No win situation? Non ci stiamo e riapriamo il gioco!

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Si chiama una "no-win situation" la situazione in cui esistono più opzioni, e quindi il gioco non è bloccato, ma nessuna di queste ci porta a poter vincere la partita. Così sembra essere lo stato della Pubblica Amministrazione tra una riforma, che continua a essere molto più discussa che applicata, e un domani fatto di prospettive incerte, di tagli, di riduzione del personale, di blocco contrattuale e quindi di diminuzione reale dei salari; il tutto in uno scenario di corruzione sia percepita sia reale crescente. Come si vince in una no-win situation?

30 Aprile 2012

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Carlo Mochi Sismondi

Articolo FPA

Si chiama una "no-win situation" (simile allo "stallo" italiano) la situazione in cui esistono più opzioni, e quindi il gioco non è bloccato, ma nessuna di queste ci porta a poter vincere la partita.

Così sembra essere lo stato della Pubblica Amministrazione tra una riforma, che continua a essere molto più discussa che applicata, e un domani fatto di prospettive incerte, di tagli, di riduzione del personale, di blocco contrattuale e quindi di diminuzione reale dei salari; il tutto in uno scenario di corruzione sia percepita sia reale crescente e di un diffuso sentimento di forte discredito che in questi ultimi anni è peggiorato e che la crisi economica, con la sua inevitabile guerra tra poveri, esaspera.

Come si vince in una no-win situation? Non c’è altro mezzo che rifiutarsi di giocar la partita con quelle regole, uscire dagli schemi e cercare soluzioni innovative al di fuori di un quadro in cui la sconfitta è certa.
Con questo spirito ho letto l’importante intervista del Ministro Patroni Griffi all’Avvenire (19 aprile) e con questo spirito e questa volontà lancio FORUM PA 2012.

Partiamo dall’intervista. Tre le cose salienti, non immediatamente evidenti per il fumo alzato (in verità non dal ministro) sull’articolo 18 e sulla licenziabilità che, come ho già avuto modo di dire, è funzionale solo a "buttarla in caciara".

La prima è la volontà chiara di puntare, già nel prossimo disegno di legge, su due punti che, anche a mio parere, sono assolutamente decisivi: formazione e dirigenza. Nella mia lunga carriera di osservatore devo però notare che non sono una novità. Più o meno sono stati nel programma, in gran parte disatteso, di tutti i ministri della funzione pubblica da vent’anni a questa parte. Per la formazione ricordo solo i provvedimenti di Frattini nel 2001, con l’impegno formale ad aumentare l’investimento fino ad almeno l’un per cento della massa salariale. Come è andata a finire lo sapete: con un taglio del 50% secco senza valutazione né discriminazione tra buona a cattiva formazione.
Anche per la dirigenza non sono le riforme che sono mancate. Per ultimo il d.lgs. 150 di Brunetta disegna un quadro di responsabilità del tutto condivisibile, equiparando per molti punti il dirigente al datore di lavoro privato. Purtroppo è rimasta lettera morta e i dirigenti che sono stati messi in grado di governare le risorse (finanziarie, umane e strumentali) e di incidere sul ciclo di bilancio sono veramente pochi. Chiederei quindi al ministro di ripartire da lì, piuttosto che pensare nuovi provvedimenti. E anche di ripartire da un meno manicheo e più meditato equilibrio tra necessaria indipendenza e possibilità di conferire incarichi fiduciari. Troppo spoil system è deleterio, troppa ingessata inamovibilità lo è altrettanto.

Il secondo punto è quello della logica premiale anche in carenza di risorse. Bene pensare a riconoscimenti anche simbolici, ma ancora meglio è una continua e meditata valutazione in itinere del personale, basata, per quel che è possibile, su oggettivi indicatori, ma anche sulla professionalità e l’onestà di giudizio della dirigenza di vertice, specie lì dove conta l’esprit de finesse. Una valutazione che sia alla base della progressione di carriera sempre per merito e mai per anzianità o peggio per appartenenza. [A tale proposito leggete l’intervista fatta dalla nostra redazione a Luca Attias a tre anni dall’ultima che destò tanto interesse ed attenzione da parte dei nostri lettori.]

Infine il terzo punto ci chiama in causa direttamente: è quello che abbiamo cercato di fare come FORUM PA sin dalla nostra nascita, anche se ne siamo divenuti consapevoli a poco a poco: fare rete e condividere la conoscenza.
Vale la pena qui di citare le parole del Ministro in cui mi riconosco perfettamente: "Stiamo immaginando una rete, una specie di wikipedia delle pubbliche amministrazioni: i dipendenti potranno dialogare, si potranno scambiare idee, raccontare le esperienze migliori. Con due parole: fare rete. Questo non vuol dire fare casta, ma dare forza al senso di appartenenza."
Questo è esattamente quel che pensavo quando dicevo che si può vincere solo se si accetta il rischio di uscire dallo schema e di provare ad immaginar un gioco diverso con regole diverse. Qui la regola è fidarsi dell’intelligenza collettiva dei dipendenti pubblici, pensare che il capitale umano non è un peso, ma una grande risorsa, valorizzare i saperi.

Il guaio è che queste cose non si fanno da sole, richiedono impegno, strumenti tecnologicamente evoluti, costanza nello sforzo. Perché parliamo di iniziative che devono durare ed essere sostenute per anni, non per il tempo di qualche annuncio ad effetto.
In compenso sono estremamente produttive sia in termini di soluzioni possibili, anche per risparmiare senza ridurre la PA ad un rottame inservibile, ledendo fortemente quei diritti dei cittadini per cui essa ha una rilevanza costituzionale, sia per creare un clima positivo e una reale collaborazione.

FORUM PA si propone di dare il proprio contributo a questo tentativo di uscire da uno schema asfittico attraverso la premialità, il riconoscimento del merito, il lavoro in rete, l’uso innovativo delle tecnologie, non solo per risparmiare, razionalizzando l’uso delle risorse, ma anche per creare nuovo lavoro.
Lo abbiamo fatto trasformando l’edizione 2012 della manifestazione, ormai alle porte (16-19 maggio), in una grande occasione di formazione gratuita per tutti gli operatori pubblici e privati che hanno ancora voglia di impegnarsi nella scommessa del miglioramento. Lo facciamo ancora una volta mettendo in evidenza e permettendo la condivisione di centinaia di best practice, credendo che l’innovazione non può che avere un andamento bottom-up e che il vertice politico ed amministrativo debba creare le condizioni abilitanti perché essa possa crescere, svilupparsi, diffondersi, resistendo alla tentazione di appiattire tutto in una notte in cui tutti i gatti sono grigi.

Lo facciamo dando spazio alle reti, quelle formali e quelle informali, e dando spazio alle opinioni e alle idee anche irrituali. Aspettiamo anche le vostre. 

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