto una soluzione multifonte, che fa riferimento in parte alle indagini sul campo che danno una solidità ai dati e alle informazioni, però li stiamo sempre più integrando con le fonti amministrative, grazie alla digitalizzazione massiva. Terzo elemento è il sistema integrato dei registri, archivi statistici che arricchiamo con i dati amministrativi e dati provenienti dalle indagini. Tre elementi che ci consentono di avere informazioni tempestive e che tengono conto di fattori multidimensionali”.
Nuove esigenze del benessere collettivo e individuale
Nel corso dell’evento, in presenza e online, sono stati anche lanciati sondaggi in tempo reale con un panel di utenti registrati sulla piattaforma FPA: le risposte hanno messo in luce come il benessere economico (43%) non sia al primo posto in termini di serenità e soddisfazione personale, ma è preceduto invece dal “godere di buona salute” (49%); molto rilevante è avere un ”lavoro appassionante” (27%), vivere in un “ambiente sano e sicuro” (24%), mentre il 22% indica come elemento di benessere “avere tempo libero e potersi dedicare ai propri hobby e interessi personali”. “È interessante che l’importanza massima è in relazione diretta con la salute, anche oltre il benessere economico – ha detto Romina Boarini, Director of the OECD Centre on Well-Being, Inclusion, Sustainability and Equal Opportunity (WISE) –. Mi preme anche sottolineare il valore del tempo. Viene utilizzato per tutte le attività di cura dei bambini e degli anziani. Non è solo un valore economico, ma il tempo ha un impatto sulle famiglie e sull’acquisizione del capitale umano”.
L’adozione di nuovi criteri di misurazione della qualità della vita e del benessere delle comunità è stata caldeggiata anche dal Rapporto Ocse “How’s Life? 2024”, pubblicato a novembre in occasione del VII Forum mondiale sul benessere tenutosi a Roma, dal tema “Rafforzare gli approcci al benessere per un mondo in cambiamento”. Dal rapporto è emerso che nel 2023 le famiglie dei Paesi Ocse manifestano diffuse difficoltà finanziarie, un’elevata pressione per quanto riguarda i costi degli alloggi, delle cure sanitarie, ma anche i rapporti sociali sono in deterioramento rispetto ai livelli pre-pandemia: i sentimenti di dolore, preoccupazione, tristezza, solitudine e soddisfazione della vita risultano peggiorati in diversi Paesi membri. Il ruolo chiave dell’istruzione e del livello di alfabetizzazione emerge anche da un altro rapporto dell’Ocse, il Piiac, che ci colloca come fanalino di coda in Europa: “L’Italia si trova a livello 1 su una scala di 5 rispetto alla capacità di comprendere un testo mediamente complesso, ha problemi in competenze matematiche ed ha difficoltà nel problem solving, che vuole dire la capacità di gestire la complessità”, ricorda allarmato Enrico Giovannini, Co-fondatore e Direttore scientifico ASviS. Lo conferma anche un altro dei sondaggi FPA: per il 54% proprio “investire in un’istruzione di qualità e inclusiva” è la politica prioritaria da attuare per favorire il benessere della popolazione, prima ancora di “ridurre le disuguaglianze economiche e sociali (42%).
Sostenibilità ambientale vs crescita economica: un equilibrio necessario
Altra esigenza imprescindibile del benessere oggi è quella ambientale. In media, una persona su sette nei Paesi dell’Ocse è stata esposta a calore estremo nel 2023 e lo stress idrico è classificato come “medio-alto” nella metà dei Paesi con dati disponibili. Indicatori preoccupanti che diventano eventi sempre più impattanti sulla vita delle persone. Ne sanno qualcosa i cittadini dell’Emilia-Romagna che per il secondo anno consecutivo hanno dovuto fare i conti con esondazioni dei corsi d’acqua e nuovi ingenti danni ad abitazioni e colture. Calamità non imprevedibili analizzando i dati sempre più completi a disposizione. “Come Ministero abbiamo un monitoraggio della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile per la quale abbiamo selezionato cinquantacinque indicatori sintetici. Questi sono condivisi con ventotto indicatori dell’Istat per il Rapporto BES, dodici indicati per il Documento di Economia e Finanza, il Def – ha detto Carlo Zaghi, Direttore Generale di Direzione generale sostenibilità dei prodotti e dei consumi (SPC) Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica –. Due indicatori di questi fanno riferimento ad eventi drammatici, la popolazione esposta a rischio frane e quella a rischio alluvioni. Su quest’ultimo la mappa nel 2020 indicava l’Emilia-Romagna come la regione a rischio maggiore, e lo era circa il 62% della sua popolazione. Gli indicatori avevano parlato in anticipo”. Gli strumenti dunque ci sono, ma richiedono lo sforzo di una concertazione tra soggetti istituzionali che troppo spesso non riescono a fare squadra su obiettivi essenziali ma non spendibili in termini elettorali. “Durante il Forum Ocse abbiamo discusso alcune delle pratiche che stanno emergendo sulla base di un principio sinergistico – ha aggiunto Boarini, Direttore del Wise dell’Ocse –. Il beneficio di investire su tecnologie verdi, su economia circolare e rigenerativa, comporta un beneficio che è molto più alto rispetto al costo da sostenere nel caso di non farlo. La stima, ad esempio, di uno scenario dal punto di vista politico contrario alle azioni di contrasto al cambiamento climatico avrà una riduzione del 3,6% del Pil europeo nel 2050”.
Scelte coerenti e strumenti adeguati alle sfide per orientare il futuro
Gli indicatori tracciano quindi la direzione, ma le politiche pubbliche sono miopi e troppo spesso prendono direzioni diverse sulla base di altre convenienze. In uno scenario di questo tipo diventa decisivo il ruolo della comunicazione.” Il governo deve valutare, dopo la Legge di Bilancio, l’impatto di quella legge sulla base di dodici indicatori di benessere e sostenibilità. Il Mef ha pubblicato un rapporto in cui si vede che la legge di bilancio non ha alcun effetto su povertà, disuguaglianza, emissioni. Qualcuno che ha pubblicato quel dato? – chiede Enrico Giovannini, Co-fondatore e Direttore scientifico ASviS –. Le politiche non vengono disegnate in funzione di dove si deve andare, benché i dati e i modelli di dicono dove dovremmo investire, cosa dovremmo fare”. La scelta di quali indicatori seguire, e come questi condizionano o no le politiche poi messe in atto, sono decisioni politiche determinanti per lo sviluppo di un paese, ma soprattutto preparano quello che sarà il suo futuro. “Noi vogliamo fare parte del G7, ma i sette paesi del G7 vengono scelti in base al Pil, questa è una scelta politica e non statistica. Ed è un errore molto grave, perché in un mondo insostenibile la minimizzazione dei rischi, l’aumento della resilienza, la capacità di guardare al futuro sono elementi che faranno la differenza” conclude Giovannini. La semplificazione della narrazione che viene fatta di problemi complessi, ad esempio concentrando la discussione su un unico numero, il Pil, pregiudica la consapevolezza e la maturità della sua cittadinanza. Si finisce così per ignorare gravi criticità mostrate ampiamente dalla ricchezza statistica di autorevoli fonti istituzionali.
In un ecosistema così complesso, non avere una visione ampia e multidimensionale di medio-lungo termine rischia di far prendere una parabola discendente al vecchio continente. Uno degli strumenti più utilizzato per orientare concretamente la rotta è quello dell’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi. “Entro il 2030 dovremo ridurre di 5,5 miliardi di euro i sussidi ambientalmente dannosi, che attualmente ammontano a circa 15 miliardi di euro, l’0,80% del Pil” – ha precisato Carlo Zaghi del Mise, che ha aggiunto: “Oltre alla riforma del PNRR, la Strategia per l’economia circolare del 2022 e il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima sono tutti strumenti per indirizzare l’azione politica verso quegli obiettivi di benessere sostenibile dell’Agenda 2030”.
Cooperazione e tempestività, prerequisiti per traguardare gli obiettivi di benessere
La cooperazione è un elemento essenziale per anticipare il futuro e per gestire la complessità. “Dobbiamo uscire da logiche, in parte ancora presenti, che ci portano a fare da soli e a difendere il campo di azione – ha proseguito Zaghi del Mise –. Negli ultimi anni si è migliorato in maniera sensibile nella co-costruzione delle competenze. Oggi è possibile leggere la realtà a livello territoriale. Cinquantacinque indicatori di secondo livello permettono di valutare le necessità e le politiche più urgenti sulla base di indicatori che leggono situazioni non a livello macro, ma a livello territoriale. In particolare, funziona bene il tavolo con le Regioni e le Città Metropolitane”. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Boarini del Wise: “Aprire la costruzione del dato a delle forme partecipate, aggiungendo a elementi quantitativi anche quelli qualitativi, ha più senso dal punto di vista delle persone rappresentate. Queste metodologie ci permettono di andare a studiare situazioni molto locali, territoriali o costruite sui gruppi specifici o categorie che la statistica classica non considera o rende ancora invisibili. Un dato raccolto in questo modo permette anche di rappresentarlo all’interno del disegno delle politiche economiche”.
Altro fattore di dibattito è quello della tempestività. La frequenza dei rilevamenti e dell’elaborazione dei dati è un elemento decisivo in alcuni ambiti che richiedono interventi correttivi rapidi. “In Italia abbiamo una limitazione aggiuntiva sull’uso dei microdati, la legislazione italiana frena, ma abbiamo bisogno di intervenire sulla modellistica integrata, economica, sociale, ambientale, intergenerazionale – ha aggiunto il Presidente dell’ASviS Giovannini –. Quando prendiamo una decisione aziendale, territoriale piuttosto che nazionale, abbiamo bisogno di valutare l’impatto in maniera integrata, altrimenti rischiamo quella incoerenza di cui abbiamo parlato”. La strada intrapresa è fare sistema: serve dato “co-progettato”, semanticamente allineato con una visione integrata e tempestiva, che sfrutta nuovi sistemi di rilevazione e lo utilizza con i modelli predittivi dell’intelligenza artificiale. Ma servono formazione, competenze, e una comunicazione adeguata alla porta delle sfide. Il rischio è la dispersione degli sforzi di chi raccoglie, analizza e produce una mole di dati di senza precedenti. Sulla capacità di fare sintesi da queste fonti eterogenee, anche grazie le nuove tecnologie, si giocherà la partita di mettere a terra le best practices virtuose e sempre più orientate a questo nuovo benessere multidimensionale che i cittadini chiedono.